Se il calcio diventa palestra di violenza

C'è un grande lavoro preventivo ed educativo che va fatto all'inizio di ogni attività e di ogni anno sociale. Non credo sia facile preparare dirigenti in grado di lasciare a casa il migliore dei giocatori se stravolgerà le regole, anticipando le sentenze dei giudici sportivi. La voglia di vincere parte da lontano e non è strettamente collegata alla voglia di partecipare e se il verbo vincere arriverà prima del verbo educare siamo tutti perduti

Se il calcio diventa palestra di violenza

da Attualità

del 08 novembre 2006

La violenza non conosce nessun limite e piano piano invade anche luoghi, spazi e tempi che una volta erano dedicati alla festa e alla gioia. Faccio questo preambolo solo per presentare l'ennesimo fatto sconvolgente e volgare accaduto durante una partita di calcio nella zona di Bollate (Milano). Non saprei spiegare quali siano stati i meccanismi che hanno portato un ragazzo di 17 anni a prendere l'arbitro per il collo.

Anche se il diciassettenne avesse avuto tutte le ragioni di questo mondo, non poteva permettersi di afferrare con entrambe le mani il collo del direttore di gara con una stretta così decisa da impedirgli di respirare. Per fortuna i compagni di squadra sono intervenuti e lo strangolamento non si è completato. Il giovanotto isterico però, mentre l'arbitro si allontanava, lo ha accompagnato con una grandinata di insulti e di minacce. Aveva perso completamente il controllo di sé.

Lo sport dilettantistico sta di domenica in domenica degenerando in questo e in altri modi. Procedendo così corriamo il rischio di rovinare non solo le attività sportive e del tempo libero ma gli oratori stessi. Il fattaccio infatti ha coinvolto una società benemerita legata all'oratorio. Attorno ai campi, si sta instaurando un'atmosfera pesante, lontanissima dal clima euforico e festaiolo. Ad esempio, spesso anche i genitori sulle gradinate non sono alieni da invettive, titoli e sceneggiate indegne. Prendere iniziative legate solo alle punizioni non portano i risultati che tutti vorremmo. Se il ragazzo in questione rimarrà squalificato fino alla primavera del 2008, sui campi non migliorerà automaticamente la situazione.

C'è un grande lavoro preventivo ed educativo che va fatto all'inizio di ogni attività e di ogni anno sociale. Non credo sia facile preparare dirigenti in grado di lasciare a casa il migliore dei giocatori se stravolgerà le regole, anticipando le sentenze dei giudici sportivi. La voglia di vincere parte da lontano e non è strettamente collegata alla voglia di partecipare e se il verbo vincere arriverà prima del verbo educare siamo tutti perduti.

Ho ancora negli occhi le feste che i ghanesi hanno fatto la prima partita dei Mondiali di calcio, anche se avevano perso contro l'Italia. Per tutta la notte siamo stati inebriati dalle musiche, dalle danze e dalle fogge di questi personaggi felicissimi di aver 'partecipato'.

Quando succederà questo anche dalle nostre parti?

don Antonio Mazzi

http://www.antoniomazzi.blog.tiscali.it

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