“Se questi e queste .. perché non anch'io?”

Il vangelo di Gesù è sintetizzato in una parola: Beati, felici! “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi, e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11). Il Cristianesimo è religione di vita e di felicità, è il superamento e il coronamento d'ogni nostro sogno e aspirazione di bene, anche nel corpo.

“Se questi e queste .. perché non anch’io?”

da Teologo Borèl

del 01 novembre 2008

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5, 1-12)

 

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

¬´Beati i poveri in spirito,

perché di essi è il regno dei cieli.

Beati quelli che sono nel pianto,

perché saranno consolati.

Beati i miti,

perché avranno in eredità la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,

perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi,

perché troveranno misericordia.

Beati i puri di cuore,

perché vedranno Dio.

Beati gli operatori di pace,

perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per la giustizia,

perché di essi è il regno dei cieli.

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

 

LETTURE: Ap 7,2-4.9-14; Sal. 23; 1 Gv 3, 1-3; Mt 5, 1-12.

 

Festa di tutti i Santi, festa degli uomini riusciti secondo il progetto di Dio. Oggi ci viene detto che l’esperienza cristiana è realtà possibile: molti, moltissimi ce l’hanno fatta. Sant’Agostino andava ripetendosi spesso: “Se questi e queste .. perché non anch’io?”.

Contempliamo con soddisfazione l’opera riuscita di Dio e interessiamoci quali siano le condizioni per poter appartenere anche noi a questa schiera di uomini “beati”, fortunati e felici del possesso della VITA piena.

 

 

1) L'OPERA DI DIO, IL SUO REGNO

 

Un giorno il Signore chiamò Abramo fuori della tenda e gli disse: “Guarda il cielo e conta le stelle, se riesci a contarle; e soggiunse: Tale sarà la tua discendenza” (Gen 15,5); “Diventerai padre di una moltitudine di nazioni” (17,4); “E in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra” (12,3). E’ l’inizio della Bibbia: Dio sogna di fare di tutti gli uomini un solo popolo, la sua famiglia. E Dio non fallisce. La contemplazione di Giovanni nell’Apocalisse, l’ultimo libro della Bibbia, presenta l’esito finale dell’opera di Dio, la realizzazione completa del suo sogno: “E udii il numero di coloro che furono segnati con il suo sigillo: 144 mila segnati. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello” (I lett.).

E’ il risultato della volontà precisa di Dio, “il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità” (1Tim 2,4). In questo consiste il progetto di Dio sul mondo, “che tutti gli uomini abbiano accesso al Padre e divengano partecipi della natura divina” (DV 2); “Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!” (II lett.). San Paolo descrive le tappe di quest’opera di Dio in noi: “Quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati” (Rm 8,29-30). “Padre, voglio - prega Gesù - che quelli che mi hai dato siano anch'essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria” (Gv 17,24).

Fin dal giorno del nostro Battesimo ci è dato di essere partecipi della vita divina, quale anticipo, caparra e garanzia di una pienezza ora appena intravista nella fede: “Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (II lett.). La nostra è la situazione di una gestazione difficile, in attesa della nascita alla vita definitiva: “Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati” (Rm 8,22-24). Viviamo la situazione del “già” e “non ancora”: abbiamo già la serenità della promessa e dell’anticipo, non ancora la pienezza del possesso.

 

 

2) LO STILE PER APPARTENERVI: LE BEATITUDINI

 

In questa situazione d’attesa e d’appropriazione del dono di Dio, sta a noi conoscere le condizioni per appartenere al Regno di Dio. Sono le Beatitudini, che definiscono lo stile del discepolo. Esse proclamano anzitutto un fatto: il Messia-re promesso come difensore dei deboli e operatore di giustizia, ora è qui nella persona di Gesù che pone i segni del riscatto. Gesù sta in mezzo ai sofferenti per guarirli; mangia coi pubblicani e peccatori come medico per salvarli; ama i poveri per liberarli dal loro giogo. E’ l’inizio di un capovolgimento: “Beati voi, poveri..., guai a voi, ricchi” (Lc 6,20.24): Dio s’è stancato di questa ingiustizia, ha deciso di intervenire e cambiare le sorti per stabilire il suo Regno. “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo” (Mt 11,5). E’ la sovranità definitiva di Dio sul male. Si volta pagina nella storia: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 1,51-53).

Con l’uomo Gesù si attua il Regno, il capovolgimento di situazione. Lui, Gesù, è il povero che tutto s’aspetta da Dio, il “mite e umile di cuore” (Mt 11,29) perché non usa violenza, misericordioso persino sulla croce a perdonare i suoi nemici, coerente e puro di cuore, affamato e assetato di giustizia. Per questo viene schiacciato e deriso dai prepotenti e perseguitato a causa del suo Dio. Vive con criteri che sembrerebbero perdenti secondo lo stile di un mondo ricco e prepotente, violento e arrivista, gaudente ed egoista, irreligioso e straffotente con Dio...! In realtà è lui il vincente. Dio lo riabilita con la risurrezione e l'esaltazione. I suoi criteri sono quelli che portano all’autentica riuscita, perché ormai è il Regno di Dio a vincere e a rendere definitivi i suoi giudizi.

Da qui derivano sia i criteri sia lo stile del discepolo di Gesù che vuol essere vincente come lui. Beati i poveri in spirito..., beati i miti, beati quelli che sono capaci di perdonare, i costruttori di pace; gli afflitti che non si ribellano ma attendono consolazione da Dio; beati quelli “che cercano, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33); beati quelli che per la fedeltà al vangelo sono emarginati, derisi e perseguitati...: per tutti costoro è il regno dei cieli. “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25). I piccoli e i poveri sono quelli che non vantano pretese davanti a Dio: la povertà in spirito è la FEDE evangelica che si apre - come un bambino verso la madre (“A chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio”, Mc 10,14) - ad accogliere con fiducia il dono di Dio. Maria s’è sentita grande da quando il Signore ha guardato alla sua povertà.

 

 

Il vangelo di Gesù è sintetizzato in una parola: Beati, felici! “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi, e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11). Il Cristianesimo è religione di vita e di felicità, è il superamento e il coronamento d’ogni nostro sogno e aspirazione di bene, anche nel corpo.

Guardando e invidiando i Santi in cielo chiediamo il loro aiuto, per tener viva in noi la speranza per un destino così alto, in noi bombardati continuamente da proposte di felicità immediate, che poi deludono. Alimentiamo la visione di questo fine ultimo imparando dai santi a quali alti traguardi il Signore chiami ognuno di noi.

 

don Romeo Maggioni

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