Secondo Commento

SECONDO COMMENTO 

 

Dal Vangelo secondo Luca Lc 9, 28b-36

 

Qualcuno presenta questo brano del Vangelo dicendo che Gesù fa fare una piccola esperienza di “paradiso” ai discepoli più amici per prepararli a sopportare la durissima prova della sua passione e morte. Tenete duro ragazzi, guardate qui, parlo con Mosè e Elia, non c’è niente da temere, prendete coraggio, la passione sarà dura ma poi risorgerò e andrà tutto bene.

È meglio non dare tanto spazio a questo modo di leggere il vangelo. Ci sono troppe cose importanti che ci indicano di fare un’altra esperienza nella lettura di questo brano.

Intanto il brano del Vangelo incomincia con un appunto apparentemente di poco conto: Otto giorni dopo questi discorsi (v.28b). Viene subito da domandarsi “di che cosa aveva parlato Gesù otto giorni prima?”. Se andiamo a vedere il Vangelo troviamo che “otto giorni prima” aveva fatto un discorso molto importante: Gesù aveva presentato la sua proposta di una vita degna di essere vissuta, di vita ben spesa e riuscita.

Tutti ci mettono davanti le loro proposte, e anche Gesù ci fa la sua proposta. Ecco (Lc 9, 22-27)

«Il Figlio dell'uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso? Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi. In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno prima di aver visto il regno di Dio».

Come la mette Lui, è una proposta che esclude le altre: lascia tutto, sèguimi. E poi ha spiegato: si può essere persone di successo facendo le cose secondo il mondo, oppure seguendo Dio. Se vuoi essere una persona “di successo”, ma non secondo il “mondo”, ma “secondo Dio”, allora “non pensare a te stesso”, spendi la vita donando tempo ed energie e amando, e impara da come io faccio: io vado a dare la vita, e la dono anche a coloro che mi faranno tutto il male che potranno. Non risponderò loro se non amandoli di più. Se resti colpito da questo e vuoi seguire me, puoi lasciar stare quello che ti propone il mondo come vita ben riuscita, e prendere la proposta di vita riuscita che ti faccio io. La vive lui per primo, e ci chiede di vivere con lui. “Fede” in Gesù non significa credere dunque che Gesù esiste, significa invece proprio lasciarsi affascinare e fidarsi, e accogliere la sua proposta di vita.

E Luca sta proprio descrivendo la vita di Gesù, in cui ci sta raccontando le sue scelte, le decisioni che ha preso, il suo stile di vita, gli incontri che ha fatto e come ha scelto di vivere. E proprio nel bel mezzo del vangelo introduce il racconto della Trasfigurazione di Gesù: e lo fa proprio per preparare i discepoli al “destino” di questa vita che Gesù sta vivendo e proponendo (“destino” non nel senso di finale già deciso e scritto, ma nel senso di coerente conclusione delle scelte che Gesù sta facendo).

Luca mette a questo punto la “trasfigurazione” per un motivo essenziale: agli occhi del mondo la vita di Gesù non appare quella di un “vincitore” ma di uno “sconfitto” – e noi mediteremo proprio in questo tempo pasquale sulla conclusione della vita terrena di Gesù, che non è stata una conclusione “di successo” secondo i criteri di questo mondo, anzi è stato un “fallimento”. Per questo Luca, per le sue comunità cristiane, ha scritto questo brano che oggi ci viene proposto proprio per riuscire a leggere nel modo corretto, alla luce di Dio, gli eventi della Pasqua: la passione, la morte e la resurrezione di Gesù.

Mentre leggiamo, teniamo presente dunque la domanda a cui Luca vuole dare risposta, il dubbio che si trova nella mente dei cristiani del suo tempo e anche nella nostra: faccio bene a dare ascolto e seguire quest’uomo, che non è una persona di successo, oppure è meglio dare retta a quelli più affermati?

Leggiamo il racconto. Gesù prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e salì su un monte a pregare (v. 28b). Salgono su un monte. Quando nella bibbia qualcuno sale su un monte è sempre perché va a incontrare Dio e, per poter capire il pensiero di Dio, c’è l’esigenza di staccarsi dai discorsi e dal modo di vivere di chi vive a valle. Il monte dunque anche qui non indica solo una montagna (non è il Tabor), è un momento in cui un gruppo di discepoli (non tutti, sono solo tre), insieme a Gesù, entrano nei pensieri di Dio. Il mondo vive, dove vivono tutti, dove si parla e si vive secondo obiettivi e criteri umani, la valle rappresenta la situazione in cui si trovano tutti gli uomini. Il monte è dove gli uomini cominciano a pensare in un modo diverso dal pensiero di tutti.

Il brano dice che Gesù è salito sul monte a pregare. E in questa preghiera ha coinvolto anche i suoi discepoli. L’obiettivo quindi non era quello di “trasfigurarsi”. È salito “a pregare”. È un momento la preghiera, di quei momenti, spiritualmente intensi, nei quali Gesù scopre innanzitutto lui il destino al quale è chiamato. Lui è venuto per dare inizio a un mondo “nuovo”, per cambiare questo mondo, che era è un mondo di belve, in cui si competeva, in cui si cercava di sopraffarsi gli uni gli altri. Lui è chiamato a salvare gli uomini e, nella preghiera, unendosi al pensiero del Padre, Lui comprende che la sua vita non sarebbe stata un “trionfo” ma avrebbe cambiato il mondo con una sconfitta, proprio quello che accade all’agnello in mezzo ai lupi. Il modo di cambiare la testa dei lupi – gli uomini – non è quello di presentarsi come il lupo più grande e più forte, ma come agnello. Soltanto mostrando che è donando la vita che si è realmente uomini, non distruggendo la vita degli altri, vincendo e sconfiggendo gli altri, ma amando, donando se stessi per la vita degli altri.

E mentre pregava il suo volto divenne altro. Luca non dice che c’è stata una trasfigurazione/metamorfosi nel volto di Gesù, che Gesù è stato trasfigurato. Dice che, nella preghiera, l’aspetto del Suo volto è “divenuto altro” e la sua veste divenne sfolgorante. Che cosa significa questo cambiamento di aspetto? Un cambiamento che, nella preghiera, anche i tre discepoli notano. Si accorgono che il volto di Gesù così come è visto dagli uomini, in realtà, è ben diverso: come lo vedono gli uomini ? Gli uomini lo vedono come un fallito, come uno sconfitto, quindi “brutto”, ma nella preghiera, con la luce di Dio dal quale è illuminato quest’uomo che ha donato la vita, appare come l’uomo autentico, quindi l’uomo “bello”, l’uomo riuscito, il “figlio” che riflette il volto di Dio. Gli uomini che assomigliano a Lui, che si fa “servo”, per amore, sono belli. I volti che non assomigliano a lui, che non donano la vita ma la tolgono agli altri, sono volti disumani, brutti, incutono paura, vogliono umiliarti, schiacciarti, perché questo a loro serve per realizzare il loro successo, salire in alto, anche schiacciando i fratelli. Gesù è l’uomo bello perché non fa queste cose e trasforma tutta la sua vita totalmente in amore. Questa è la luce nuova che i discepoli vedono sul volto di Gesù, il volto di Gesù, nella preghiera, e soltanto nella preghiera, cioè entrando nel pensiero di Dio, soltanto allora questo volto diviene altro, altrimenti è un volto di fallito, esattamente come la pensano gli uomini, che non pregano, che non accolgono la luce del Cielo.

Adesso Luca usa altre immagini bibliche per descrivere l’esperienza che stanno facendo i tre discepoli, e che anche noi possiamo fare. Compaiono due personaggi, che rappresentano questo “mondo di Dio”: Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti. Sono tutto l’Antico Testamento. Per capire ciò che è accaduto a Gesù noi possiamo accostarci alla Parola di Dio.

In tutto questo Pietro e i compagni restano oppressi dal sonno. Questa è un’altra immagine. Sonno significa il momento in cui noi chiudiamo gli occhi. E chiudiamo gli occhi nel momento in cui la luce ci da fastidio e i tre discepoli quando nella preghiera hanno compreso questo cambiamento nel volto di Gesù si rendono conto che seguire lui vuol dire puntare la vita sulla sua proposta, e quindi donare la propria vita come agnelli. Chiudono gli occhi perché questa luce li spaventa. Non potevano non spaventarsi. Anche noi cristiani di oggi dobbiamo risvegliarci da questo sonno se vogliamo che la nostra vita sia riuscita. Lo dice anche Paolo: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno , la notte è avanzata. Il giorno è vicino.

Mosè ed Elia si separano e Gesù rimane solo. Vuol dire che l’AT serve per portarci a capire Gesù, ma quando ha svolto questa missione noi dobbiamo puntare gli occhi su Gesù, ed è ciò che faremo in quaresima, sarà quello di contemplare questo volto ma di chi prega, di chi lo vede alla luce del cielo.

E Pietro dice: maestro è bello per noi stare qui facciamo tre tende… ma non sapeva quello che diceva. Fare una tenda vuol dire non muoversi, stabilire una residenza, una base, rimanere in un certo posto. Il cristiano, ci insegna Gesù, è invece uno che è in cammino, che sposta la sua tenda, perché vive nel mondo, vive accanto ai suoi fratelli, ed è proprio nel contatto con i suoi fratelli che Lui può davvero donare la propria vita, donare tutto quello che il Signore ha posto nelle sue mani perché loro vivano e siano felici. Non c’è vita riuscita se prima non si passa da questo dono, il dono che richiede il sacrificio. Ed è soltanto in questo dono di amore che noi sperimentiamo la vera gioia.

Compare una nube. È un’altra immagine biblica. Indica la presenza di Dio nell’AT sul monte Sinai: quando Dio scendeva per parlare con Mosè il monte veniva coperto da una nube. E i discepoli entrano in quella nube che li avvolge. Entrano nel mondo di Dio, nel pensiero di Dio, si rendono conto che anche il loro destino sarà quello del Maestro, se lo vogliono seguire. E da quella nube, che indica il mondo di Dio - sono tutte immagini, non è una cronaca di un avvenimento materiale, è una esperienza interiore raccontata con immagini bibliche – una voce indica il cammino di una vita riuscita: questi è il mio figlio mio, l’eletto. Ascoltatelo. È una esperienza che anche tutti noi possiamo e dobbiamo fare: ascoltare quella voce che esce dalla nube, viene dal cielo, cioè viene da Dio,

Figlio per i semiti vuol dire colui che assomiglia al padre. Il Padre del cielo riconosce in Gesù di Nazareth il proprio volto. Dio è amore, e il Gesù di Nazareth noi vediamo il volto di Dio fatto uomo che trasforma tutta la sua esistenza in dono d’amore. Ascoltatelo.

I discepoli, quando termina questa voce, tacciono, e in quei giorni non riferiscono a nessuno l’esperienza che hanno fatto. Non potevano riferirla perché non avevano ancora visto come sarebbe andata a finire la vita di Gesù. Lo ripeto: una vita che agli occhi del mondo non è certo di successo, ma agli occhi di Dio – e la voce dal cielo l’ha confermato –è vita riuscita. Ascoltate Lui se volete essere come lui miei figli. Ci chiediamo: quand’è che faremo questa esperienza?

Torniamo a quegli otto giorni, otto giorni dopo: è nell’ottavo giorno, cioè ogni domenica, che noi ci uniamo con la comunità cristiana, che abbiamo la possibilità e la proposta di contemplare quel volto di Gesù di Nazareth e di vederlo trasfigurato, vederlo “altro”, rispetto a quello che è il giudizio degli uomini. Della nostra vita rimarrà soltanto l’amore che avremo costruito. Tutto il resto verrà eliminato ma l’amore come quello di Gesù no, perché l’amore è vita di Dio.

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