Segnalazione ai professori: leggere il 'sistema educativo preventivo' di un cert...

I luoghi dell'educazione sono la cappella, il cortile e la scuola: quest'ultima, appositamente, all'ultimo posto. Occorre anzitutto che i giovani siano amati, 'questo avviene nella fusione fraterna del cortile, dove i giovani, sentendosi amati in quelle cose che loro piacciono, cioè nei divertimenti, imparano a vedere l'amore degli educatori in quelle cose che naturalmente loro piacciono poco...

Segnalazione ai professori: leggere il 'sistema educativo preventivo' di un certo Giovanni Bosco

da Quaderni Cannibali

del 09 giugno 2006

Questo celebre sacerdote vive nella terra dei Savoia, percorsa dalle ideologie liberali, e dal vento della modernizzazione. In questi anni Torino, da semplice paesone periferico, si prepara a divenire il cuore dell'Italia unita, la sede della più grande dinastia capitalistica italiana, gli Agnelli, oltre che un luogo simbolo del marxismo nostrano. Intorno alla Stampa e all'Einaudi verrà elaborato un pensiero antitetico alla cultura cattolica, dominante nel paese e tra il popolo. Nascerà col tempo un'immensa città, una 'Babilonia mostruosa', come avrebbe detto Pascoli: angosciante ancor oggi per un cittadino di provincia come il sottoscritto, per la sua grandeur d'importazione, le sue casone anonime, simili alle caserme, e per l'immigrazione selvaggia, che mette paura, e che sembra quasi la pena del contrappasso per una terra che con il Risorgimento ha devastato e abbruttito il meridione, fino a trovarselo in casa, a un certo punto, contro voglia. Ebbene, nella Torino dell'Ottocento, città già allora difficile, si muove don Giovanni Bosco, con la forza e la soavità di un santo: ai ricchi e ai governanti, che passano il loro tempo a espropriare i beni della chiesa, chiede, ottenendoli, contributi e aiuti per costruire scuole professionali e laboratori, dove i giovani destinati alla miseria o allo sfruttamento della borghesia illuminata, imparano un mestiere, un'arte, una dignità. Questo semplice don, che non ha titolo neppure a casa propria, si batte per il riposo domenicale, non molto sacro per i calcoli pecuniari degli industriali, e arriva a minacciare il re stesso, quando costui si appresta a firmare le leggi anticlericali di Rattazzi. Non si limita infatti ad annunciare 'grandi lutti a corte', puntualmente avveratisi, ma addirittura ricorda al re che 'la famiglia che ruba a Dio non giunge alla quarta generazione', forse prevedendo la fine della monarchia sabauda, proprio alla quarta generazione (Angela Pellicciari, 'Risorgimento da riscrivere', Ares). Oltre a tutto questo, don Bosco è anche il teorizzatore del 'sistema educativo preventivo', sintetizzabile in un opuscoletto di poche pagine. Noi, insegnanti di oggi, faremmo fatica a prenderlo in considerazione, abituati come siamo a poderosi e intricati manuali di pedagogia, nei quali vengono forgiate, come nelle fucine di Efesto, parole sempre nuove per descrivere le patologie della nostra epoca. Quasi che con le parole, magari composte, magari neologismi grecizzanti, particolarmente orecchiabili e colti, potessimo veramente afferrare la sostanza dei problemi. 

 

Cappella, cortile e scuola

 

In cosa consiste la pedagogia di don Bosco? Essenzialmente nel comunicare degli ideali, delle virtù, prescindendo, in buona parte, dalle chiacchiere. Non troverete mai, nel suo vocabolario, i valori della 'pace', della 'solidarietà', del 'dire neri anziché negri'..., che sono il cuore del moralismo scolastico odierno. E neppure leggerete le riflessioni dei nostri sussidiari elementari, già infarciti di considerazioni seriose sul dramma della droga, della guerra, dell'Aids... Tutte cose 'astratte', lontane, prive di concretezza e di potenza educativa. Per Giovanni Bosco l'essenziale è che l'educatore tratti i suoi alunni 'non con le percosse e i castighi (se possibile) ma con mansuetudine', insegnando con la religione, la ragione e l'amorevolezza, in modo da mettere 'gli allievi nell'impossibilità di commettere mancanze'. I luoghi dell'educazione sono la cappella, il cortile e la scuola: quest'ultima, appositamente, all'ultimo posto. Occorre anzitutto che i giovani siano amati, 'questo avviene nella fusione fraterna del cortile, dove i giovani, sentendosi amati in quelle cose che loro piacciono, cioè nei divertimenti, imparano a vedere l'amore degli educatori in quelle cose che naturalmente loro piacciono poco, quali la disciplina, lo studio, la mortificazione di se stessi, e queste cose imparano a fare con amore'. Sintetizzando, dovremmo insegnare ai nostri giovani, anzitutto, a divertirsi, semplicemente, sinceramente, spensieratamente, come spesso credono che non sia neppure possibile fare: cantando, come una volta, e non sempre ascoltando e guardando, passivamente, alla tv, nani e ballerine; giocando per le strade, andando in montagna, senza amenicoli vari, senza sostanze, senza complicazioni tecnologiche... Perché il sapersi divertire con sana allegrezza, molto più che l'essere colti, è il segno di un'anima veramente educata.

Francesco Agnoli

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