Intervento di S.E.R. Card. Angelo Scola, patriarca di Venezia a conclusione dell'Agorà dei Giovani 2009.Non è un caso che un grande educatore come Paolo non tralasci mai di aprire o chiudere le Lettere che scrive alle comunità a lui affidate con un'esplicita dichiarazione di gratitudine per il dono della fede. Molto opportunamente le immagini-ricordo che avete ricevuto ne ripropongono alcune.
del 04 giugno 2009
1. «Il cristianesimo nascente non poteva mancare di essere annunciato in una città come Aquileia, considerata la seconda o la terza città d’Italia dopo Roma e la nona dell’impero e di là irradiarsi» (G. Fedalto, Aquileia. Una Chiesa due patriarcati, Milano 1999, 11). Siamo ritornati alle origini coscienti che, anello dopo anello, senza soluzione di continuità possiamo risalire alla compagnia originaria di Gesù con i primi. Noi veniamo, fisicamente, da questa compagnia originaria.
Pastorale Giovanile è inserire nella compagnia cristiana (inseriti in Cristo) i nostri giovani attraverso la loro “compiuta” generazione [ generare non è solo mettere al mondo (biologico), ma soprattutto educare per via di relazione qualificata. Come nessuno è all’origine di se stesso, così nessuno può diventare adulto da solo ]. La traditio catholica è il terreno dinamico con cui nella storia la Chiesa assicura la continua generazione dei membri del popolo di Dio.
 
2. «Sentinella quanto resta della notte?» Qualunque sia l’origine, l’etimo dice “evitare con astuzia un pericolo”. È, il nostro, uno stare all’erta? Così è stato per l’Agorà dei tre anni, ma soprattutto così deve essere la prospettiva che ora ci attende.
Anche a questo proposito ci viene incontro il complesso artistico straordinario che ora ci accoglie. Noi, gli uomini della quarta vigilia, visiteremo più tardi lo straordinario complesso di mosaici nell’Aula Nord e in quella Sud. Due mosaici raffigurano lo stesso soggetto: la lotta del gallo con la tartaruga. La lotta tra il gallo che con il suo canto preannuncia la luce (come la sentinella della quarta veglia) contro la tartaruga, dal greco “tartaroukos”, che significa abitante delle tenebre.
Dalla travagliata storia di queste terre, al travaglio degli uomini di oggi, soprattutto dei giovani. Vogliamo essere loro compagnia dentro questo travaglio. Per questo, perché la nostra azione di educatori non sia una pretesa, dobbiamo domandarci: “Chi siamo?”
 
3. Non è un caso che un grande educatore come Paolo non tralasci mai di aprire o chiudere le Lettere che scrive alle comunità a lui affidate con un’esplicita dichiarazione di gratitudine per il dono della fede. Molto opportunamente le immagini-ricordo che avete ricevuto ne ripropongono alcune. La gratitudine, infatti, è generata dall’amore e genera amore. E non c’è educazione senza amore. Per questo motivo abbiamo iniziato il nostro incontro facendo memoria del dono del nostro Battesimo, recitando il simbolo aquileiese con le sue peculiarità ben notate da Rufino: esprimono la peculiarità delle nostre terre che stanno dentro la grande sinfonia della Chiesa.
Il Signore che ha detto «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20) è all’opera nella nostra vita come in quella dei nostri ragazzi e del mondo intero. La Solennità di oggi ce lo ricorda in modo imponente. C’è una precedenza da dare allo Spirito di Cristo risorto in azione nella sua Chiesa.
Noi siamo persone amate, perciò grate e quindi gratuitamente diamo.
 
4. Con questa coscienza affrontiamo la realtà, tutta la realtà, a 360 gradi, fatta di luci e di ombre. La realtà – le circostanze ed i rapporti – che ci è data, così come ci è data, è il modo con cui il Padre ci educa. Molto opportunamente Sua Eccellenza il Vescovo Zenti, nella presentazione del Documento di lavoro di oggi, ha scritto: «Uno sguardo ed un ascolto attenti a ciò che accade nella storia ma anche tesi spiritualmente verso il nuovo di Dio costituiscono, in questa sintesi finale, il frutto più bello del triennio dell’Agorà dei Giovani Italiani» (cfr Sentinella, quanto resta della notte?, Presentazione).
La prima azione educativa, dunque, la fa il Padre con lo Spirito del Risorto che continuamente ci chiama (vocazione) attraverso la realtà. Noi siamo educatori nella misura in cui ci lasciamo educare. «Erunt semper docibiles Dei» (Gv 6,45): è questa nostra “docibilità” la fonte della nostra autorevolezza.
 
5. Educazione, infatti, è sempre comunicazione di sé, dono di sé. Lo Spirito Santo è donum doni. Per amore della tua vita mi accompagno a te. Sai che cosa mi rende capace di questo? L’amore alla mia vita. È perché ho preso sul serio la mia vita che ti dico: “Guarda, per favore, che per la tua vita questo è importante. Se tu mi segui, lo capisci; e allora, dopo, segui te stesso, perché siamo amici”. Così nasce il soggetto: dalla capacità di fare esperienza attinta da chi già vive questa stessa esperienza. Non basta il richiamo astratto ai valori: ciò che dà vita e vigore a ciò che vale (valore) è l’esperienza che se ne può fare e non viceversa. («La trasmissione dei valori diventa imperfetta»: così avete scritto).
 
6. E dall’incontro, evento del tutto gratuito e sorprendente, ha inizio una storia di libertà e di progressiva scoperta di sé (tutto l’io) e di tutta la realtà, un cammino affascinante e inarrestabile verso il compimento totale, la piena riuscita (santità). Un cammino per ciascuno di noi, anzitutto, e poi per i ragazzi che ci sono affidati. Avete giustamente detto che a convincerli non sarà soprattutto la scaltrezza delle nostre strategie, ma la verità della nostra testimonianza, personale e comunitaria. In noi e attraverso di noi essi potranno vedere la convenienza della fede soprattutto negli affetti e nel lavoro, i due punti nevralgici della maturità umana.
Il linguaggio della testimonianza è universale: «Ciascuno li udiva parlare nella loro lingua» (At 2,6). Lo Spirito ci fa, come i primi discepoli, capaci di renderci comprensibili a tutti gli uomini nelle loro diverse culture. Questa capacità precede tutte le analisi. Da duemila anni l’annuncio di Cristo (come ricordate nel Documento) è una proposta praticabile. Nessun cambiamento, nessuna frammentarietà, per quanto rilevante, lo impedisce. I giovani che cambiano sono per la verità del mio, del tuo essere testimone.
 
7. Dicevamo prima che al cuore dell’educazione sta la dimensione generativa umana. Essa è genesi e legame, relazione e riconoscimento, trasmissione e tradizione, responsabilità e fedeltà, interessamento e cura.
Dove i giovani possono trovare tutto questo?
Il vostro testo lo riconosce con esplicita semplicità: nella comunità cristiana come ambito di pluriformità nell’unità. Una ricchezza immersa in tutta la realtà (tutti gli ambienti dell’umana esistenza: quartiere, scuola, lavoro, svago, fragilità) perché fatta di uomini come tutti gli uomini, accompagnati però dallo Spirito:
Educare è quindi introdurre ed accompagnare all’incontro personale con Cristo nella comunità. Si educa attraverso una proposta integrale e decisa, libera dall’esito. Avete scritto nella Conclusione: «Ritornare ad un annuncio essenziale del Vangelo».
 
8. Educare da esperienza ad esperienza domanda uomini liberi capaci di far crescere la libertà propria ed altrui. Un altro celebre mosaico di Aquileia è quello dei pesci raggruppati insieme. Non simboleggiano più Cristo (Ixthus: Gesù Cristo figlio di Dio salvatore) ma tutti i cristiani. Il grande vescovo Cromazio, quest’anno solennemente celebrato ad Aquileia (+408) scrive: «Quanto è diversa la pesca spirituale degli apostoli dalla pesca degli uomini: i pesci muoiono nel momento in cui sono catturati; gli uomini invece vengono chiamati perché vivano; coloro che sono catturati non vanno verso la morte ma incontro alla vita» (Trattato 16).
Educare significa affidarsi allo Spirito perché generi tra noi una comunione di uomini liberi. I giovani chiedono luoghi di libertà in cui poter divenire familiari di Cristo. Luoghi di vita vera in cui si possa sempre invitare chiunque come fece Gesù: “Vieni e vedi” (cfr Gv 1,38-39).
 
9. L’incontro di oggi apre un futuro di esperienza educativa condivisa tra tutte le Chiese del Triveneto, come avete detto parlando di “piattaforma di idee condivise” che permettono di irrobustire la rete di comunicazione in atto tra voi. Questo è quanto si attendono da voi le nostre Chiese e prima ancora i nostri giovani che – non dimentichiamo – sono in stragrande maggioranza battezzati. Noi Vescovi vi siamo grati e vi accompagniamo.
 
10. Oggi, 31 maggio, è anche la festa della Visitazione di Maria ad Elisabetta. Concludiamo perciò, con la bellissima esortazione di San Bernardo, ispirata al titolo di Maria Stella del mare, con cui il Papa termina il suo Messaggio per la GMG di quest’anno: «Tu che nell’instabilità continua della vita presente, ti accorgi di essere sballottato tra le tempeste più che camminare sulla terra, tieni ben fisso lo sguardo al fulgore di questa stella, se non vuoi essere spazzato via dagli uragani. Se insorgono i venti delle tentazioni e ti incagli tra gli scogli delle tribolazioni, guarda alla stella, invoca Maria... Nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità, pensa a Maria, invoca Maria... Seguendo i suoi esempi non ti smarrirai; invocandola non perderai la speranza; pensando a lei non cadrai nell’errore. Appoggiato a lei non scivolerai; sotto la sua protezione non avrai paura di niente; con la sua guida non ti stancherai; con la sua protezione giungerai a destinazione» [San Bernardo, Omelie in lode della Vergine Madre, 2,17] (Benedetto XVI, Messaggio per la GMG 2009).
 
 
Incontro degli educatori dei giovani del Triveneto 
Conclusione dell’Agorà dei giovani 2009Solennità di Pentecoste
Aquileia, 31 maggio 2009
 
card. Angelo Scola
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