Sesto Comandamento.

Sesto Comandamento. Sesto, non primo. Tuttavia Comandamento.Una ragione deve pur esserci. Anzi, più d'una. Vitale. Le sue radici affondano nelle regioni più profonde della storia e sono la speranza di ogni futuro. Solo l'uomo d'oggi sembra non crederci. Ma gli conviene?

Sesto Comandamento.

da Quaderni Cannibali

del 30 dicembre 2005

Un amore simile…

“Non commettere adulterio” è scritto nel sesto Comandamento, versione Sinai. Secondo la legge di Mosé, l’adultera doveva essere lapidata. Quali le cause di tanta severità, oggi per noi incomprensibile? Non erano tanto di ordine morale, quanto di ordine giuridico. L’adulterio era la violazione della sfera giuridica di un altro uomo, la violazione di una sua proprietà privata. Era un’impostazione comune alle civiltà mesopotamiche. Ne parla anche il Codice di Hammurabi. Non si trattava tanto di proteggere la donna, quanto il marito, il suo onore, la sua proprietà. L’uomo è il signore della donna, che è tra i suoi beni più preziosi. L’adulterio attenta e lede questa signoria.

Si aggiunga un’altra osservazione. L’uomo deve avere una garanzia che i suoi discendenti legittimi siano tali nella realtà. Garanzia che può avere solo con la fedeltà sessuale della donna.

Un’ultima considerazione. L’adulterio è visto come un attacco al progetto di Dio nei confronti della capacità dell’uomo e della donna di esprimere un amore simile a quello con cui Dio ha amato per primo le sue creature. Siamo oltre il campo giuridico, siamo sul terreno della grande Alleanza. La fedeltà nel matrimonio è la risposta gioiosa alla fedeltà di Dio e alla sua Alleanza. Fin qui l’interpretazione dei saggi ebrei.

Nell’accezione oggi più comune, il Comandamento del Sinai ha però ricevuto una formulazione più ampia: “Non commettere atti impuri”. Coinvolge aspetti diversi della vita, collegati alla sessualità.

 

… può essere solo per sempre

Sposarsi e dirsi addio: crescono di divorzi-sprint. Gli psicoanalisti parlano di “divorzio da scaletta di aereo”. “I guai della vacanza: lui e lei si scoprono diversi. Pensano che la vita sia un contino viaggio di nozze. Alla prima difficoltà si arrendono”. E fanno le valigie.

Ma c’è una ragione più profonda alla base. Enzo Biagi: “Secondo alcuni esperti, la ragione principale della crisi della famiglia va ricercata nel ruolo sempre più importante e nel peso eccessivo che viene riconosciuto al sesso. Il sesso – dicono gli esperti – è una base assai instabile e fragile per fondarvi sopra un’unione stabile, perché le preferenze sessuali possono cambiare senza che uno sappia spiegarsene il motivo. Il problema si è sviluppato più lentamente nelle società in cui la sessuale delle donne è stata più a lungo repressa. Ecco perché un numero così grande di divorzi” (L’espresso, 4 novembre 2004). Il principe di Salina, ne Il Gattopardo, diceva al cappellano che gli rimproverava le frequenti scappatelle coniugali: “Il matrimonio? Tre anni di fuoco e trent’anni di cenere”. La stessa osservazione può essere fatta per le libere convivenze. “Stiamo bene insieme. Perché sposarci?”. Manca però un vincolo sociale di riconoscimento di fronte alla comunità, un legame solido per i momenti difficili, i sentimenti sfumano rapidamente e la coppia si scioglie.

Statistiche Istat alla mano: su cento coppie dai 16 ai 30 anni, le coppie di fatto sono il 6% in Italia, il 40% in Inghilterra, il 45% in Germania, il 46% in Francia, il 72% in Danimarca. Oggi le coppie di fatto, cioè le convivenze, chiedono allo Stato provvidenze, tutele e diritti civili pari alle coppie sposate. Lo stesso accade per le coppie omosessuali. Questa equiparazione pone problemi alla famiglia tradizionale: infatti, un riconoscimento legale finisce per svalutare la famiglia tradizionale che, in Italia, è protetta dalla stessa Costituzione. Un ultimo rilievo dal punto di vista ecclesiale. In Italia la celebrazione del matrimonio avviene di norma in chiesa. La tendenza al matrimonio civile sta però avanzando rapidamente. Milano, statistiche 2003: celebrati 4232 matrimoni di cui 2151 con rito civile, 2081 con rito religioso. La secolarizzazione avanza nella metropoli più ricca. Osserva con quel suo stile umoristico Massimo Gramellini: “Tante coppie si accostano al matrimonio con due convinzioni: che si tratterà di una luna di miele infinita e che, qualora non fosse così, ci si potrà tirare indietro con la stessa disinvoltura con cui si cambia un telefonino. La perdita della sacralità che ha infiacchito ogni nostri irto in nome di una sciatteria interiore contrabbandata per laicismo, è solo una parte del problema. La principale resta la superficialità con cui ci si abbandona alla trama della favola, ignorando che l’eroismo risiede nell’ultima trascuratissima riga: E vissero per sempre felici e contenti. La vera avventura è quella lì” (La Stampa, 3 luglio 2004).

 

Virgin made in USA

Newsweek, uno dei più noti settimanali americani, ha dedicato qualche tempo fa la copertina al nuovo fenomeno giovanile: The new Virginity, la nuova verginità. Parla di rivoluzione sessuale in corso tra i ragazzi delle Superiori che guardano i programmi scabrosi della tv, sfogliano magari qualche rivista porno, ascoltano Eminem, ma hanno deciso di non mollare sul terreno più intimo della loro personalità: il sesso. E hanno preso la decisione di restare vergini, tra tante girandole sessuali, fino al matrimonio. Una scelta personale, tra convinzioni religiose e desiderio di avere il pieno controllo della propria vita.

Sullo sfondo della vicenda una constatazione statistica: sono sempre più numerose in Usa le gravidanze e gli aborti delle minorenni e le vittime dell’Aids. Ma non si tratta di scelte dettate dalla paura di restate incastrati. La prima volta? Non c’è fretta. Cinque anni fa , in Europa, si parlava di 14 anni. Acerbi. Oggi di 18, più maturi. Anche perché, su cento ragazzi che ci hanno provato, il primo rapporto è stato per il 35% deludente e solo per il 30% piacevole.

Le testimonianze sono interessanti. Parlano un linguaggio nuovo, fresco. Anzi antico. Parlano di una scelta libera, del momento giusto e della persona giusta, di un nuovo percorso psicologico e spirituale. Niente più sesso mordi e fuggi, ormai fuori moda. Non è questione di moralismo. È per restituire a un’esperienza fondamentale della vita la pienezza del suo valore e significato.

Anche in Italia, le testimonianze non mancano. “Non è facile parlarne, non è facile spiegarla. Bisogna viverla la verginità per capire quanto sia importante. Ho la sensazione che siano in tanti a capirmi, non mi sento sola” Tina P. ha 23 anni e da quando ne ha 17 è fidanzata con lo stesso ragazzo. Mai un rapporto sessuale? “Mai. Lo abbiamo deciso insieme. Penso che la sessualità sia un dono. Un dono importantissimo. Non si deve buttar via. Non tutte le mie amiche condividono questa scelta. Diciamo metà sì e metà no”. Ma sono già una buona metà.

Antonello M., laureando in Statistica. Non ha mai voluto un rapporto con la sua fidanzata: “Lo so di andare controcorrente. Lo so che non è facile capire. Eppure ho deciso di rimanere vergine fino a quando mi sposo. Dietro questa mia decisione c’è la voglia di rispettare un valore nel quale credo moltissimo. Penso che la mia verginità sia un dono che io posso fare soltanto alla persona con la quale decido di dividere la vita. In cambio si è più forti, più aperti verso gli altri, più disposti a capire il mondo che ci circonda”.

 

Ma che male c’è?

Oggi è di moda, in tempi di Aids, riprendere la vecchia pratica dell’autoerotismo. Si pensava fosse archiviata dalle nuove libertà sessuali. Rivista patinate ne prendono le difese, anche per gli adulti, in particolare per le donne. Sorprendente, no? E poi ci lamentiamo di questo “calo del desiderio” che ci rende più fiacchi, più svogliati, più riluttanti di fronte all’impegno sessuale. Nei ragazzi è, forse, il primo problema che devono affrontare. È curioso osservare che la condanna della masturbazione sia partita da medici del Settecento e Ottocento che videro in essa una fonte infinita di guai: occhiaie viola, malattie veneree, caduta dei capelli, tisi, mielite, foruncoli, bulimie, e anche cecità. Perfino spiriti liberi come Rousseau e Kant la pensavano così. Il tutto in nome dei Lumi e della scienza. Naturalmente educatori e moralisti, forti dell’appoggio scientifico, presero al balla la balzo e condannarono severamente la pratica. La quale, però, non è aliena da conseguenze negative sul piano psicologico, anche nei ragazzi. In fondo, la masturbazione utilizza il sesso, che è il linguaggio dell’amore e della comunione con l’altro, per il proprio uso egoistico. Nell’età adulta blocca l’individuo nel suo cerchio solipsistico e solitario, chiuso ad ogni apertura profonda. Osserva Umberto Galimberti, psicologo e analista. “Il limite della masturbazione è nel modo di vivere il proprio desiderio sessuale come chiusura all’altro. Nella masturbazione, infatti, il desiderio non diventa veicolo di trascendenza, ma oggetto della propria immanenza, giocata in quel breve spazio che separa la tensione dalla soddisfazione che le estingue… come un soffio di vento spengo un fuoco che non ha trovato dove propagarsi. Il desiderio, quando è voluto per se stesso, porta con sé la sua sconfitta. È un gioco di morte invece che un gioco d’amore; un gioco di solitudine, dove lo spazio per la con-versione all’altro è stato derubato dalla propria per-versione. Perverso è ogni amore che si vive senza reciprocità, quindi senza la possibilità per il corpo di trascendersi in un altro corpo (Solitudine, in la Repubblica, 21 agosto 2004).

La masturbazione dell’adolescente non giunge a conseguenze così drammatiche. Rimane una fase da superare per aprire la strada a una vera maturazione dell’amore e della donazione all’altro. E anche il giudizio morale si è molto ammorbidito. Non si deve de-responsabilizzare ma neppure demonizzare. “Al fine di formulare un equo giudizio sulla responsabilità morale del ragazzo, si terrà conto dell’immaturità affettiva, della forza delle abitudini contratte, dello stato di angoscia o degli altri fattori psichici o sociali che attenuano se non addirittura riducono al minimo la colpevolezza morale” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2352).

Aiutare il ragazzo a chiarire a se stesso la sua situazione con serenità, a superare la sua immaturità nel cammino verso il dono totale di sé. “Per questo vanno evitate tutte le forme di rigorismo, di eccessiva pressino psicologica che in realtà sono controproducenti sul piano educativo, in quanto possono facilmente portare a una repressione indiscriminata che ostacola una sana accettazione della sessualità e dei suoi valori oppure a un senso di colpa patologico” (Guido Gatti, moralista).

Carlo Fiore

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