C'è in verità ancora tanta infanzia in quell'orgoglio di sembrare grande, che solo una quasi ancora bambina può manifestare. E tutto è cominciato come una cosa da niente, un pomeriggio con l'amica a cercare su Internet «un lavoretto, per essere autonome», dice ai magistrati...
«Ho quattordici anni, ma quando mi trucco ne dimostro di più». La frase della più giovane delle ragazzine coinvolte in un giro di prostituzione a Roma, dopo giorni di dialoghi e trattative telefoniche riportate nei minimi particolari da giornali e tv, suona come un ritorno alla realtà. La realtà di una quattordicenne fino a pochi mesi fa come tante altre; in quella età in cui, superato il confine dell’infanzia, si sta a lungo davanti allo specchio, interrogandolo, ansiose. E un giorno che non c’è nessuno in casa ci si trucca, ombretto, e mascara a allungare le ciglia; e poi si torna all’esame severo dello specchio. E così, con gli occhi sottolineati e le labbra accese dal rossetto, ci si dice meravigliate e soddisfatte: ma guarda, sembro proprio una donna.
C’è in verità ancora tanta infanzia in quell’orgoglio di sembrare grande, che solo una quasi ancora bambina può manifestare. E tutto è cominciato come una cosa da niente, un pomeriggio con l’amica a cercare su Internet «un lavoretto, per essere autonome», dice ai magistrati. E il web che, pronto e vorace, risponde, allungando una proposta allettante. E la più grande comincia subito, la più piccola no, non ne ha il coraggio. Ma dopo qualche mese impara, e inizia. Assieme all’amica però, spiega ai giudici, non da sola, perché da sola, con i suoi quattordici anni, ha paura. E presto incontrano il giovane intraprendente che vede in quelle ragazzine una fantastica macchina per fare soldi. Soldi, ne vogliono tanti anche le due amiche, e non bastano mai, golose come sono di vestiti e belle cose; con l’ingordigia, si direbbe, di un bambino finalmente libero di prendere ciò che vuole in un negozio di giocattoli. E intanto nella storia c’è la madre di una delle due che tragicamente incita la figlia a «lavorare», e a non perdere tempo. E c’è un padre, che non s’è mai visto; ma, dice la ragazzina, orgogliosa, «non ne ho mai sentito la mancanza». E di nuovo quel fingersi grande, autosufficiente, quel voler mostrare agli altri un viso più adulto, cancellando la bambina di appena pochi mesi fa.
Allora questa adolescente che da giorni è diventata la figlia che nessuno vorrebbe, la Lolita avida e spregiudicata, si mostra come è: una che ha quattordici anni. Ma, a differenza delle nostre figlie, attorno a sé nell’istante in cui è diventata grande ha trovato un vuoto profondo. Nessun padre, e una madre che quei soldi comunque li prende («mamma pensava che spacciavo, non avevo il coraggio di dirle che mi prostituivo»); e nessuno, pare, che a casa o a scuola sia mai riuscito a dirle credibilmente che ogni persona ha un valore infinito, e dunque non può avere un prezzo. Di modo che della più piccola di quelle che da una settimana vengono chiamate «baby squillo» viene da dire in realtà: povera bambina. Per quanto adulta tu possa sembrare, per quanto tu abbia imparato di squallore, bambina, ancora. Fai pensare a un giovane animale selvatico che per la prima volta si sia inoltrato solo nella giungla; solo che la tua giungla è stata più bugiarda e subdola di quella vera. Appena affacciata sul web sei caduta in trappola, e non avevi nessuno, accanto, a fermarti. A volerti bene abbastanza da dirti: non farlo. È odioso pensare alle mani di padri di famiglia che ti hanno trattato come una cosa. E a come ti sentivi, in fondo al cuore, quando tornavi a casa.
Ora i giornali parlano di te come di un fenomeno, e non tralasciano alcun particolare: telefonate in cui si discute di come, dove, quanto, come di una merce, e nemmeno tanto preziosa. Sui siti on line di alcuni quotidiani la tua storia è la più letta. (E viene da domandarsi se davvero questa è informazione, o un’informazione di cui si possa andare fieri). Ma la 'Lolita' in quella frase, come detta allo specchio, si svela. «Quando mi trucco, sembro più grande». «Sembro»: e nel vuoto desertificato di certe case, di certe amicizie, di certi adulti, «sembrare» è tutto. E ciò che sei davvero – una che ha quattordici anni – conta, sotto a quella apparenza, meno di niente.
Marina Corradi
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