...i giocatori in campo ad Amburgo, e a Roma la bomba a orologeria dei rinvii a giudizio per squadre e dirigenti, pronta a scoppiare dopo il fischio finale, Italia dentro o Italia fuori chi lo sa. Meraviglioso giocare così, vero? Un'autentica goduria.
del 23 giugno 2006
Caparbi, ostinati, determinati. Nel cercare di farci del male. In politica, in economia, e in queste ore nel calcio. Con una ammirevole applicazione nel volgere a nostro sfavore le circostanze favorevoli. Salvo risorgere per apparenti colpi di fortuna, grazie al tradizione 'stellone'. Potrà sembrare il solito luogo comune, con gli italiani tutti pizza, mandolino e autolesionismo, inclini a piangersi addosso e nel procurarsi ottimi motivi per farlo. Ma pochi luoghi comuni sono suffragati da tanti fatti.
Il mondiale di Germania, dunque. Vi arriviamo dopo quasi due anni senza una sconfitta, un filotto che qualunque altra nazionale sbandiererebbe con fierezza e che invece noi fingiamo di non aver inanellato. Fatto sta che, a parte un Brasile tanto talentuoso quanto sopravvalutato, avremmo tutte le chances per filare dritti in finale. Tra l'altro, dopo la giornata di ieri, siamo finiti nella parte più facile del tabellone, con la semifinale spalancata. Insomma, potrebbe essere il nostro anno. E che cosa combiniamo? Proprio quando sta per cominciare l'operazione Germania e servirebbe la forza quadrupla, delle gambe e della testa, del cuore saldo e dei nervi distesi, scoppia lo scandalo degli scandali, la madre di tutti i pastrocchi. Lo scandalo c'è, chi lo nega? Ma noi ci mettiamo del nostro chiedendo l'allontanamento del miglior portiere del mondo, le dimissioni dell'allenatore, addirittura il ritiro della squadra. Ieri il massimo: i giocatori in campo ad Amburgo, e a Roma la bomba a orologeria dei rinvii a giudizio per squadre e dirigenti, pronta a scoppiare dopo il fischio finale, Italia dentro o Italia fuori chi lo sa. Meraviglioso giocare così, vero? Un'autentica goduria.
'Tra due ore comincia il giudizio universale'. Sembrava di stare dentro il film di De Sica, sceneggiatura di Zavattini (che gli italiani li conosceva bene), con la vociona che tuona dall'alto e intanto la vita scorre, ma come scorre? Tra due ore sarebbe cominciato il 'rinvio di giudizio universale', per l'esattezza. L'apocalisse di tutti i deferimenti. E i nostri a rincorrere i ceki che però lo stellone aveva provveduto a rendere pure zoppi e orbi: due centravanti indisponibili, una punta claudicante, il miglior difensore squalificato. Noi però, italiani fino in fondo, remavamo contro con encomiabile applicazione. Ci facevamo schiacciare e sovrastare da un trentacinquenne, Nedved, che faceva squadra da solo. Per di più gridavamo alla jella quando Nesta, il nostro difensore migliore, lasciava il campo con una smorfia. Aiuto, toccava a Materazzi, noto per le espulsioni e gli autogol. Mai sottovalutare lo stellone. Materazzi, proprio lui, saltava come un pallavolista e incornava in gol. Un ceko si faceva espellere. Che cosa pretendere oltre dalla buona sorte?
Naturalmente la cosa non finisce qua. Dopo i deferimenti, prevedibili, tocca al processo. Quando il vento ci sospinge generoso, nessuno rema al contrario quanto noi. Elezioni fatte? Si dovrebbe poter governare. Congiuntura economica favorevole? I conti pubblici dovrebbero tornare. La famiglia è il vero tessuto connettivo del Paese? Dovrebbe convenire aiutarla, e invece cerchiamo di scoraggiarla e smantellarla. E così la scuola, la creatività e la fantasia, i nostri ricercatori… Il calcio conferma la regola. Cerchiamo tenacemente di farci del male ma una misteriosa forza, fatta di eventi casuali, coincidenze, botte di fortuna, ci tiene a galla. Mai nessuno come noi in bilico tra catastrofe e trionfo. Con una singolare propensione per la catastrofe.
Umberto Folena
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