Sui tramonti della mia terra Luce a Nord Est: come si presenta, cosa nasconde, ...

Essere giovani nella nostra terra, qui nel Triveneto... quali promesse e quali insidie nasconde il Nord Est per un giovane che cerca di costruirsi una vita? E' proprio vero che è la regione del pianeta dove si vive meglio? Scopriamolo insieme.

Sui tramonti della mia terra Luce a Nord Est: come si presenta, cosa nasconde, a chi promette? da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 25 settembre 2006

La bella stagione permette alla mia bicicletta di tornare arzilla a correre tra le stradine del mio territorio. Da un po’ di anni ormai io e la mia compagna a due ruote all’imbrunire, quando il sole e il traffico si sono acquietati, amiamo gironzolare per le vie guardandoci intorno. Ogni volta scorgo qualcosa di diverso, un dettaglio,un cambiamento…ultimamente però il nuovo che vedo corrisponde solo a case (sempre più ampie, più porticate, più piantumate), a capannoni (sempre più prefabbricati, più dislocati, più cubici e grigi), incroci che si mutano in rotonde, campi che diventano cantieri, fossi che rasentano la fogna, il tutto sperando di poter tornare a casa sani e salvi, indenni dai tanti camion, tir e furgoni che popolano la strada.

Sembra proprio che abitare nel Nord Est oggi significhi poter contare su un contesto economico e produttivo tra i pi√π prosperi a livello mondiale, e godere di quote di benessere paragonabili alle regioni pi√π ricche del pianeta; ma implica anche prendere in considerazione un malessere montante che nasce dalla percezione dei costi sociali ed ambientali di questa ricchezza.

 

Casa, dolce casa.

Pedala e pedala i kilometri scorrono su un terreno zeppo di case ed abitazioni. Butto l’occhio a destra e a sinistra, e al di là di recinzioni con aquile e leoni minacciosi, dietro siepi ben potate, si scorgono i segni di un eclettismo edilizio a dir poco stonato: castelli neomedievali, case a conchiglia, villette geometriche, domus romane o pseudo palladiane. Ingordigia di spazio, consumo di territorio, saturazione del panorama, questo vedo. Una terra piena, di tutto, e troppo!

La mia impressione viene confermata anche da dati significativi: la superficie media per nucleo familiare in Veneto tocca il picco di 110,6 contro la media nazionale di 96mq. I residenti in veneto e Friuli vantano il maggior numero di metri quadrati abitativi pro capite 4,6 stanze a fronte di 4,2 nella media italiana; l’87% delle abitazioni è dotato di posto auto privato (ma la percentuale supera il 91% nelle province di Padova, Treviso, Vicenza) contro il 68% nazionale.

Viviamo così in un arcipelago di paradisi terrestri individuali, atolli di benessere: un paesaggio fatto di frammenti e di nicchie dove ciascuno può costruire il proprio sogno.

In questo panorama di villettopoli coalescenti che si ammucchiano l’una accanto all’altra senza un ordine apparente, se non quello sotteso alle logiche di interesse privato e speculativo, non vi è attenzione per ciò che accade oltre le abitazioni. Il paesaggio esteriore d’altra parte è un chiaro riflesso di quello interiore, e così oggi si segnala il venir meno di alcuni valori fondanti, a partire dalla concezione dell’uso del tempo che determina un vero e proprio paradosso: inventiamo sempre nuovi meccanismi e tecniche per guadagnare tempo, ma diventa sempre più difficile prendersi il tempo per vivere. Così il mito del weekend diventa la sottile arte dello scappare verso l’evasione, la fuga al mare o in montagna, lo status della seconda casa. Ma le auto metallizzate, confort all-inclusive, profumate di cocco e lucidate all’ultimo lavaggio self-service trovato lungo la statale, procedono a passo d’uomo, imbottigliate tra traffico e semafori; sul ciglio della strada io continuo a pedalare il più veloce possibile per allontanarmi da questo caos, dai gas di scarico, dalle polveri sottili.

Nei miei occhi rimane una strisciante amarezza…il lavoro come unica fede condivisa, insicurezza sociale e incertezza esistenziale, l’idolatria del “fare”, contaminazione ecologica e degenerazione del paesaggio. Nord Est dove stai andando?

Abbasso il cavalletto e ripongo la bicicletta. Rimango ancora un po’ qui, ferma a guardarla. È lei che mi ha permesso di dare un po’ d’aria agli occhi e vedere che dietro la sempreverde siepe del mio benessere, della casa confortevole, del tutto e subito, dell’auto a 18 anni,…oltre la siepe c’è il grigio di un territorio, e soprattutto della sua gente!, che ha barattato il benessere, il successo economico e la conquista della casa singola con la bellezza paesaggistica, la socialità aggregante, il tessuto connettivo.

 

Giovani per quanto?

Anche essere giovani qui non è facile, se la bussola segna precisamente il Nord Est, orientarsi in questo territorio è una vera sfida. La giovinezza è vissuta sempre più come un’età di prolungata attesa, da fase transitoria della vita, essa rischia di diventare un periodo di indecisione stabilizzata, che prolunga gli anni della frequenza scolastica, trattiene nella famiglia, rinvia l’assunzione di responsabilità e l’esercizio di autonomia nelle scelte di lavoro, famiglia e vita sociale. Così mentre a 23 anni mio padre iniziava già ad abbozzare una attività in proprio, con fatica, sacrifici e un bel po’ di botte sui denti, io neanche mi sogno di mettere su una fabbrichetta, di fare l’imprenditore, tanto più che per i prossimi tre anni sarò ancora tra i banchi di scuola e chissà quali prospettive lavorative avrò. Tutto questo rallenta, dilata, annacqua il crearsi un’idea precisa del proprio avvenire, manca il senso personale di futuro, la possibilità e la voglia di progettare con interesse la propria esistenza. Questa condizione recente, nostrana ma anche estendibile al Bel Paese intero, è riconducibile ad alcuni fattori:

Ø            Scuola: la scolarizzazione di massa senza sbocchi definitivi, la frequenza dell’università e di corsi vari -prolungati negli anni- rimandano le decisioni e l’inserimento lavorativo. Tanto più quando tale scelta viene fatta dai ragazzi come modo per prolungare la spensieratezza, mentre i genitori vedono nel loro rampollo diplomato o laureato il raggiungimento di uno status culturale che accompagna ed eleva quello economico.

Ø            Flessibilità e precarietà del lavoro: i contratti a tempo determinato che limitano o impediscono la progettazione di impegni di famiglia, non offrono garanzie sufficienti per l’avvenire, costringendo periodicamente a ripensare da capo al proprio progetto personale, familiare, sociale.

Ø            I progetti della famiglia di origine che mirano a dare al giovane, a risolvergli i problemi, non ad avviarlo a…, a far si che egli si costruisca, faccia da sé, rischi, provi il senso della conquista. La famiglia coccola, trattiene, togli ogni difficoltà fin da bambini, assicura il soddisfacimento non solo dei bisogni ma anche dei desideri, garantisce il presente e quella parte di futuro che magari, a lui, non interessa ( perfino la casa pronta, che viene rifiutata).

Ø            Le industrie culturali, le quali trasmettono la convinzione che la giovinezza sia una condizione stabile, nella quale è perennemente possibile sperimentare.

 

Non restando a guardare

Saremo quello che ci prepariamo ad essere… perciò è importate avere ben chiaro il contesto in cui viviamo, la sua storia, le risorse e le problematiche, e prendere consapevolezza che noi, sì proprio noi, possiamo con la nostra crescita umana dargli un nuovo volto, o almeno lavorare per questo.

Ecco allora quali potrebbero essere le prime direzioni di lavoro:

 

Ø            Dall’egocentrismo proprio ancora dell’adolescenza alla capacità personale di relazionarsi e di amare in una relazione feconda di bene reciproco.

Ø            Dalla dipendenza all’autonomia personale. Sì, dobbiamo educarci ad essere liberi, ma potremmo spendere delle riflessioni anche su che cosa fare della libertà, su come convenga investirla, affinché non si presuma che l’autosufficienza assoluta, la quale ignora ogni senso del limite, posso costituire il metro di riferimento.

Ø            Dal ristretto mondo di interessi personali alla socialità, per il dovere di impegno civile e sociale.

 

Possiamo definire alcuni obbiettivi del nostro diventare giovani, e adulti, cristiani, attenti al tempo in cui vivono e amanti della vita,

persone che vivono la vita come vocazione: la vita è risposta di amore all’Amore di Dio, condotta con responsabilità in un progetto che la valorizza in tutte le sue dimensioni;

persone di speranza che sanno vedere sempre il positivo, credono nel futuro, apprezzano i piccoli passi;

persone capaci di vita interiore che vivono un dialogo con Dio, si prendono cura della loro anima;

persone di amicizia, capaci di dialogo, collaborazione, correzione, perdono;

persone che vivono l’impegno quotidiano con fedeltà e competenza;

persone dentro la comunità di appartenenza e appassionate dell’umanità intera, in difesa della pace, della giustizia, della difesa del creato;

persone armoniche che sviluppano tutte le dimensioni della loro personalità: quella affettiva assieme a quella intellettiva, a quella morale, professionale, spirituale, senza scendere a compromessi sui valori.

 

Costruirsi come persone belle e ricche ci permette di riconoscere ed apprezzare queste qualità anche nella nostra terra.

 

I have a dream.

Non si tratta solo di sensibilità ambientalista verso la base naturale o di amore del proprio passato storico e artistico o del più o meno sincero bisogno di tutelare il senso di radicamento e di identità culturale, sia che si tratti della rozzezza contadina o delle antiche e sane usanze enogastronomiche. È un’esigenza assolutamente trasversale e vitale al tempo stesso, poiché ne va della continuità del nostro benessere futuro. Insomma, è ciò che da anni, a livello dei sempre più numerosi comitati per la tutela del territorio, si evoca: la qualità della vita e la concezione solistica del benessere e della bellezza, con la consapevolezza che il degrado ambientale conseguente alla smodata e insaziabile corsa alla ricchezza per pochi conduce all’impoverimento di molti, noi compresi.

 

 

 

Bibliografia:

 

F. Vallerani, M. Varotto (a cura di), Il grigio oltre le siepi, Nuova dimensione, Portogruaro 2005.

Voce dalla nostra comunità, n° 63, maggio 2006, Camposampiero.

Chiara Bertato

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