Nel segnalare con una buona dose di sconcerto queste carenze, non vorremmo si pensasse alla solita geremiade da cattolici ansiosi di elemosinare un briciolo di attenzione per le cose che 'interessano a loro'...
del 17 marzo 2006
Citata una sola volta di sfuggita dai due protagonisti, mentre affrontavano entrambi altre questioni, la famiglia non è stata la sola 'grande assente' nel faccia a faccia televisivo più seguito della nostra storia politica. Lo stesso può dirsi per altri temi decisivi per il domani del Paese, come la nostra trentennale crisi demografica e la tutela della vita umana in tutte le sue manifestazioni, a cominciare da quelle decisive del nascere e del morire. Ma ai nostri occhi, pensando alle aspettative riposte in un appuntamento così a lungo atteso e così meticolosamente programmato, le lacune acquistano una valenza simbolica meritevole di qualche riflessione.
Una valutazione che sconta ovviamente i limiti dei tempi e della formula adottata. E che non può non tener conto dell'area di interessi dei giornalisti chiamati a porre le domande. Area dalla quale certi argomenti, per formazione e sensibilità culturale, possono legittimamente esulare (senza dimenticare, tuttavia, che l'indicazione dei nomi tra i quali gli intervistatori sono stati sorteggiati è venuta pur sempre dai contendenti schierati a singolar tenzone).
Nel segnalare con una buona dose di sconcerto queste carenze, non vorremmo si pensasse alla solita geremiade da cattolici ansiosi di elemosinare un briciolo di attenzione per le cose che 'interessano a loro'. Non è certo un atteggiamento di tipo rivendicazionista, o peggio ancora 'parasindacale', a muoverci. Se così si ritenesse, allo sconcerto si aggiungerebbe una forte apprensione per il nostro comune futuro.
Crediamo infatti che, nel richiamare alcuni dei nodi più o meno volutamente dribblati nel teleduello elettorale di martedì sera, stiamo interpretando un sentimento largamente diffuso, anche se non sempre chiaramente avvertito, in quel popolo che tra 24 giorni sarà chiamato alle urne. Si tratt a di 50 milioni di persone che, magari non con totale consapevolezza, vivono comunque sulla propria pelle un trapasso epocale. Un tornante storico nel quale le stesse inquietudini per il lavoro, la casa, la salute, la pensione confluiscono in una più generale domanda di senso.
La percezione di una crisi di civiltà così incalzante dovrebbe, ci sembra, imporre di collocare certe questioni non in cima alle declamazioni propagandistiche, ma nel cuore stesso delle indicazioni programmatiche. Al punto di farle affiorare, per così dire, anche là dove nominalmente si stanno affrontando altri contenuti.
Se questo l'altra sera non è avvenuto è forse perché lo 'zeitgeist', lo spirito del tempo, non lo consente. Ma allora ci sembra ancor più necessario porci, e porre a tutti, precisi interrogativi. Confortati anche dai sempre più incalzanti richiami che, in questi ultimi anni, il magistero ha lanciato in direzione di quanti abbracciano l'impegno nella politica e nella società.
Al centro di tali sollecitazioni (come dimostra anche il documento di tre anni fa sull'impegno e il comportamento dei cattolici nella 'polis' che ripubblichiamo nell'inserto centrale odierno), figura l'ancoraggio alle questioni essenziali della vita e della famiglia, come criterio assoluto e dirimente delle azioni e delle scelte pubbliche. Perché dal modo in cui si declina la ricetta programmatica su tale binomio si può comprendere anche la 'cifra' culturale che sostiene l'intero progetto di società proveniente dagli schieramenti politici.
Ecco perché ci auguriamo che, sia nel secondo confronto tra i leader del 3 aprile sia nel più ampio dibattito che ci separa dalle urne, anche i tasti finora ignorati vengano adeguatamente toccati. Con tutto il dovuto rispetto, non si vive di sole 'quote rosa'.
Gianfranco Marcelli
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