«Viva gli Sp...» era la scritta posta su una magnifica torta alla panna, che una signora aveva portato alla Comunità di accoglienza del mio amico don Daniele. Era la parte avanzata al matrimonio della figlia avvenuto in giornata: «Prenda, don Daniele, così anche i suoi poveri, possono fare festa».
del 28 gennaio 2008
«Viva gli Sp...» era la scritta posta su una magnifica torta alla panna, che una signora aveva portato alla Comunità di accoglienza del mio amico don Daniele. Era la parte avanzata al matrimonio della figlia avvenuto in giornata: «Prenda, don Daniele, così anche i suoi poveri, possono fare festa». «Ma noi non la vogliamo, signora!». «Come non la volete? È molto buona!». Di fronte al rifiuto deciso di Daniele, la signora, stupita e offesa, osò insistere: «Ma cosa volete allora?». «Avremmo voluto essere invitati al matrimonio!». La «Benefattrice» si allontanò sgommando e il giorno dopo era dal vescovo a lamentarsi.
Noi siamo fatti così: ai poveri, diamo le briciole. L’episodio mi è venuto in mente riflettendo sul tipo di cultura presente oggi nel mondo degli adulti nei confronti dei bambini: a loro dedichiamo le «briciole», gli avanzi del nostro tempo, il «viva gli sp...» della torta che abbiamo avanzato.
«Con sempre maggiore frequenza siamo informati quotidianamente di genitori che, avendo deciso di rinunciare alla vita, ritengono di potere e di dovere coinvolgere nell’annientamento anche i loro figli: di bambini brutalmente percossi e seviziati fino alla morte per futilissimi motivi; di neonati buttati nei bidoni della spazzatura come rifiuti di nessun valore; di bambini sessualmente violentati; di bambini istupiditi con la droga e con psicofarmaci perché non disturbino la vita degli adulti...» (A.C. Moro). Un ultimo fatto, di violenza sottile, che rivela in quanta considerazione teniamo i bambini e i loro problemi, è l’espulsione da una scuola privata di Verona di un bambino di nome Daniele, che a sette anni non ha diritto di sedere alla mensa degli altri, perché i suoi genitori sono stati arrestati, messi in carcere per spaccio di droga. «Maestro, se quest’uomo è nato cieco, di chi è la colpa? Sua o dei suoi genitori?».
La domanda che leggiamo nel Vangelo secondo Giovanni rimbalza ancor oggi nelle nostre città. I genitori dei compagni di Daniele non dovevano e potevano intervenire di fronte al preside, che pensava di salvare il buon nome della scuola, allontanando «in silenzio» Daniele, come già aveva fatto con altri, estirpando l’erba cattiva, la zizzania, dal giardino della sua scuola rallegrato da fiori splendenti, coltivati da mani sapienti e per niente sporche di droga o altre porcherie che il papà e la mamma di Daniele avevano smerciato?
I loro figli erano stati salvati, «preservati» grazie alla solerzia disinteressata del signor preside attento, vigile, coraggioso nell’opera di potatura dei rami inutili, secchi, malati!
 Daniele non è finito male: frequenta un’altra scuola, dove non gli hanno chiesto il pedigree! Il suo diritto allo studio gli è stato mantenuto. Viva gli sp...! Un po’ di torta gli è stata lasciata! Tutto è salvo, anche l’onore.
 
Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano
don Vittorio Chiari
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