Era il braccio destro di padre Puglisi, il prete ucciso dalla mafia. Ora ha fondato un centro educativo in Calabria. La storia esemplare di Carolina Iavazza, suora coraggio.
del 17 dicembre 2005
«Non scoraggiatevi, prima o poi il seme attecchisce e diventa pianta», diceva padre Pino Puglisi ai parrocchiani e ai volontari del centro 'Padre Nostro' di Palermo, stanchi di seminare in quel deserto di mafia e omertà. Uno di quei semi, tredici anni dopo l’assassinio del prete ammazzato da Cosa nostra, ha abbandonato la Sicilia, spinta dal vento delle correnti dello Stretto, per germogliare ai piedi dell’Aspromonte.
 
Quel seme si chiama Carolina Iavazza, delle Suore dei Poveri, l’ex responsabile del centro 'Padre Nostro' di Palermo che lavorava al fianco di padre Puglisi per strappare i picciriddi del quartiere Brancaccio alla strada e alla manovalanza mafiosa.
 
«In Sicilia i problemi rimangono e Cosa nostra non è certo scomparsa, ma la nuova missione per me ora è qui, in questa terra; forse è un segno della Provvidenza». Suor Carolina dice di aver fatto «una scelta nella scelta».
 
Dopo la morte di don Puglisi è rimasta un anno a Brancaccio con altre due suore e un pugno di volontari sperduti e sconvolti dall’omicidio della loro guida. «È stata dura, era il deserto più deserto, molti volontari si sono allontanati per sfiducia o paura. Poi molti sono tornati, nuovi giovani si sono aggiunti, ma quel periodo fu veramente difficile. Dopo un anno me ne sono andata a Vittoria, nel Ragusano, dove ho fatto attività giovanile».
 
 
Una scelta ancora pi√π forte
 
«Oltre 150 giovani sono passati da lì. Ma non mi sentivo appagata, volevo fare una scelta forte, volevo stare in mezzo alla gente. E così chiamai padre Giancarlo». Padre Giancarlo, come lo chiamano tutti da queste parti, è monsignor Giancarlo Bregantini, vescovo di Locri, che suor Carolina conosceva dai tempi in cui entrambi lavoravano a Crotone, lei nel quartiere di Santa Chiara, il futuro vescovo nella parrocchia del Duomo. «Vieni con me nella Locride, mi disse, ho bisogno di gente come te», ricorda suor Carolina. «Padre Giancarlo è una figura di sacerdote straordinaria, in lui sembra che si siano fuse le personalità di padre Puglisi e di don Tonino Bello». Suor Carolina si ritrovò a Bosco di Bovalino, un piccolo comune vicino a San Luca, il paese di Corrado Alvaro, ai piedi dell’Aspromonte. «Ho fondato qui una nuova fraternità, dedicata al Buon Samaritano. Siamo in tre: io, suor Francesca e la 'postulante' Silvia, che è assistente sociale. Stiamo tutto il giorno in mezzo alla strada, tra i ragazzi e la gente. Ci sono molte famiglie povere, che si portano dietro i segni di tante ferite umane e spirituali. Molte di esse hanno avuto qualcuno che è stato ucciso per le faide o altre vicende di malavita. Cerchiamo di insegnare la lezione di Puglisi, che è quella del Vangelo, dell’amore. Io penso che di per sé il cuore umano non sia cattivo: chi ferisce è come un animale che a sua volta è stato ferito. Dobbiamo interrompere la catena dei soprusi con l’amore. Cominciando dai più piccoli. Padre Puglisi mi diceva sempre: 'dobbiamo iniziare dai più piccoli: sono docili, innocenti, aperti all’amore, non hanno ancora il cuore indurito. Dobbiamo strapparli dalla strada. La strada è molto pericolosa, passa di tutto, ci sono molte tentazioni, come il gatto e la volpe con Pinocchio. La strada è traditrice. La strada non ti protegge'».
 
Con lo spirito di proteggere quei bambini e quei ragazzi dalla strada è nato il centro 'padre Puglisi' di Bosco di Bovalino. Un saloncino con due stanze ricavate da un vecchio bar, ottenuti grazie ai contributi speciali della Cei e qualche offerta dei privati.
 
 
Anche voi potete fare molto
 
Suor Carolina chiede aiuto anche ai lettori di Famiglia Cristiana: chi volesse devolvere offerte può effettuare un versamento volontario sul conto corrente postale n. 16787699, intestato a Iavazza suor Carolina. Causale: Progetto Buon Samaritano. Mercoledì 9 novembre, pochi giorni dopo l’omicidio Fortugno, che ha sconvolto soprattutto i giovani della zona («sono loro la speranza della Calabria»), c’è stata l’inaugurazione: sei educatori del posto, tanti bambini e ragazzi desiderosi di iniziare un cammino. «La Calabria», conclude suor Carolina, «è la terra più generosa che ci sia. Dispiace che sia rovinata da un pugno di persone». Un avamposto del Vangelo in questa terra sconvolta che darà i suoi frutti. Purché 'suora coraggio' non venga lasciata sola, come avvenne per padre Puglisi.
Francesco Anfossi
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