Vorrei raccontarvi la storia di un incontro che mi ha cambiato nel profondo. Un incontro che, con una semplice frase, è riuscito a raggiungere parti della mia anima che raramente ho avuto la grazia di esplorare, ma che in quell’occasione ha fatto vibrare in me qualcosa a cui, ancora oggi, non so dare un nome.
Vorrei raccontarvi la storia di un incontro che mi ha cambiato nel profondo; un incontro che, con una semplice frase, è riuscito a raggiungere parti della mia anima che raramente ho avuto la grazia di esplorare, ma che in quell’occasione ha fatto vibrare in me qualcosa a cui, ancora oggi, non so dare un nome.
Era una normale mattinata di attività da animatore dell’Estate Ragazzi, quando una ragazza delle medie mi si avvicinò e mi disse che aveva bisogno di parlarmi. All'inizio non compresi quanto fosse importante per lei confidarsi; infatti, le prime volte che mi chiedeva di parlare, tendevo a dare più importanza alle attività. Le dicevo che erano importanti per lei, che doveva partecipare e fidarsi delle proposte degli animatori. Ma lei non voleva saperne di questo. Quel giorno voleva parlare, "doveva" farlo, per liberarsi almeno in parte di un enorme peso che si portava dietro da tempo. Sentiva forte il bisogno di condividere con qualcuno ciò che aveva dentro, per alleggerirne il carico.
Dopo aver trascorso l’intera mattina cercando di convincermi, e io a evitarla, poco prima di andare a pranzo si impose, dicendomi: “Ora mi ascolti, punto!” Fu in quel momento che decisi di ascoltarla, senza però sapere ancora cosa mi aspettasse.
Ci sedemmo su una panchina, e lei iniziò a raccontarmi la sua storia. Purtroppo, per ovvie ragioni, non vi racconto nulla di ciò che mi disse quel giorno, ma una cosa posso dirvela; per farvi intravedere la forza di ciò che mi ha raccontato una cosa traspariva maggiormente dal suo sguardo e dal modo di raccontarsi, ed era l’enorme Terrore; (dico Terrore con la T maiuscola perché parlo di quello più concreto e istintuale) era letteralmente Terrorizzata dal “non essere amata”.
Mentre mi parlava, io la ascoltavo, perché era questo di cui aveva bisogno. Tra risate reciproche, lacrime e silenzi densi di significato, dopo un po’ di tempo, quando ebbe terminato di raccontarmi il suo terrore di non essere amata, mi guardò negli occhi e mi chiese
“Tu come fai a volermi bene?”
Ancora oggi, a distanza di mesi, non so come descrivere ciò che quella domanda scatenò in me quel giorno. So solo che da quel momento qualcosa, nel profondo, è cambiato. Una parte di me è ancora convinta che quell'ultima domanda non provenisse davvero da lei e che non si riferisse soltanto al volerle bene. Sospetto che nasconda qualcosa di molto più grande, qualcosa che i miei occhi ancora non riescono a vedere e che va oltre ciò che posso immaginare.
“Tu come fai a volermi bene”? è una domanda che mi interpella nel profondo e che faccio anche a voi che leggete. Come facciamo a voler bene alle persone che incontriamo nella nostra vita? Perché vogliamo bene a quelle determinate persone? Cosa vuol dire voler bene ad una persona e cosa cambia in noi quando i nostri affetti si rendono manifesti?
---
Articolo di: Filippo Masiero
Foto di Nathan Anderson su Unsplash
Versione app: 3.26.4 (097816f)