Temporali estivi

Una lunga esperienza, vissuta a contatto intimo con l'anima dei giovani, aveva convinto Don Bosco che spesso le vacanze sono «la vendemmia del diavolo».

Temporali estivi

da Don Bosco

del 26 gennaio 2006

Una lunga esperienza, vissuta a contatto intimo con l’anima dei giovani, aveva convinto Don Bosco che spesso le vacanze sono «la vendemmia del diavolo». Questo sogno, fatto a Lanzo nel settembre del 1878, è stato per il santo Educatore una conferma dolorosa.

«Sognai — disse — di trovarmi in un luogo a me sconosciuto, nel quale si estendeva un giardino con accanto un vastissimo prato. In compagnia di alcuni amici, entrai nel giardino e vidi una quantità di agnellini che saltavano, correvano, facevano capriole. Quand’ecco si apre la porta del giardino e la maggior parte degli agnelli si precipita nel prato. Molti però si fermano nel giardino e continuano a brucarne l’erba, anche se non è abbondante come nel prato. Ma improvvisamente il cielo si oscura, lampi sinistri lo solcano, rimbomba cupo il tuono.

 

— Che cosa avverrà degli agnelli sparsi nel prato? — pensavo tra me —. Facciamoli rientrare nel giardino, che siano al riparo dal temporale. tuono.

 

Cominciai a chiamarli; poi con i miei compagni cercai di spingerli verso l’entrata del giardino. Ma essi non volevano saperne di rientrare: uno fuggiva da una parte, l’altro scappava dall’altra. Eh, sì, gli agnellini avevano le gambe più svelte delle nostre. Frattanto cominciò a cadere qualche raro gocciolone; poi la pioggia si fece sempre più scrosciante. Visti inutili gli sforzi per far rientrare il gregge, andammo in giardino. Qui vi era una fontana chiusa da un coperchio di marmo, su cui stava scritto a caratteri cubitali:tuono.

 

Fons Signatus (Fontana sigillata). A un tratto si apre, l’acqua zampilla e sale in alto, dividendosi a formare un arcobaleno, ma a guisa di volta come un porticato. Tuono.

 

I lampi e i tuoni si erano fatti più frequenti; cominciò a cadere la grandine. Tutti ci rifugiammo sotto quella volta meravigliosa e ci trovammo al riparo. Tuono.

 

— Quei poveri agnellini che stanno fuori, come se la passeranno? — mi chiedevo intanto.

 

Non potendo resistere, uscii fuori noncurante della pioggia, e mi si offrì uno spettacolo desolante. La pioggia e la grandine ave vano ridotto gli agnelli in uno stato così miserando da far pietà:

 

colpiti in vari modi e violentemente dalla gragnuola, erano stramazzati a terra e, per quanti sforzi facessero, non avevano più forza di rialzarsi e camminare verso il giardino. Intanto era cessato l’uragano.

— Osserva la fronte di quegli agnelli — mi disse la Guida.

 

Su ciascuna fronte si leggeva il nome di un giovane dell’Oratorio. Mi fu quindi presentato un vaso d’oro con coperchio d’argento. La Guida mi disse:

 

— Spalma un pò di quell’unguento sulle ferite degli agnelli e ne vedrai l’effetto prodigioso.

 

Subito mi metto all’opera; ma non appena mi avvicino a uno, esso si trascina via. Vado da un altro, ma anche questo mi scappa. E così tutti quelli che avvicinavo per ungerli e guarirli. Final mente raggiungo un agnellino più malconcio degli altri, che aveva gli occhi quasi fuori delle orbite. Lo tocco con la mano spalmata del misterioso unguento ed egli all’istante guarisce e torna saltellando nel giardino.

 

Allora molti altri agnelli, visto ciò, si lasciarono toccare e guarire ed entrarono nel giardino. Ma ne restavano fuori molti e generalmente i più piagati; questi non mi fu possibile avvicinarli.

 

— Lasciali stare — mi disse la Guida —, vedrai che verranno anche loro.

 

— Vedremo! — dissi io.

 

Deposi il vasetto d’oro e ritornai nel giardino. Questo aveva mutato aspetto e portava sull’ingresso la scritta: ORATORIO. Appena entrato, vedo quegli agnelli che non volevano venire, avvicinarsi, entrare di nascosto e accantucciarsi qua e là. Neanche allora potei avvicinarli e guarirli con l’unguento miracoloso. Anzi alcuni che lo ricevettero contro voglia ottennero l’effetto di vedersi le piaghe peggiorate; per essi la medicina si convertiva in veleno.

 

— Guarda: vedi quello stendardo? — mi disse la Guida.

 

Mi voltai e vidi sventolare un grande vessillo, sul quale era scritto a caratteri cubitali: VACANZE.

 

— Questo è l’effetto delle vacanze — mi spiegò la Guida —. I tuoi giovani escono dall’Oratorio con buona volontà di nutrirsi della Parola di Dio e di conservarsi buoni, ma poi sopravviene il temporale, che sono le tentazioni; poi la pioggia, che sono gli assalti del demonio; quindi cade la grandine, ed è quando cadono nella colpa. Alcuni guariscono ancora con la Confessione; ma altri non fanno buon uso di questo sacramento o non lo usano affatto. Abbilo in mente e non stancarti di ripeterlo ai tuoi giovani, che le vacanze sono una gran tempesta per le loro anime.

 

Stavo ancora curando le piaghe mortali di quegli agnelli, quando un rumore nella camera accanto mi svegliò». È un sogno rivelatore delle sollecitudini assidue, più che paterne, con cui Don Bosco curava l’anima dei suoi giovani al ritorno dalle vacanze. Oggi i mezzi di corruzione sono cresciuti; e se i giovani lasciano l’incontro con Gesù-Pane nella Comunione e con Gesù-Medico nella Confessione, ben difficilmente escono indenni dai pericoli dell’ozio e delle cattive compagnie, propri delle vacanze estive.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

san Giovanni Bosco

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