Questo articolo è stato scritto da un ragazzo del gruppo di 80 Servizio Civilisti che sono stati a Torino lo scorso weekend con i Salesiani. Ecco la testimonianza.
del 16 maggio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
Torino è stata al centro della cronaca in questi giorni.
          Credo che nessuno sia riuscito a scampare  alla valanga di notizie sulla Juventus campione d’Italia, la quale ha raggiunto quota 30 scudetti (o forse sarebbe meglio dire 28??). Oramai il calcio in Italia è argomento principale e il suddetto sport non può più essere ritenuto tale poiché per tante persone è uno stile di vita o addirittura una ragione d’esistenza, a cui dedicano un’attenzione che in realtà non merita ed i recenti casi giudiziari ne sono l’ennesima prova.
Ma il punto non è questo.
          Se la città di Torino è stata sulla bocca di tutti per i più svariati motivi, come la vittoria della Juventus ma anche per situazioni meno futili come in Val di Susa per il No Tav, dobbiamo rendere conto anche della presenza di realtà meno conosciute e meno pubblicizzate, ma le cui attività superano di gran lunga il banale interesse evidenziato dalle notizie che le maggiori testate giornalistiche preferiscono riportare. Di queste realtà si dovrebbe parlare più spesso, perché sono queste che rendono veramente importante una città.
          Di recente sono stato nel capoluogo piemontese e ho scoperto come un’intensa attività da parte di suore, religiosi  ma soprattutto laici come giovani volontari, madri di famiglia, dottori ed insegnanti a titolo gratuito, si adopera con fervente intensità ad aiutare i meno fortunati e le persone più bisognose: o meglio ancora, i reietti e gli emarginati. Questi edifici sono l’Istituto della “Piccola Casa della Divina Provvidenza”, altrimenti chiamata “Cottolengo” dal suo fondatore San Giuseppe Benedetto Cottolengo e l’Istituto del SERMIG (Servizio Missionario Giovanile). Il secondo si autodefinisce “Monastero di Laici” mentre il primo è un istituto della Carità, ma la missione per entrambi è la stessa: accogliere poveri, immigrati, malati, persone con handicap fisici molto gravi (nella presentazione delle attività interne alla struttura del Cottolengo ci ha accolto una ragazza focomelica), anziani, minori, tossicodipendenti, extracomunitari, persone in fuga da Paesi in guerra insomma tutti coloro che la nostra società non saprebbe che farsene, una società che costruisce la propria immagine soltanto su figure che possano rientrare nelle categorie dei calciatori, dei personaggi televisivi, dei politici.
          Il “Cottolengo” apre le porte a persone con situazioni davvero devastanti e l’accoglienza loro riservata interessa sia cure fisiche che socio-morali; così lo stesso fa il SERMIG che, oltre a curare e a sfamare gli ospiti, dà loro la possibilità di reinserirsi nel mondo del lavoro o presenziare a corsi di italiano per chi è arrivato in Italia senza nemmeno sapere una parola della nostra lingua.
          Oltre a queste due strutture, nel quartiere Valdocco della città piemontese, sorge il Santuario di Maria Ausiliatrice che fu eretto per volere di Don Giovanni Bosco, uomo simbolo della città: qui infatti nacque il primo oratorio e iniziarono le prime opere dei Salesiani, che per i ragazzi in difficoltà dedicano la loro intera vita. Don Giovanni Bosco in questo luogo ha dato il via ad un sistema educativo improntato sulla tutela dei ragazzi, tuttora alla base della pedagogia adolescenziale.
          Ecco tre grandi realtà, tre grandi “mondi”, ma allo stesso tempo così piccoli da non essere degne di nota e di interesse da parte della società, che preferisce occuparsi di temi superflui, sterili ed insignificanti: temi che rispecchiano i gusti del consumatore medio che ha bisogno di distrazioni semplici che lo tengano lontano dai suoi problemi quotidiani.
Torino dunque non è soltanto “Juventus campione d’Italia”.
          Nelle vostre città cercate cosa le rende grandi veramente, spesso è dietro l’angolo e non per forza in prima pagina sul giornale.
Federico Trevisani
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