Intervista a P.Sequeri - Le preghiere di tutti per eleggere Pietro. «Tutti siamo in attesa dell'interprete 'giusto' del ministero petrino, ma esso non sarà mai il frutto di un investimento solo umano. È dalla fede e dalla preghiera che otterremo quello che ci serve...».
del 17 aprile 2005
 
Certe volte, anche il vuoto parla: se non altro per far risaltare i pieni. Certe volte un’assenza serve a riunire più di molte presenze. Così anche la sede vacante e il conclave dicono qualcosa della Chiesa nel suo stesso essere, e «parlano»; almeno a un fine interprete come don Pierangelo Sequeri, professore alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale.Don Sequeri, che cosa le dice dunque questa Chiesa in attesa?
«Cominciamo dal negativo. E cioè che sede vacante non significa sede senza Pietro né senza il suo ministero. I quali rimangono; la transizione riguarda solo la persona che li interpreta».Significa che il ruolo astratto prevale sulla persona concreta?
«Piuttosto che la Chiesa è legata al ministero petrino più che ai suoi singoli interpreti, i quali in un certo senso 'transitano'. Quando la figura dell’ultimo Papa si congeda e la nuova sta per arrivare, il fervore popolare connesso a tale passaggio da un lato conferma l’attenzione al ministero petrino che non può mai mancare, dall’altro invece segnala la transitorietà del suo interprete. Rende cioè evidente il carattere non idolatrico della devozione cattolica al Papa».
Insomma, la famosa e vecchia accusa di «papolatria» non sussiste.
«Proprio durante la sede vacante la Chiesa, che spesso viene definita 'l’ultima monarchia assoluta', dimostra di non essere legata ad alcun automatismo dinastico, di sangue o di tradizioni. Tutto ricomincia da zero e il Papa potrebbe addirittura essere qualsiasi battezzato. Direi che proprio in questo momento di attesa la realtà del ministero – l’unica decisiva per la Chiesa e della quale tutti si mettono a servizio – è portata allo scoperto, trasparente più di tutti i ragionamenti sulla non mondanità della funzione papale. Tale libertà di azzeramento ci stupisce positivamente, in un mondo dove domina la tendenza a identificare il servizio con la persona».
Però si parla di toto-conclave, schieramenti, alleanze, candidati...
«C’è anche della saggezza e prudenza nel fatto di non assumere una tendenza quietistica, attendendosi semplicemente qualcosa che piova dall’alto. Però direi che anzitutto, nel momento della sede vacante, nella Chiesa la pressione prevalente vuole azzerare il momento della pura contrattazione e del calcolo strategico, pur nella debolezza umana delle cose. Tutti siamo in attesa dell’interprete 'giusto' del ministero petrino, ma esso non sarà mai il frutto di un investimento solo umano. È dalla fede e dalla preghiera che otterremo quello che ci serve».
Appunto: la preghiera. Che – sostiene la costituzione apostolica sul conclave al numero 84 –  permette all’elezione del nuovo Pontefice di non essere «un fatto isolato» bensì «un’azione di tutta la Chiesa».
«Prima vorrei far notare la prescrizione del numero successivo della Universi Dominici gregis, l’85: dove si raccomanda ai cardinali che non partecipano al conclave perché fuori età massima di radunare i fedeli nelle basiliche per pregare. Proprio così essi assumono in pieno il loro ruolo e diventano i veri 'grandi elettori', perché è attraverso la preghiera che il volume della fede va a pareggiare il piccolo profilo degli inevitabili ragionamenti umani».
Ma un fatto isolato per antonomasia come il Conclave come può essere, in concreto, «un’azione di tutta la Chiesa»?
«C’è un altro punto della suddetta costituzione dove si chiede che i vescovi e le Chiese locali coralmente sostengano il conclave chiudendosi simbolicamente in chiesa a pregare. Su questo la Chiesa si sente allineata coi cardinali, i quali in aggiunta hanno soltanto il compito 'tecnico' dell’elezione. Di più: se una Chiesa non vive il Papa solo come massimo protocollo giuridico della sua organizzazione, non sentirà il gesto della preghiera come impegno distaccato e avrà maggiori risorse di affetti nel corrispondere all’impegno dei cardinali elettori».
Sta dicendo che lo scopo della preghiera non è soltanto quello di «chiamare» lo Spirito Santo su una scelta così ardua, ma anche di aprire le comunità sul senso del ministero di Pietro?
«Esattamente. L’elezione del Papa non è un atto formalistico. È questione decisiva che rimanga viva la partecipazione al ministero petrino per il bene dell’intera Chiesa. E se essa non fa vivere in modo vitale questo tema, nei momenti decisivi il papato rimane una questione burocratica che riguarda le alte sfere ecclesiastiche. Se dunque la preghiera permette di riaffezionare i credenti al ministero petrino, ne guadagniamo tutti: colui che dovrà interpretarlo e noi».
Roberto Beretta
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