Tra l'ulivo e la Croce

Saremo tra la folla e agiteremo i rami d'ulivo, mentre cercheremo il volto di colui che viene nel nome del Signore. La voce del profeta sussurrerà al nostro orecchio e ripeterà i carmi del servo sofferente Jahweh.

Tra l'ulivo e la Croce

 

del 25 marzo 2013

 

           Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi, dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte. Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi sé stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Luca (22,14-23,56) 

          «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). La domenica delle Palme apre la santa settimana. La commemorazione dell’ingresso del Signore Gesù in Gerusalemme è come prologo che in un solo avvenimento racconta l’intero percorso fino alla luce del terzo giorno. Tratti di vita, gioia di festa, dolore di croce. Corre veloce la celebrazione e insieme lega l’osanna esultante di un popolo entusiasta per l’arrivo del Giusto e il crocifiggilo impietoso di chi si sente tradito dalla sua idea di Dio: «Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo» (Sal 22,8). 

          «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21,9) è il grido che scuote la festa. Attesa di miracoli, passione non risolta di un bisogno di Dio che sia uguale ai propri bisogni e rassomigli alla soluzione delle proprie richieste. La folla attende i prodigi, forse ancora moltiplicazione di pani e di pesci, è pronta a farlo re per sentirsi appagata e compiaciuta della facile protezione del palcoscenico miracoloso. Troppo difficile un Dio della croce, altro legno, incredibilmente pesante rispetto alla leggerezza briosa dei rami d’ulivo agitati.  

          Un re crocifisso non è proprio ciò che si aspetta per essere liberati ed è facile che l’osanna, dopo la delusione, si trasformi in crocifiggilo: «Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi» (Is 50,6). Ma il discepolo ricorda gli avvenimenti, consegna al suo cuore il percorso scandaloso della croce perché «sappia indirizzare una parola allo sfiduciato» (Is 50,4).  

          Il discepolo rilegge l’avventura del Maestro di Galilea e tra l’osanna e il crocifiggilo, mentre ha stampato negli occhi il giorno definitivo della Pasqua, ripete a coloro che cercano risposte: «Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio..., ma umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,6.8).  

          La domenica delle Palme celebra il percorso credente fissato tra l’esaltante notizia ricevuta, la fatica del restare fedeli al mandato, l’umiliazione della caduta, la gioia della vittoria. Inizio di un percorso che vuole nella liturgia celebrare la verità teologica di un Dio che ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio unigenito per riscattare coloro che erano prigionieri a causa del peccato e garantire la via d’uscita dalla morte.  

          Un percorso affascinante e commovente che potrà vederci protagonisti di memoria e profezia, se sceglieremo questa settimana come provocazione alla nostra fede per fare strada insieme al Maestro di Galilea e diventare suoi compagni di avventura. Attraverso il tempo che ci è dato, forte di preghiera, di digiuno, di carità, tempo formidabile di celebrazione pasquale, potremmo sentirci contemporanei di quei momenti che hanno segnato la storia dell’umanità. 

          Saremo tra la folla e agiteremo i rami d’ulivo, mentre cercheremo il volto di colui che viene nel nome del Signore. La voce del profeta sussurrerà al nostro orecchio e ripeterà i carmi del servo sofferente Jahweh.

          Prenderemo posto a tavola insieme ai dodici e lasceremo al Maestro di lavarci i piedi, appoggeremo il nostro capo sul suo petto e ascolteremo il battito del suo cuore. Ascolteremo ai piedi della croce il suo dolore, raccoglieremo negli occhi e nella mente il dolore della Madre nel momento del suo ultimo respiro. Attenderemo il terzo giorno per gridare con tutta la forza dell’anima: «Il Signore è veramente risorto» (Lc 24,34).

 

 

don Gennaro Matino

 

http://www.sanpaolo.org

 

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