'Il grande silenzio' documenta la vita dei monaci della Grande Chartreuse nei pressi di Grenoble, la casa madre dell'ordine dei Certosini. Su 164 minuti di proiezione, quelli in cui si sentono delle parole non superano i 15 o 20, per il resto sono le immagini a farla da padrone. Eppure il film, uscito in Germania a fine novembre, è stato il miglior film per rapporto tra spettatori e numero di copie per tre settimane.
del 17 aprile 2006
L’hanno proiettato in anteprima il 26 marzo nella cattedrale di Genova e il 28 alla Pontificia Università Gregoriana. E dal 31 è uscito nelle sale cinematografiche di Roma e d’Italia. Anche Benedetto XVI ne è informato e forse lo vedrà. Il film viene dalla sua Germania e là ha già avuto un impressionante successo di pubblico.
 
Il titolo originale tedesco è “Die Grosse Stille”, il grande silenzio. Titolo più che mai appropriato per 162 minuti ininterrotti di pura contemplazione. Il sonoro è fatto soltanto di rintocchi di campane, di salmodie notturne, di passi, di vento, di pioggia, di pochissimo altro.
 
Proprio come il passaggio di Dio nel Primo Libro dei Re 19, 11-13:
 
“Ecco il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare le rocce, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero”.
 
Queste parole – come altre della Bibbia, non meno potenti – appaiono sullo schermo più volte nel corso del film. Ripetute eppur sempre nuove, come le liturgie in canto gregoriano, come le stagioni della natura, come la vita quotidiana dei monaci della Grande Certosa.
 
Perchè sono i monaci della Certosa i soli protagonisti del film: quelli della Grande Chartreuse di Grenoble, sulle Alpi francesi, madre di tutte le Certose del mondo.
 
Philip Gröning, 46 anni, tedesco di Düsseldorf, vi ha vissuto sei mesi, armato solo di una telecamera e di una cinepresa super 8. Ha fatto tutto da solo: sceneggiatore, produttore, regista, operatore, fonico, montatore. Niente luci artificiali, niente musiche, niente voci fuori campo.
 
Ma proprio per questo il film afferra. È umile e trasparente. Mostra senza spiegare. Penetra nell’anima come seme fecondo.
 
I tempi del film sono gli stessi dei monaci, ai quali Gröning presentò la sua idea, la prima volta, 19 anni fa. E quelli gli risposero: “Fra 13 anni, forse”. E lo richiamarono nel 1999. Nel 2005 il film era pronto, fu presentato al Festival Cinematografico di Venezia, sezione Orizzonti, quella dedicata ai linguaggi sperimentali.
 
Ma nessuno avrebbe scommesso sullo stupefacente successo di pubblico che ha avuto in Germania lo scorso inverno, più dell’ultimo film su Harry Potter. Eppure proprio questo è accaduto.
 
Eppure i certosini sono, tra i monaci, i più nascosti, i più alieni dal dar notizia di sé, i più lontani dal cercare proseliti. I novizi – nel film ce n’è uno che arriva dall’Africa – si accostano a loro per vie misteriose, mai programmate.
 
“Die Grosse Stille” è segno d’una domanda dei tempi, se al suo silenzio contemplativo conquista tanti spettatori.
 
Per coincidenza, negli stessi giorni in cui il film esce nei cinema italiani, c’è in Italia e nel mondo una crescente attenzione al monachesimo certosino.
 
Domenica 26 marzo, in Argentina, il diffuso quotidiano “Clarín” ha pubblicato una grande inchiesta sull’unica Certosa di quel paese, a Deán Funes non lontano da Córdoba, con titolo “A solas con Dios” ed autore Leonardo Torresi: scritta anch’essa con una misura e uno stile non dissimili da quelli cinematografici di “Die Grosse Stille”.
 
In Italia, “Avvenire”, il giornale della conferenza episcopale, ha pubblicato il 22 marzo un editoriale di Fabio Falzone sul film di Gröning. E il 29 marzo ha dedicato ad esso due intere pagine della sezione culturale, con commenti del teologo Pierangelo Sequeri e del poeta Roberto Mussapi. Analogo interesse hanno mostrato anche altri giornali.
 
Inoltre, l’editore Rubbettino ha messo in vendita un libro di Enzo Romeo dedicato alla Certosa di Serra San Bruno in Calabria, fondata nel secolo XI dal santo capostitpite dell’ordine certosino, con titolo “I solitari di Dio”.
 
Al libro è allegato un DVD, con il documentario girato dallo stesso Romeo entro le mura di quella Certosa e trasmesso due anni fa dalla RAI, la televisione italiana di stato.
 
A questi segni d’interesse del grande pubblico per il “grande silenzio” tipicamente certosino se ne possono aggiungere altri, dedicati più in generale alla vita monastica.
 
In Gran Bretagna, il programma “The Monastery”, mandato in onda dalla BBC nel maggio del 2005 con grandi ascolti, avrà presto un seguito in una nuova serie intitolata “The Convent”. Nel nuovo programma, quattro donne condividono per sei settimane la vita del monastero delle Clarisse Povere di Arundel, nel sud dell’Inghilterra.
 
Sandro Magister
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