Esperienze oratoriane a confronto. Intervistiamo alcuni direttori di oratori presenti sul territorio nazionale riguardo l'accoglienza dei ragazzi e giovani in oratorio... È davvero un luogo per tutti? Gli intervistati sono don Carmelo Coco dell'Oratorio salesiano di Gela (Caltanisetta), don Gianni Moriondo dell'Oratorio salesiano di Valdocco (Torino), don Nicola Munari dell'Oratorio salesiano di Pordenone.
del 26 maggio 2006
Presenta il tuo oratorio…
 
Don Carmelo: L’Oratorio nato 50 anni fa, si trova nella periferia di Gela, al “Villaggio Aldisio” (ampliatosi alcuni decenni fa con il richiamo di operai nello stabilimento AGIP, e ora in crisi dopo una riduzione del 70% di dipendenti). L’ambiente è provato dalla crisi economica, dalla mancanza di lavoro (forte emigrazione) e dalla pressione malavitosa.
É frequentato particolarmente dai ragazzi del “villaggio” e dei quartieri limitrofi.
In esso si svolge l’attività catechistica parrocchiale per i ragazzi (circa 550). Sono presenti gli “Scouts d’Europa” con un centinaio di ragazzi e ragazze; un centinaio di preadolescenti partecipano alle attività di 5 gruppi di impegno chiamati “Savio Club”; settanta  adolescenti in 3 gruppi formativi e una trentina di giovani in un gruppo giovanile. Un centinaio sono i coinvolti nelle attività delle due società PGS attive in oratorio. Una trentina partecipano alle attività del CGS PLANET. Inoltre è in corso un progetto aggregativi-formativo per un centinaio di minori.
É positivo il fatto della presenza di una cinquantina di catechisti e una settantina di animatori che seguono le diverse attività organizzate; carente è invece la presenza di “animatori del cortile” necessaria perché l’oratorio è “aperto” a chiunque e ha a che fare con una situazione ambientale di disagio anche giovanile con quotidiane pressioni di disturbo da “branco” e manifeste simpatie-atteggiamenti malavitosi.
 
Don Gianni: L’oratorio di Valdocco (TO) si trova accanto alla Basilica di Maria Ausiliatrice, a ridosso di Porta Palazzo. Storicamente siamo il primo oratorio di don Bosco nato l’8 dicembre 1841. Giuridicamente siamo un “Ente Ecclesiastico con personalità giuridica civilmente riconosciuta con R.D. del 08.08.1942 n. 1104”.
Praticamente siamo una grande famiglia a cui aderiscono sempre molti ragazzi e genitori.
L’oratorio è gestito da un’equipe educativa composta dal salesiano direttore dell’oratorio, dal salesiano incaricato degli ex-allievi, da 3 suore Figlie di Maria Ausiliatrice e da 3 educatori. Con loro collaborano in momenti diversi: 3 novizi salesiani, 4 postulanti FMA ed un folto gruppo di genitori e giovani volontari, tra cui alcuni Cooperatori Salesiani.
La struttura è composta da sale polifunzionali destinate ad accogliere i gruppi delle diverse fasce d’età, dalle aule del catechismo, da tre campi da calcio in erba sintetica, da un campo da basket, dal teatro “Piccolo Valdocco” di 350 posti, da una piccola palestra per la danza e le arti marziali, dai locali destinati all’accoglienza di bassa soglia, dalla sede dell’Associazione “Auxilium Valdocco” con il bar, dal Centro Diurno Aggregativo per ragazzi segnalati dai Servizi Sociali, dalla casa per ferie “Don Paolo Valle-Genzianella” a Gressoney St. Jean (AO).
Ogni gruppo, in base all’età, organizza laboratori, attività sportive in stretta collaborazione con la PGS, iniziative formative come catechismo e riunioni periodiche, feste, gite, doposcuola, Estate Ragazzi, Estate Giovani, soggiorni estivi ed invernali in montagna. Molti sono anche i progetti in cui siamo coinvolti in stretta collaborazione con l’Ente Pubblico.
 
Don Nicola: L’Oratorio Don Bosco è vicino al centro di Pordenone ed è frequentato da ragazzi dai 7 ai 20 anni, non solo italiani ma anche ghanesi, albanesi e rumeni. Gruppi e associazioni presenti sono: Amici Domenico Savio, Agesci, polisportiva (calcio e basket), Cgs, un nutrito gruppo genitori, un gruppo di cooperatori salesiani e un gruppo missionario raccolgono la gran parte dei frequentatori dell’oratorio.
Ci sforziamo di creare familiarità e serenità tra le persone impegnate nelle varie iniziative: dal gioco spontaneo e dall’aggregazione nell’oratorio di base allo sport agonistico, dalla formazione umana e cristiana nei vari gruppi all’animazione ai servizi caritativi e missionari, dalle feste per i ragazzi a iniziative culturali e artistiche. Stiamo aprendo una sala musica per dare uno spazio ulteriore all’espressione di ragazzi e giovani. Un nutrito numero di animatori e di collaboratori adulti (dai 20 anni in su) si dividono tra l’oratorio di base e le diverse associazioni e sono coinvolti nella corresponsabilità educativa.
Aspetti positivi sono una proposta formativa soda presente a tutti i livelli e diversificata per età e situazione, l’integrazione tra ragazzi/e di diverse nazionalità, un’educazione al servizio che passa per osmosi dagli animatori ai ragazzi, un’educazione di ambiente che si realizza grazie ad una presenza sostanziosa di educatori, varie attività dove i ragazzi possono esprimersi e crescere come cristiani impegnati.
Abbiamo anche dei limiti: una proposta culturale ancora poco sviluppata, la mancanza di iniziative al di là dello sport che possano coinvolgere giovani extracomunitari over 17, la poca visibilità delle iniziative a livello cittadino, ma stiamo provando a crescere.
 
 
Punti di più sulla qualità della partecipazione o sulla quantità in modo da poter accogliere tutti? Quali i motivi…?
 
Don Carmelo: Sicuramente sulla qualità, senza chiudere le porte ad altri. La qualità, se c’è, diventa anche invito-proposta per i meno interessati ed aiuta l’oratorio ad avere chiara la fisionomia con cui giornalmente si propone (e la fisionomia dell’oratorio è in gioco ogni giorno…).
 
Don Gianni: “Quanti sono all’oratorio?” è la domanda che quasi sempre mi fanno quelli che vengono a trovarci. La battuta di risposta è sempre la stessa: “Se è per pagare quote saranno quattro gatti, se è per ricevere un contributo assicuro che sono migliaia e migliaia!”.
La domanda se punto di più sulla quantità o sulla qualità dell’oratorio sembra porre in opposizione le due cose. Le migliori “qualità” dell’oratorio (allegria, accoglienza di tutti, spirito di famiglia, generosità, collaborazione, liturgie curate, frequenza ai sacramenti, economia attiva) vengono fuori quando c’è la maggior “quantità” di presenze (durante l’Estate Ragazzi, nelle feste...). É invece reale il pericolo di adagiarsi quando c’è “quantità” e non fare proposte qualitative.
 
Don Nicola: Non credo di avere una soluzione universale. Ogni oratorio è situato in situazioni diverse e deve incarnarsi nel luogo specifico dove si trova dando risposte alle sfide giovanili e mettendo in campo le risorse presenti. Penso che puntare alla qualità della proposta educativa faccia crescere anche l’aspetto numerico. Non dobbiamo considerare mai l’oratorio troppo pieno, ma non credo che per riempirlo si debba perdere la qualità educativa. Se l’oratorio diventa una piazza dove, in nome di una indiscriminata “accoglienza”, trova spazio chiunque mi domando quale debba essere la forza educativa per garantire un ambiente propositivo. Noi puntiamo a garantire un luogo ove i ragazzi possano incontrarsi, stare insieme, giocare, aderire alle diverse iniziative, sentirsi accolti, valorizzati... Essere a casa, ma soprattutto incontrare Gesù Cristo! Per questo ci sono delle regole di rispetto e di collaborazione, sulle quali insistiamo con forza. Il ragazzo/a che non accetta queste semplici norme non sceglie l’ambiente oratoriano. Alcuni giovani o adulti pericolosi dal punto di vista educativo nemmeno devono entrare in oratorio.
Come in una famiglia dove i genitori non sono in accordo e di fronte ai figli si contraddicono, così se in oratorio ci sono figure giovani e adulte che fanno da contro altare alla proposta dei responsabili l’ambiente educativo sfuma e lascia lo spazio alla succursale della piazza... Spariscono i ragazzi e vige l’idea che in oratorio si può fare di tutto. In oratorio lo stile educativo è dettato da noi. Questo non toglie ai ragazzi di fare le loro marachelle e agli adolescenti di essere in crisi, anzi in un ambiente familiare si sentono a loro agio ma ogni intervento educativo ha un forte peso, al punto che la parola degli educatori diventa un orientamento, soprattutto lì dove le figure parentali sono latitanti.
 
 
É possibile, in base alla tua esperienza, accogliere tutti e allo stesso tempo garantire un clima positivo e propositivo in oratorio?
 
Don Carmelo: Possibile sì, con momenti di maggiore o minore fatica, ma possibile.
 
Don Gianni: All’ingresso dell’oratorio c’è un ascritta: “ALT...stai entrando nel primo oratorio di don Bosco. Benvenuto! Ti chiedo tre cosette: il rispetto delle persone, delle cose, degli orari”.
É possibile accogliere tutti quelli che accettano almeno queste tre cosette. La prima proposta che l’oratorio fa è quella dell’accoglienza di tutti senza larvate forme di razzismo. Il rispetto delle persone, delle cose e degli orari permette quel clima positivo, nel quale possono inserirsi tantissime iniziative più impegnative, di ordine formativo, sportivo, culturale...
 
Don Nicola: In questi anni l’obbedienza mi ha portato a vivere e lavorare in oratori diversi e in situazioni molto disparate. Dall’oratorio in zona ricca e borghese a quello a rischio e degradato... Ho maturato la convinzione che in oratorio si possono accogliere tutti coloro che accettano una proposta, ma non tutti ad occhi chiusi. Mi ha sempre colpito come Don Bosco, che si andava a cercare i ragazzi a Porta Palazzo, a Valdocco abbia costruito un bel muro di cinta al suo oratorio e come abbia più volte stilato un accurato regolamento del medesimo. L’oratorio non è per tutti, a meno di non avere un oratorio gigante con un esercito di educatori adulti a tempo pieno... Utopia.
La presenza di persone che in oratorio creano un “controaltare” alla proposta educativa dell’ambiente sono decisamente nocive. L’oratorio non può essere un club per soli tesserati, ma le regole e la presenza degli educatori devono fare da filtro perchè se è vero che siamo per i giovani poveri e abbandonati è altrettanto vero che le cattive compagnie sono da fuggire. Troppe volte si pensa che il buonismo sia l’atteggiamento dell’autentico educatore. Tocco con mano ogni giorno che l’amorevolezza è fatta anche di severità e fermezza. Potrei portare molti esempi su come i ragazzi stimano e apprezzano maggiormente l’educatore che sa essere amico ma non amicone e complice. L’educatore deve sapersi arrabbiare, deve saper recuperare, essere deciso pur in un rapporto cordiale e affettuoso.
 
 
 
Non ti è mai successo di dover allontanare qualcuno? E poi? Come hai recuperato quel giovane, la relazione con lui?
 
Don Carmelo: Come in famiglia anche in oratorio si vivono periodi con turbolenze e rapporti tempestosi. Specialmente con qualche ubriaco o “fatto” sono intervenuto allontanando, ma momentaneamente. Il giorno dopo si arriva ad una presenza più rispettosa  o… alla situazione di partenza di… “lotta” con il prete. Ma come spesso mi capita di dire in queste situazioni: “Meno male che c’è l’oratorio; dove lo trovi un altro posto di cui lamentarti  e in cui provare a fare danno così facilmente e … tranquillamente?”
Del resto questa presenza “scomoda” (rispetto a quella di giovani “tranquilli” o animatori) spesso è la presenza più continua e costante nel tempo… probabilmente la più bisognosa.
 
Don Gianni: L’oratorio ha delle regole: vanno scritte all’ingresso, vanno spiegate minuziosamente con degli esempi pratici, vanno fatte osservare da tutti e non solo da qualcuno. Chi non le osserva deve essere richiamato una volta, una seconda, una terza e forse anche una quarta volta. Se continua a non rispettare le regole, il ragazzo va assolutamente “castigato alla salesiana con il principio della gradualità”: lo guardo di brutto; lo allontano dal gioco o dalla sala; lo invito a raccogliere tutte le cartacce per terra o pulire i gabinetti; lo allontano dall’oratorio un’ora, mezza giornata, due giorni, una settimana, un mese in base alla gravità e perseveranza della sua azione.
Non ho mai allontanato nessun ragazzo per più di un mese... anche perchè in quel mese di assenza in qualche caso ci ha pensato la forza pubblica a tenerlo “al fresco” per oltre un anno. La cosa più bella è stata che, appena uscito dal carcere, è venuto all’oratorio a cercare un aiuto.
 
Don Nicola: Purtroppo ho dovuto allontanare più di qualcuno. Di solito giovani dai 16 ai 20 anni estremamente negativi per i ragazzi a causa del bullismo molto accentuato e di atteggiamenti e comportamenti che manifestavano il non rispetto per persone e cose. Prima di indicare la porta di sola uscita si prova ogni sorta di strategia per recuperare una persona. Quando ogni tentativo risulta inefficace, per il bene dell’ambiente educativo, è opportuno allontanare coloro che non accettano le regole fondamentali. Molti di questi ragazzi torno ad incontrarli fuori dalle porte dell’oratorio (organizzo qualche gita o vado a bermi qualcosa con loro, oppure mi fermo a chiacchierare in piazza) e alcuni tornano, magari dopo qualche tempo, come collaboratori, altri, i più negativi di solito, si allontanano senza ritornare. Con i più grandi, che non sentono nessuna appartenenza con l’ambiente, ma vengono solo per giocare, riserviamo uno spazio dopo cena in modo che il pomeriggio possa essere dedicato ai ragazzi e alle attività delle diverse associazioni.
 
 
«Nato da un catechismo, l'oratorio di don Bosco individua quale missione prioritaria l'evangelizzazione...». Che cosa significa questo per i ragazzi del tuo oratorio che professano un’altra religione?
 
Don Carmelo: I valori evangelici sono irrinunciabili. Si insiste sul rispetto e sulla necessità di un confronto finalizzato al dialogo, e non sulla contrapposizione. Chi viene in oratorio sa che può serenamente stare “con gli altri”.
 
Don Gianni: Proprio perchè sono numerosi i ragazzi e i giovani che non sono cristiani-cattolici, l’oratorio di Valdocco sente ancor più la necessità di predicare con i fatti (...e con le parole) il Vangelo di Gesù, rispettando profondamente tutti, ma chiedendo a tutti il totale rispetto per la tradizione cristiana, cattolica, salesiana del nostro ambiente. La festa di don Bosco è quella che vede la massima partecipazione (anche dei ragazzi mussulmani ci tengono a fare le scenette in teatro con la talare di don Bosco!) ma noi predichiamo che il giorno più bello è la Pasqua, giorno in cui Cristo è risorto. Il giorno di Pasqua, l’oratorio è aperto, sono presenti i ragazzi che non hanno possibilità di fare il week-end di Pasquetta, si distribuisce gratuitamente a tutti (per sottolineare il giorno più bello dell’anno) un grosso gelato, che mangiano con gioia anche tantissimi mussulmani (...perchè per fortuna il gelato non contiene carne di maiale!!!).
 
Don Nicola: La nostra proposta è esplicitamente cristiana cattolica. A tutti i livelli e in tutti i gruppi. Per i ragazzi di altre confessioni o religioni c’è massimo rispetto.
Soprattutto nella PGS c’è una forte presenza di extracomunitari. Quando scendo in campo per incontrare i ragazzi e dire una preghiera dopo un pensiero formativo invito tutti a pregare come sanno o sono capaci. La cosa bella è che nessuno si sente escluso. Ciò che fa breccia nel cuore delle persone è l’amorevolezza. Quando un ragazzo si sente accettato e sente che c’è chi si interessa a lui avverte che la proposta che gli viene fatta è positiva, anche se educato all’interno di una famiglia di un’altro credo.
Più di un ragazzo non battezzato ha chiesto di poter ricevere il battesimo. Sta iniziando così, senza forzare nessuno o fare del proselitismo, una piccola esperienza di evangelizzazione. Ci auguriamo che porti molto frutto. Non mancano i problemi: molti ragazzi di altre religione vengono ammoniti dai loro “pastori” a non frequentare il nostro ambiente oppure di non dare confidenza ai responsabili. Molti tuttavia… disobbediscono.
 
 
Hai un sogno per il tuo oratorio?
 
Don Carmelo: Eccome!!! Un forte e dinamico staff che animi il Consiglio dell’Oratorio e l’intera Comunità Educativa.
 
Don Gianni: Certo che ho un sogno, proprio come don Bosco! Sogno che i giovani cresciuti all’oratorio di Valdocco vadano via quasi tutti... vadano altrove, vadano ad inserirsi nelle mille realtà associative ed aggregative, vadano a crearne di nuove, vadano a portare un clima di famiglia e di allegria, vadano a diffondere valori come la vita, il lavoro, l’onestà, vadano soprattutto con lo stile di don Bosco ad aiutare tanti ragazzi sfortunati.
“Dream your life, live your dream”: affinché i sogni non restino pure velleità ed utopie, con l’aiuto dell’Associazione di Volontariato Don Bosco 2000 si offre a Torino la possibilità di una settimana di comunità ai gruppi che coltivano questi sogni.
 
Don Nicola: L’unico sogno è che diventi sempre più una fucina di vocazioni cristiane autentiche.
don Igino Biffi (a cura di)
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