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Tutti in coda per la moda.

Just for fashion. È solo moda. Ma incide, scava, divide, cataloga, classifica. Senza di lei non sapremmo chi siamo, chi sei, chi sono.Perché la moda è il primo biglietto da visita che abbiamo per stare in società. E i giovani lo sanno. Purtroppo.


Tutti in coda per la moda.

da Quaderni Cannibali

del 17 giugno 2008

“La differenza fondamentale tra gli studenti di ieri e quelli di oggi è che quelli di oggi non portano i maglioni smessi ereditati dai fratelli maggiori”, scrive Daniel Pennac nel suo Diario di scuola.

Ex somaro poi diventato insegnante di lettere, autore della fortunatissima saga dei Malaussène, lo scrittore francese andò un giorno in un istituto tecnico dei dintorni di Lione e cercò di far riflettere i ragazzi - sempre a lamentarsi che i prof li fanno uscire di testa - di come la loro testa fosse in realtà usurpata da altro.

Cominciò con questa domanda:

“Che cosa porti ai piedi?”.

“Ai piedi? Ho le mie N., prof”.

“Le tue cosa?”.

“Le mie N., ho le mie N.!”.

“E che cosa sono le tue N.?”.

“In che senso, cosa sono? Sono le mie N”.

“Come oggetto, voglio dire, che cosa sono come oggetto”.

“Sono le mie N”.

Insomma, ci volle un po’ di tempo prima che qualcuno pronunciasse la parola “scarpe”.

 

Ma quanto mi costi?

Su un blog un ragazzo chiede come ci si deve vestire per essere alla moda. Risposta: “scarpe sicuramente le vans o le tiger, poi cm felpe ci sn le williams, jeans armani, ice-berg e cm accessori D&G... se 6 1 sportivo vai sull'adidas, nike, puma, ecc.”.

Un rapido calcolo consente di affermare – con una certa approssimazione, ma per difetto – che tra scarpe da ginnastica, jeans, giubbotto, felpa, zainetto, accessori vari, cellulari e I-pod, un ragazzo alla moda si porta addosso mille euro, più quelli che ha in tasca.

“Ma quanto mi costi?!”, lamentano i genitori. Tanto. Eppure gli adulti, per quanto lo neghino, non possono farci quasi niente: mettere mano al portafoglio diventa un atto d’amore verso coloro che non si vorrebbe mai e poi mai veder soffrire di solitudine e isolamento. Tuttalpiù, prima di sganciare i soldi, mamma e papà pongono limiti e condizioni, chiedono un maggior impegno scolastico, lavoretti extra, oppure danno fiato alle trombe dei valori, delle cose che contano ecc. ecc., ma alla fine – chi più, chi meno – ci cascano tutti.

 

Minaccia di moda

E se i soldi non ci sono, il problema va risolto con l’arte dell’arrangiarsi. Se non hai griffe addosso, nemmeno le scarpe, o fai l’alternativo (che va tanto di moda) o puoi anche suicidarti, perché questi sono bisogni vitali. Vitali a tal punto che, piuttosto che non soddisfarli, è meglio rapinare e derubare coetanei minacciandoli con oggetti all’ultima moda (ovviamente), come ad esempio le stelle ninja d'acciaio con quattro o sei punte tipiche dei guerrieri giapponesi...

In effetti, le cronache raccontano sempre più di frequente brutte storie di ragazzi che per la griffe farebbero qualunque cosa. Perché se non sei firmato da capo a piedi non vali niente e puoi anche nasconderti la faccia. Sarà per questo che dall’Inghilterra arriva il nuovo accessorio di culto costituito da una giacca da motociclista con cappuccio incorporato che copre testa e volto, con due fessure che lasciano visibili soltanto gli occhi? Si chiama Location Jacket – o “burqa for the boys” – ed è destinato a sostituire le tanto care felpe con cappuccio.

 

Ma il mio inconscio mi dice che…

Così scrive Carola in un altro blog: “Se non siamo vestiti alla moda siamo considerati come ‘inferiori’. Gli adolescenti per andare a scuola devono essere ben vestiti senno sono esclusi da certi gruppi. L'economista Maslow diceva che l'essere umano ha bisogno di appartenere a un gruppo per essere accettato, di questa maniera è forzato a seguire la moda. Secondo me la moda è una trappola in cui cadiamo tutti. Se uno non è vestito alla moda è inferiore, deve essere escluso perché è diverso: quelli che pensano così sono imbecilli”.

E continua: “Per quanto mi riguarda, io ho piuttosto uno stile libero. Mi vesto come mi piace e sono felice così. Però, so che inconsciamente sono molto dipendente dalla moda. Ho bisogno di seguirla, quasi come tutti. È strano, lo so, ma è più forte di me. Voglio essere come gli altri”. Alla faccia dello stile libero.

 

I nuovi santuari

Tutti uguali, sì, per non sentirsi diversi, grazie ad abili strategie commerciali che fanno percepire il consumo come prioritario per soddisfare il bisogno dei giovani di affermarsi e costruirsi una identità. Non per niente, adesso sono i centri commerciali, i nuovi santuari, i luoghi di incontro preferiti dagli adolescenti.

Ecco la riflessione di Marco: “Noi giovani che reclamiamo la nostra indipendenza in fatto di gusti e di scelta del vestiario dobbiamo poi ricadere nella trappola della moda commerciale, che sfrutta questo desiderio di libertà, facendolo diventare oggetto di condizionamento. Forse soltanto rinunciando alla moda e a tutte le sue costrizioni potremmo liberarci da questo condizionamento, ma a pensarci bene, anche in questo caso non saremmo del tutto liberi, perché allora sarebbe di moda non seguire la moda e torneremmo ad essere condizionati come sempre, nel nostro modo di pensare e di comportarci”.

 

Nonna Marketing

E allora, di fronte a Madre Pubblicità, perché non tapparsi occhi e orecchie? A proposito di orecchie, possono essere utili quei tappi alla moda che la Royal National Institute for Deaf – associazione britannica contro la sordità – intende creare per i ragazzi quando vanno in discoteca o a un concerto. Vabbé, lasciamo stare.

Vogliamo concludere con un’altra pagina del libro di Pennac: “... E di colpo mi sono raffigurata la vita secondo Nonna Marketing: un gigantesco centro commerciale, senza pareti, senza limiti, senza frontiere e senza altro scopo all’infuori del consumo! E la scuola ideale secondo la Nonna: un serbatoio di potenziali consumatori sempre più avidi! E la missione degli insegnanti: preparare gli studenti a spingere eternamente il carrello nell’ipermercato della vita... Ah! Insegnanti, quando vi metterete in testa che l’universo non è da capire ma da consumare? Nelle mani dei vostri studenti, cari prof di filosofia, non dovete mettere né i Pensieri di Pascal né il Discorso sul metodo di Descartes, né la Critica della ragion pura, né Spinosa né Sartre, bensì il Grande Catalogo di ciò che si fa di meglio nella vita quale è!”.

Patrizia Spagnolo

http://www.dimensioni.org

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