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Tutto è segno di Lui Martedì

Dio è presente in tutto e tutto è segno di Lui. Come il mio corpo visibile è segno della mia persona e la indica, così tutto il visibile e l'invisibile è segno di Dio e lo annuncia continuamente, inesorabilmente.


Tutto è segno di Lui Martedì

da L'autore

del 01 gennaio 2002

Tutto è segno di Dio. Non esiste luogo vuoto della Sua presenza. Mi ci devo abituare per sopportare il deserto nella città e per animarlo del suo amore.

LODI: salmo 42 – salmo 18 – Cantico del Siracide (Eccl. 42 e 43)

VESPRO: salmo 16 – salmo 130 – Cantico di Zaccaria (luca 1)

LETTURE: Esodo 16 – Colossesi (tutta) – Giovanni 13

Tutto è segno di Lui

Dio è presente in tutto e tutto è segno di Lui. Come il mio corpo visibile è segno della mia persona e la indica, così tutto il visibile e l’invisibile è segno di Dio e lo annuncia continuamente, inesorabilmente.

Non c’è una cellula, non c’è un atomo, non c’è una virgola che possa sfuggire alla unità del tutto che i segni indicano con una logica, una armonia, una unità inesorabile.

I segni mi hanno raccontato la mia storia, mi hanno spiegato i miei desideri, hanno dato luce alle mie domande.

TI segno di un nido di uccelli o di una tana di volpi mi ha sintetizzato l’anima dell’universo intero e la legge di Newton sull’attrazione degli astri mi ha anticipato il Prologo del Vangelo di Giovanni.

La logica di una combinazione chimica mi ha esemplificato l’interdipendenza tra gli uomini e le cose, e la semplice impenetrabilità dei corpi mi ha confermato lo spazio della mia libertà.

Ma dove il segno diventa richiamo costante, indicazione univoca di ciò che vuole indicare e annunciare è nell’annunciare e indicare un’altra Presenza da me.

Ogni cosa che vedo, ogni rumore che sento, ogni alba che torna, ogni incontro che realizzo sono segni di qualcosa, di qualcuno che mi ha preceduto e mi interroga:

Dio.

Certo posso sempre dire: “non ci credo”.

C’è in me – ed è il vero peccato in cui sono immerso – il potere di non credere, il potere di dire no alla speranza; la possibilità di non voler amare ma... statene pur certi: il segno non cesserà di interrogarmi, dovesse aspettare fino alla fine dei tempi.

Nella mia stoltezza posso dire: “non ho documenti sulla tua identità, non ti credo... probabilmente nasci da una generazione spontanea, ti sei fatto da solo, sei frutto del caso ma non è certo questa la strada per ottenere in me la pace e la gioia”.

Tutt’al più posso raggiungere una certa calma, un pizzico di melanconica e arida indifferenza.

L’esultanza e la felicità non saranno mai mie e mi sarà sempre negato un matrimonio d’amore.

Il punto focale del grande ecumenismo di domani

dei credenti di tutto il mondo sarà proprio la preghiera,

cioè il modo di vivere l’atto di fede della presenza

dell’Assoluto in noi. Guardate questo volto di uomo che prega.

È chiara la sua esperienza di essere “abitato”

dallo Spirito di Dio. È proprio al centro di noi

che troveremo l’unità tra tutti gli uomini.

 

O tu che sei in casa tua

in fondo al mio cuore

fa che ti raggiunga

in fondo al mio cuore.

(Da un canto Talmud)

Per afferrare i segni che tu vedi e capirne il significato devi essere piccolo e umile di cuore.

È indispensabile!

Sembra una sciocchezza ma è proprio per questo motivo che molti rimangono fuori della verità: “Hanno gli occhi e non vedono, hanno le orecchie e non sentono” (Matteo 13, 14).

E Dio passa accanto a loro! Gesù avrà parole di minaccia tanto vede grave la cosa: “Se non sarete piccoli non entrerete nel Regno” (Matteo 18, 3).

Capito?

Non entrerete!

L’entrare nel Regno significa tanto per cominciare capire le cose, avvertire il discorso che l’”Invisibile presente” ti sta facendo attraverso l’infinità dei segni in cui sei immerso

come una goccia nell’oceano

come una foglia nel bosco

come una formica su una montagna.

Ma per entrare, ma per capire è necessario un cuore di bimbo.

Devi chiederlo.

Come puoi capire con l’aiuto della sola tua intelligenza?

Il mistero di Dio ha la sede nel cuore dell’uomo e anche se incomincia a farsi sentire nel suo cervello trova la risposta solo nell’amore.

È amando che capisci.

Difatti è l’Amore la comunicazione.

Il segno è spiegato, interpretato, capito nell’amore.

Tu vedi la tua casa ed essa nell’amore diventa il segno di un’altra casa che è il Paradiso.

Tu vedi un convito nuziale e questo diventa per il popolo di Dio, che ama, il segno di un altro Convito Nuziale in cui è annunciata l’intimità tra Dio e l’uomo.

Per chi ama il tempo diventa contrappunto dell’eterno, come lo spazio la prima lettera dell’alfabeto del “non spazio”, il visibile l’ambiente ideale dell’Invisibile e la violenza e la guerra catalizzano nel cuore il sogno della pace universale.

La morte mette nel profondo il primo interrogativo su un Dio che rinnova tutte le cose e che ha il potere di far risorgere suo Figlio dai morti.

Non temere, fratello.

Lo so che è difficile credere ma ti assicuro che è più difficile non credere.

Sforzati di avere un cuore di bimbo, occhi di bimbo e tutto ti sarà più facile.

Fissa le cose, leggi nelle cose: non temere di perdere tempo a passeggiare lungo il mare o a guardare in un microscopio la struttura armoniosa dell’infinitamente piccolo.

L’intuizione di Dio, la fede in Dio nasce proprio là in quel segno che ti è davanti e non per nulla, non per caso ti sta guardando.

Non pensare solo che stai vedendo le cose, sforzati di credere che le cose guardano te: Dio ti guarda attraverso tutte le luci della città in cui cammini la sera e da tutte le nubi che come gregge in marcia transitano sulla tua testa.

Dio ti abbraccia servendosi del vento che ti scompiglia i capelli e ti bacia col primo sole nel mattino.

Le mani di Dio che ti toccano possono essere gli strumenti del tuo lavoro quotidiano e il suo saluto il fischio del treno. che passa nel viadotto vicino a casa tua.

Se vuoi che i segni della creazione che ti circondano non ti distraggano, riempili della presenza di Dio.

Essi ti parleranno di Lui. Se vuoi che le strade che percorri diventino i corridoi del tuo ideale convento pensali nella luce della sua presenza.

Il lavoro non sarà più un impegno che ti allontana dalla preghiera se tu lo realizzi come atto di obbedienza alla sua parola che ti risuona nelle orecchie:

“Lavorerai col sudore della tua fronte” (Genesi, 3, 19).

Gli uomini con le loro infinite contraddizioni non saranno più causa di distrazione per te se ti sforzerai di vederli come li vedeva Gesù sentendo per essi ciò che Lui sentiva:

“Ho compassione di questa folla” (Marco 6, 34). La presenza di Dio che viene a te attraverso i segni trasformerà l’ambiente in cui vivi in un ideale tempio dove tu potrai” adorare Dio in spirito e verità” (Giovanni 4,24).

Ci può essere un deserto più vivo se il tuo lo vedi abitato dal Vivente?

Ma ora bisogna fare un passo avanti.

La presenza di Dio che viene a te attraverso il segno è solo il primo passo.

Poveri noi se Dio si fosse fermato lì! Saremmo ancora nel giardino dell’Eden a cercarlo sotto gli alberi e ad avere con lui un rapporto di buon vicinato.

Ben altre cose sono capitate da allora sotto la spinta di un amore così radicale che è l’amore di Dio!

Dio non ci ha destinati ad essere suoi vicini di casa ma ci ha chiamati ad essere figli. Non si accontenta di dirci “buon giorno”, ma prende su di sé le nostre angosce e il nostro limite finò a morire per noi.

Non ci propone un incontro di idee e di preghierine ma una alleanza di sangue.

C’è da rimanere sconvolti nel misurare l’ampiezza del suo disegno su di noi!

Sono tentato di pensare che sia una necessità imparare a credere poco alla volta a ciò che Lui ci dice, perché se credessimo veramente e totalmente e improvvisamente alla sua parola impazziremmo di gioia.

Ma torniamo al concetto di presenza.

La presenza di Dio nelle cose, nella storia, in me è una presenza vitale.

Dio amandomi mi genera e mi fa suo figlio. La sua presenza in me è una presenza generatrice.

Ci sono però due tempi in questa generazione a figlio.

Il tempo inconscio e iniziale del Genesi in cui lo Spirito si “posa sulle acque e crea” senza chiedermi il permesso e mi fa terra impastata, pezzo di stella, fiore di campo, animale armonioso e il tempo che è “la maturità dei tempi” in cui, come per Maria, lo Spirito mi “copre con la sua ombra” e chiede il mio “ sì”.

Dovendo farmi figlio a sua immagine mi fa libero, volendo farmi entrare nella sua intimità familiare mi dà la possibilità di fuggire di casa.

Il mistero della nostra libertà nasce dalla grandezza del suo amore perché non c’è vero e grande amore senza libertà.

Dio vuole da noi un amore libero perché l’amore è un assoluto.

E gli assoluti non si impongono.

Dio stesso non può impormi di amarlo.

È per questo che la sua è sempre una proposta che chiama alleanza e che nella sua pienezza il Vangelo ama dargli il nome di Regno.

“Il Regno di Dio è vicino” (Matteo 3, 2) annuncia il Battista.

“Il Regno dei cieli è giunto tra di voi” (Matteo 12,28), conferma Gesù.

Il Regno di Dio... è il Dio con noi.

È la notizia che Dio ha messo la tenda fra di noi. Ed è una notizia così gioiosa che verrà chiamata la Buona Novella.

Qui sta il sunto del Vangelo annunciato agli uomini e capace di dare significato sconvolgente alla nostra vita.

Giovanni sintetizza l’annuncio nei suo famoso prologo che da solo basta a renderci felici.

“In principio era il Verbo

e il verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

Egli era in principio presso Dio:

tutto è stato fatto per mezzo di Lui

e senza di Lui niente è stato fatto

di tutto ciò che esiste.

In Lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

la luce splende nelle tenebre

ma le tenebre non l’hanno accolta.

Egli era nel mondo

e il mondo fu fatto per mezzo di Lui

eppure il mondo non lo riconobbe.

Venne fra la sua gente

ma i suoi non l’hanno accolto.

A quanti però l’hanno accolto

ha dato potere di diventare

figli di Dio.

A quelli che credono nel suo nome

i quali non da sangue

né da volere di carne

né da volere d’uomo

ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne

ed abitò tra noi

e noi vedemmo la sua gloria

gloria come unigenito del Padre

pieno di grazia e verità”.

(Giovanni 1, 1-18).

D’ora innanzi la storia della terra è storia di cielo.

Dio e l’uomo sono legati ad un unico destino. Gli interessi dell’uomo sono gli interessi di Dio. Le case dell’uomo sono case di Dio.

Un unico Regno accoglie Dio e l’uomo: è il Regno dei cieli.

Il Regno in cui “Dio ci ha trasferiti liberandoci dal potere delle tenebre” (Colossesi 1, 13) è chiamato Regno dei cieli.

Da questa definizione capisco che è un regno celato perché cielo ha significato “celato, nascosto”.

È una indicazione importante. lo che come uomo, cittadino di questa terra, appartengo ad uno stato e ne ho il passaporto, ho nello stesso tempo in tasca un altro passaporto, quello del Regno dei cieli.

Sono come un partigiano che agisce in un paese non ancora conquistato e che conta di conquistare.

Se farò sul serio, capisco subito che dovrò dare fastidio a qualcuno, anzi oggi mi è chiaro che i regimi totalitari e ideologizzati non potranno sopportarmi e, se mi scopriranno, cercheranno di eliminarmi o di ostacolarmi.

Ma io non ho nessuna intenzione di eliminare qualcuno anche perché sul mio passaporto di seguace del Cristo c’è scritto:

“Beati i misericordiosi

Beati i portatori di pace”

e addirittura

“Beati i perseguitati”.

Che strano questo regno!

Chi lo può capire?

Ciò che è chiaro nel concetto di questo regno è che incomincia oggi, incomincia dalla mia conversione e non attende la mia morte per farmi agire.

Oggi!

È un regno oggi.

Devo agire oggi.

So che è un Regno che non avrà fine, che scavalcherà la stessa frontiera della morte, che si ingrandirà a dismisura oltre il tempo, che è “escatologico” come si ama dire tra di noi, ma che è già tra di noi e che a tutti gli effetti mi deve impegnare.

Nessuno più di Diogneto seppe riassumere la posizione del cristiano come partigiano del Regno dei cieli vivendo nel clima dell’impero romano.

E non per nulla i romani avevano l’impressione che i cristiani avrebbero rovesciato l’impero. Ma essi, i cristiani, pensavano a tutt’ altro e Diogneto diceva:

“I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per il paese, né per la lingua, né per gli abiti.

Non abitano città proprie, non si servono di dialetti straordinari, il loro genere di vita non ha niente di particolare.

Essi non si atteggiano come tanti altri a campioni di una dottrina umana.

Non si distribuiscono nelle città greche o barbare secondo lottizzazioni prestabilite.

Si conformano agli usi locali quanto agli abiti, al cibo e al modo di vivere, pur manifestando le leggi straordinarie e davvero paradossali della loro repubblica spirituale.

Risiedono ciascuno nella propria patria, ma come stranieri in dimora.

Assolvono tutti i loro doveri di cittadini, e sopportano tutti i loro compiti come degli stranieri.

Ogni terra straniera è loro patria e ogni patria è per loro terra straniera.

Sono dunque nella carne ma non vivono secondo la carne”.

(Lettera a Diogneto, 5)

Ora ti spiego con un esempio come si fa a reclutare uno per il Regno dei Cieli.

Lo racconta Luca al XIX capitolo del suo Vangelo.

“Gesù entrato in Gerico attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù ma non gli riusciva a causa della folla poiché era piccolo di statura.

Allora corse avanti e per poterlo vedere salì su un sicomoro, poiché Gesù doveva passare di là.

Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: ‘Zaccheo, scendi subito perché oggi debbo fermarmi a casa tua’.

In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.

Vedendo ciò tutti mormoravano: ‘È andato ad alloggiare da un peccatore’.

Ma Zaccheo alzatosi disse al Signore:

‘Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri, e se ho frodato qualcuno restituisco quattro volte tanto’.

Gesù gli rispose: ‘Oggi la salvezza è entrata in questa casa perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto’” (Luca 19, 1-10).

E Zaccheo è reclutato. D’ora innanzi ha l’esperienza vissuta di ciò che è il Regno dei cieli. Ha capito chi è il Re, ha capito ciò che vuole, ha sentito nel profondo la richiesta e ha risposto con coraggio.

In quell’incontro, tra la richiesta di Dio e l’accettazione concreta, tra la domanda ad essere povero “beati i poveri” e il concreto spogliamento “do la metà dei miei beni” c’è l’”avvenimento”.

Il regno dei cieli non è un complimento, una vuota chiacchiera, una promessa vaga, è un fatto, è l’incontro di due volontà serie e autentiche, è una conversione alla Luce, all’Amore, alla Vita proprio perché Dio è Luce, Amore, Vita.

Tu capisci a che distanza siamo dal Regno dei cieli!

È spaventoso pensarci.

Le nostre sono chiacchiere, solo chiacchiere, sempre chiacchiere.

E a che servono?

È di Gesù la frase “Non chi dice Signore, Signore, entrerà nel Regno ma chi fa la volontà del Padre mio” (Matteo, 7,21).

Per entrare bisogna “fare” non” dire”.

Dio chiede a noi l’impegno di tutto il nostro essere.

È una vera e continua conversione.

Nel Regno sono i fatti che contano.

C’è però un fatto che non è un fatto e che ha diritto di cittadinanza nel Regno dei Cieli: è il “desiderio dei poveri”.

Ed è vasto come l’oceano

Ed è bello come la luce

Ed è caldo come il fuoco.

Il “desiderio dei poveri” è la tensione dolorosa dell’uomo verso un sogno più grande di lui.

Questo capita quando Dio abita l’uomo e gli trasmette il suo calore.

Nella debolezza e nel limite di un povero uomo passa lo stesso desiderio di Dio.

È allora che, bloccato dalla malattia in un letto, percorri tutte le missioni del mondo e umiliato dal tuo peccato languisci dietro sogni di luce e di santità.

Non c’è limite al “desiderio dei poveri” quando entri nelle Beatitudini del Signore della Vita.

È in questo desiderio che essi riescono a identificarsi più da vicino alla stessa Vita, a penetrare nella sua Luce e anticipare su questa terra il suo Amore.

La maggior parte degli uomini su questa terra non riesce a realizzarsi nell’azione.

Chi per debolezza, chi per povertà, chi per ignoranza casca sul sentiero del fare. Sconfitto, umiliato, disoccupato non gli resta che piangere.

Ma dopo il pianto, dopo la “sofferenza” se riesce a capir chi è Dio e cosa vuole fare di lui e della sua povertà, scopre il segreto più grande della vita e del Regno: in Dio non conta fare o non fare, riuscire o non riuscire, conta amare.

E se il mio amore non si è realizzato nell’azione,  si realizza oggi nel mio desiderio di povero.

E se il mio amore non si è realizzato nel matrimonio si realizza nel sogno che avevo di lui.

E se il mio amore non si è realizzato nel celibato si può realizzare nella sete che avevo di lui.

Non c’è limite al desiderio e possiamo veramente dire:

“Noi siamo i nostri desideri.

lo ho ciò che ho desiderato”.

Nell’azione ho scoperto il mio limite e la mia  impotenza, nel desiderio ho realizzato il mio vero I sogno, nel reale ho capito la terra, nel desiderio ho intuito il Regno.

Guai a noi se il Regno di Dio fosse il risultato dell’azione di tutti gli uomini. Oltre che essere una ingiustizia perché sarebbe il retaggio dei forti, degli intelligenti, dei capaci, dei furbi, sarebbe una ben piccola cosa.

No, il Regno di Dio è il risultato di un immenso desiderio nato nel cuore dei poveri e trasferito nel cuore squarciato del Povero per eccellenza: il Cristo.

 

Carlo Carretto

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