Un “clic” di meno. Un bacio in più

Le nuove tecnologie rischiano di trasformarsi in strumenti di discriminazione e disumanizzazione per i giovani. Basta un semplice gesto della mano, che spinge il tasto d'accensione del computer. Con quel piccolo gesto si aprono improvvisamente scenari infiniti, illimitati. Ma siamo ancora in tempo per cambiare rotta.

Un “clic” di meno. Un bacio in più

da Quaderni Cannibali

del 14 febbraio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

         L’esplosione delle nuove tecnologie, negli ultimi anni, si può paragonare ad un autentico terremoto che ha rivoluzionato la vita e le relazioni dei giovani. Tutto è cominciato negli anni novanta, con l’avvento di internet e dei telefoni cellulari. Un tempo, per comunicare dall’Italia con una persona che si trovava negli Stati Uniti bisognava spendere tanti soldi o attendere l’arrivo di una lettera per intere settimane. Oggi tutto è cambiato. Basta un semplice gesto della mano, che spinge il tasto d’accensione del computer.

         Con quel piccolo gesto si aprono improvvisamente scenari infiniti, illimitati. In pochi secondi si può dialogare con un amico che si trova dall’altra parte del mondo. E tutto questo ci dà un’illusione di onnipotenza, di potere, di forza straordinaria racchiusa nel semplice “clic” del proprio mouse.La qualità della comunicazione         A poco a poco le tecnologie sono diventate sempre più sofisticate. Cellulari e internet sono diventati una cosa sola. Non si è più schiavi di un cavo. Ci si può connettere ovunque: in un bar, in treno, in una biblioteca, in un pub, in un fast food…         Tutto questo è bellissimo. Possiamo immaginare quanti buoni frutti può produrre lo sviluppo di una buona comunicazione, che ha lo scopo di fare del bene e di abbattere divisioni e conflitti tra i popoli. Ma c’è, purtroppo, anche un altro aspetto che non si può trascurare. È vero che oggi si comunica di più. Ma abbiamo provato a chiederci: qual è la qualità della nostra comunicazione? E’ una comunicazione vera, sincera, autentica? Oppure è una comunicazione distorta, mascherata, disumana, frenetica, polemica, superficiale?         E c’è anche un altro interrogativo da porsi. Siamo, indubbiamente, nell’era dell’immagine e dell’apparenza. Tutti questi strumenti supertecnologici che ci collegano ad internet passeggiando per la strada rischiano di diventare occasioni di discriminazione sociale per i giovani. Esiste certamente una corsa all’acquisto dell’ultimissimo modello di computer portatile o di telefono cellulare, che sembrano essere mezzi necessari per sopravvivere all’interno del gruppo, del branco, della comitiva in cui tutti hanno quell’oggetto. Per questa ragione devi necessariamente averlo anche tu, per non rischiare di essere considerato un extraterrestre.Le responsabilità dei genitori         “Ma come… Non ti sei ancora comprato il supercellulare che, oltre, a telefonare, fa anche gli spaghetti alla carbonara?” “Non hai ancora il computer con il programma che traduce in ventisette lingue, comprese quelle dei cani, dei gatti e degli uccelli?” “Non hai l’ultimo videogioco sanguinario in cui si tagliano teste, si distruggono grattacieli e si spianano le montagne?” “Non hai l’abbonamento televisivo che ti permette di vedere le partite di calcio di tutti i campionati del mondo e anche degli altri pianeti?”.         Sono tutti interrogativi che si possono facilmente ascoltare tra i giovani, semplicemente prendendo l’autobus o incontrandoli in qualunque altro posto. E dopo questi interrogativi arriva inevitabilmente la sentenza di condanna finale: “In che mondo vivi, se non hai tutte queste cose? Sei un cavernicolo. Il tuo destino è quello di essere un miserabile emarginato, perché non hai tutte queste cose: le nuove tecnologie che farebbero di te un uomo vero, grande e rispettato”.         Ecco perciò che nasce il bisogno di fare un passo indietro. Le nuove tecnologie esistono, sono belle, ma non possono diventare divinità da adorare. Non possono generare diversità. Altrimenti, in un colpo solo, finiscono per annientare tutto il potenziale di bene che hanno dentro.          Chiediamoci: per un giovane, è veramente necessario cambiare cellulare ogni mese? E’ veramente necessario perdere giornate intere navigando su internet, drogarsi di videogiochi, di chat e di social network? Anche i genitori hanno responsabilità molto gravi. Creano intere generazioni di figli intrappolati nelle celle d’isolamento dell’apparenza, ogni volta che cedono alla violenza del “Dammi i soldi subito, perché devo comprare il nuovo computer o il nuovo cellulare”.         Ci rendiamo conto, poi, dei rischi che si corrono lasciando un ragazzino solo davanti ad un computer collegato ad internet? Molti genitori ansiosi non lasciano più uscire i figli, perché hanno paura che incontrino qualche pedofilo o maniaco sessuale. Ma lo sanno che qualunque minorenne, oggi, ha la possibilità di accedere facilmente a filmati pornografici su internet, senza alcun controllo? Lo sanno che alcuni pedofili agiscono proprio attraverso la rete, approfittando dell’ingenuità di chi è piccolo e indifeso?L’altro non esiste         Una volta esisteva la straordinaria bellezza della piazza, del parco, del cortile, del campetto di calcio dove si trascorrevano pomeriggi meravigliosi. Si parlava, si dialogava, ci si conosceva attraverso il gioco. Si socializzava subito. Si imparava a conoscere l’altro fin dai primi anni della propria vita.

         Oggi l’altro è uno sconosciuto. Lo si conosce troppo tardi, perché l’egoismo dei genitori intrappola i ragazzini in case-prigioni che guardano il mondo attraverso il buco della serratura di internet. L’altro non è più un coetaneo. Non è più un amichetto. E’ un rivale con il quale gareggiare e vincere la sfida all’acquisto dell’ultimo status symbol. L’altro è una fotografia, spesso falsa, appesa nella confusione dei social network, in cui si gareggia al collezionismo del più alto numero di contatti virtuali.         “Io ho raggiunto 500 amici. E tu?” “Io ne ho quasi mille”. “Entro la fine dell’anno voglio arrivare a duemila”. Ma che cosa vuol dire “amico” oggi? Che significato ha assunto questa parola nella sconfinata deriva di internet? Eppure, all’inizio, non sarebbe dovuto essere così. L’obiettivo iniziale dei social network era buono. Era quello di comunicare con sincerità e con i veri amici. Ma poi la vanità ha preso il sopravvento. Ha vinto, come sempre, l’apparenza, l’immagine, la gloria, la soddisfazione personale. “Guarda quanti amici ho! Guarda come sono famoso! Voglio diffondere il mio messaggio, il mio pensiero al mondo intero. Sì! Voglio espandermi nell’universo!”         Se proviamo a guardare in faccia la realtà, non possiamo fare altro che riconoscere la miseria, il cattivo gusto, la piccolezza, l’inganno che si cela dietro un cattivo uso delle nuove tecnologie. E’ necessaria una riflessione urgente su questo tema, per evitare che i giovani vengano ulteriormente risucchiati da certe contemporanee mostruosità. Il disumano non può trionfare sull’umano. L’apparenza non può dominare la sostanza. La finzione non può sconfiggere la realtà. La schiavitù non può apparire più bella della libertà…         Ma tutto questo dipenderà da noi. Soltanto da noi. Se sapremo offrire ai giovani una visione del mondo più autentica, con qualche “clic” di meno e qualche abbraccio, bacio o stretta di mano in più.

Carlo Climati

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