A tutte le intervistate sono state rivolte le stesse domande. Innanzitutto: Religiosa perché? A seguire: Religiosa per chi? Come leggere la Chiesa oggi? Quale futuro per la vita religiosa? Tutte le testimonianze attestano quanto sia importante, per capire che direzione dare alla propria vita, l'esperienza familiare e parrocchiale...
del 06 marzo 2012(function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));
 
          Cettina Militello , su richiesta del Centro Studi USMI, ha intervistato alcune consacrate nel contesto di un supplemento di Consacrazione e Servizio, orientato a ripensare la vita religiosa femminile. A tutte le intervistate sono state rivolte le stesse domande. Innanzitutto: Religiosa perché? A seguire: Religiosa per chi? Ancora: Come leggere la vita religiosa oggi? e: Come leggere la Chiesa oggi? Quale futuro per la vita religiosa? Infine: Qual è oggi il compito della Chiesa e, in essa, della vita religiosa?Tra le intervistate, diverse consacrate hanno concluso il curriculum accademico teologico e alcune insegnano in una Facoltà teologica. Ciò che emerge per la maggior parte è la sensibilità alle mutazioni in atto e alla problematica relativa al futuro della Chiesa e in essa della vita consacrata.La maggior parte delle intervistate sta 'nell'età di mezzo', con esperienze di vita contemplativa , di vita apostolica e di forme nuove di VC. Molte di loro sono responsabili di comunità. Altre sono coinvolte direttamente nel progetto formativo della propria congregazione.Una fiducia ricambiata
          Tutte le testimonianze attestano quanto sia importante, per capire che direzione dare alla propria vita, l'esperienza familiare e parrocchiale. Vivere in una famiglia con radici cristiane, che testimonia la coerenza delle scelte quotidiane e soprattutto la fedeltà nell'amore, rende più semplice l'inserimento nella vita ecclesiale, nella comunità parrocchiale, dapprima per ricevere, poi per restituire quanto ricevuto.«I molti impegni, che fin da adolescente sono stata invitata a prendere, mi hanno aiutato a sentire che la vita riceve senso solo quando diventa vita donata. La testimonianza di religiosi e religiose contenti e convinti, che avevano la cura pastorale della mia comunità parrocchiale, credo sia stata un seme sparso, a loro insaputa, della chiamata del Signore a seguirlo nella vita religiosa».(sr.Marina Beretti)
          Quando la vocazione ha un retroterra concreto di esperienza e di fiducia ricambiata, si è portati più facilmente a sentire la fiducia in ciò che Dio chiede e ad affidare a lui tutta la vita.Ancora sr.Marina afferma: «Sono convinta che proprio le persone incontrate, soprattutto i giovani, mi hanno consegnato giorno per giorno la mia personale vocazione. Sono le loro condivisioni, il camminare insieme nella loro storia personale - che pian piano si manifestava come storia personale di salvezza -, la quotidiana ricerca di fedeltà dentro le fatiche che la vita non risparmia a nessuno, gli errori e il ritrovare cammini di vita, la passione per l'incontro con la Parola e per imparare a seguire Gesù... tutto questo mi fa capire che la vocazione non mi è stata semplicemente data in anticipo, ma consegnata giorno per giorno». Ciò è confermato dalla testimonianza di sr. Viviana Ballarin: «Il cristianesimo è una Persona, Cristo, ed essere cristiani, essere religiosi/e significa prima di tutto vivere come persone che hanno incontrato questa Persona e abitano l'incontro con questa Persona, in ogni passaggio di vita. Incontrare Gesù, significa riconoscerlo, ritrovare la propria identità e 'correre' per annunciare a tutti la buona notizia della vita nuova».Il significato di una parola temuta          Il termine 'vocazione' - parola chiave che sta all'origine della narrazione della vita consacrata delle intervistate - è una parola più temuta che amata dai giovani, perché parla di scelte, di futuro, di 'per sempre'. È una parola lontana da loro fino a quando non scoprono il suo vero significato: riconoscere in essa l'espressione dell'amore di Dio e il proprio modo, personale e originale, di rispondere all'amore.«La pastorale vocazionale non deve essere considerata un aspetto della pastorale o un problema emergente per la cosiddetta 'crisi delle vocazioni', ma 'l'espressione stabile e coerente della maternità della Chiesa' (NVNE 13c), che educa i suoi figli a fare scelte di vita stabili e fedeli. In sostanza di cosa èi segno la vocazione? «Innanzitutto del primato di Dio sulla vita - risponde sr.Marina - e di una vita che curi la dimensione spirituale e ponga al suo centro l'incontro con Cristo, la celebrazione dei suoi misteri, l'ascolto della sua Parola, la partecipazione all'Eucaristia. Questo vissuto diventa particolarmente eloquente oggi, dove la paura dell'interiorità sembra predominante, oppure viene ricercata come fuga da se stessi e dagli altri. Qui sta la profezia per l'uomo e la donna di oggi. Qui sta anche l'impegno dei religiosi e delle religiose a lasciarsi convertire dal Signore. Essi sono chiamati a far sì che la vita interiore sia alimentata con tempi personali e comunitari di preghiera, e soprattutto che si attui quel processo di conformazione a Cristo che non può mai dirsi completato. Il cammino di educazione alla vita spirituale e alla vita interiore - una delle urgenze maggiori nell'attuale contesto ecclesiale e sociale - passa solo dal farne una personale esperienza».Tra fragilità e forza della Grazia          La testimonianza di sr. Anna Maria Cànopi ci aiuta a capire quale sia il compito proprio della Chiesa nell'attuale situazione di crisi. «Non si può negare che stiamo vivendo in un momento di 'crisi di civiltà'. Mentre sono crollati i grandi sistemi filosofici, politici ed economici del XIX-XX secolo - con un altissimo prezzo di vite sia in senso fisico che spirituale - non si è in pari tempo ancora delineato un nuovo volto di civiltà rispettosa dei veri valori umani. Si sta piuttosto assistendo a un doloroso riflusso, ad un preoccupante ripiegamento individualistico, con il conseguente diffondersi di una mentalità relativista, i cui drammatici risvolti sono l'arrivismo fino alla violenza e alla menzogna, il libertinismo fino alla volgarità e all'immoralità, ma anche la solitudine fino all'angoscia. Sono queste le nuove forme di povertà di una società disorientata e sgretolata. In tale contesto, il grande rischio è di chiudersi sempre di più nella sfera privata, disinteressandosi del bene comune. Ma la Chiesa, il cristiano, non può accettare tale disimpegno, perché l'attuale stato di sgretolamento sociale porta alla frantumazione di quel fragile vaso di creta che contiene un tesoro, poiché si tratta di 'frammenti' di umanità redenta da Cristo. Occorre, dunque, raccogliere i cocci, tornare pazientemente ad unirli... Proprio in questo la vita consacrata ha un immenso compito da svolgere e in modo molto semplice: vivendo radicalmente il Vangelo». Solo così rimarrà 'segno' credibile.          Sr. Marina Beretti sostiene che «un ambito in cui la vita religiosa si manifesta come 'segno' è quello del consegnare tutto di sé a Dio e alle persone che sono affidate. Un modo di vita 'alternativo'. Ne sono espressione viva i voti religiosi, che interpellano le più intime fibre della vita di una persona: la sua capacità di amare, di possedere, di gestire la propria libertà. Valori permanenti, ma anche contestati dalla cultura di oggi, a cui non si risponde a forza di parole, ma con l'umile coerenza, con uno stile di vita non rigido, ma semplicemente credibile, perché vissuto con gioia, riconoscendo che alla personale fragilità viene in aiuto la forza sorprendente della grazia».Il domani si costruisce oggi          Sr. Viviana Ballarin sostiene che «la vita religiosa non potrà mai morire né mancare nella Chiesa. Le forme della vita religiosa stanno cambiando e cambieranno ancora; alcune Congregazioni finiranno di esistere e ne nasceranno di nuove. Ma questo non fa problema, anche se i cambiamenti sono e continueranno ad essere lenti, faticosi e dolorosi. Ci sono molti germogli di novità e molte forme nuove nel modo di vivere la vita religiosa; è importante avere il coraggio di accoglierle, ma anche di rimanere fedeli alla propria identità». Sr. Beretti risponde con note di speranza: «Quando si guarda al futuro si compie in noi un atto di speranza. Per il credente in genere, e per la vita religiosa in particolare, è irrinunciabile guardare oltre il presente, e leggere il domani nella luce della speranza. Deve crescere in ciascuno la consapevolezza che il futuro non capita, ma lo si sceglie. Futuro non è fare delle previsioni, più o meno corrette, di come andranno le cose, ma come potrebbe essere se si pongono alcune condizioni e si mettono in atto alcune scelte. Il futuro lo si costruisce sapendo intercettare quali sono le domande che l'uomo e la donna di oggi pongono alla Chiesa e alla società. Questo chiede flessibilità e disponibilità al cambiamento. Chiede di essere meno legati alle proprie strutture o alla conservazione delle proprie opere, per saper vivere in continua conversione che dona la capacità di riconoscere nuovi orizzonti, nuovi ambiti di intervento, nuovo stile di presenza». «E ciò che è nuovo come l'aurora, - afferma sr. Pina Del Core - ha sempre la notte o il tramonto alle spalle. 'Notte o tramonto' quando si corre il rischio di lasciarsi andare. In effetti le nostre tentazioni più frequenti sono oggi la stanchezza, la demotivazione, la rassegnazione allo status quo, la perdita di speranza e di fiducia nelle nuove possibilità racchiuse nel presente, ma soprattutto la mancanza di fede, l'infiltrazione di una logica consumistica e di una forma di ateismo pratico, il relativismo, la frammentazione della vita, la paura del nuovo e di ciò che è sconosciuto. Ma il rischio più sottile che si insinua nel tessuto quotidiano della vita consacrata è quello di non credere più alla potenza trasformatrice dell'educazione e della formazione, alla necessità della conversione, alla santità di vita possibile, alla comunità, al carisma come dono e come compito. Occorre ridare fiducia a una vita consacrata possibile, pienamente consapevole della sua identità profetica. Occorre avere fiducia nelle mediazioni con cui da sempre il Signore Gesù si manifesta e accompagna il suo popolo nella storia, recuperare fiducia nella capacità di incontrare i giovani e di accompagnarli lungo le strade di una crescita integrale, imparando a dialogare con la cultura e a sintonizzarsi con le loro aspirazioni e le loro preoccupazioni».
          «È importante restare aperti a ciò che si profila all'orizzonte, vagliando attentamente la trasparenza delle scelte e motivazioni di quello che si fa. Solo così ci si pone di fronte alle nuove sfide, riconoscendole e servendole. Alcuni cambiamenti 'imposti' alla vita religiosa dalla realtà hanno contribuito a valorizzare la collaborazione con tutti, in particolare con i laici, scoprendo la bellezza e l'arricchimento della comunione tra le vocazioni». (sr.Marina)Il sogno dell'ecclesiologia di comunione          Sr. Elena Bosetti afferma che la Chiesa in Italia vive oggi una stagione faticosa. «Si avverte l'urgenza di una nuova missionarietà, di un dialogo più aperto e coraggioso con le diverse culture e religioni presenti sul territorio. L'emergenza educativa è in primo piano, ma a governare (ai vari livelli) è troppo spesso la paura, e manca il soffio audace della profezia. Rimontano ataviche nostalgie, specie in ambito liturgico. Sul piano della catechesi e della comunicazione della fede si registrano esperienze significative di cambiamento di prospettiva, in linea con le indicazioni CEI sul volto missionario della parrocchia, che sollecitano a innervare. di primo annuncio tutte le azioni pastorali. Tuttavia sono presenti notevoli resistenze nel passare dal modello tradizionale d'iniziazione cristiana, centrato sui bambini e ragazzi, a una configurazione della catechesi in prospettiva catecumenale che coinvolge gli adulti in un processo di riscoperta della fede. Il clericalismo non è affatto debellato, anzi si rivela un male persistente. L'ecclesiologia di comunione non si è incarnata o fatica molto ad attuarsi in una pastorale di comunione, con adeguate forme/strutture di partecipazione e corresponsabilità. L'auspicata conversione pastorale implica ascolto delle diversità, rispetto delle differenze, valorizzazione dei diversi carismi e ministeri. Ma la collaborazione si rivela difficile, non di rado per contrastanti visioni di Chiesa e di pastorale».
          Anche sr. Giulia Cappozzo sostiene che ancora lungo è il cammino da compiere. « L'ideale di una piena comunione tra chiesa locale e vita religiosa, prospettato in tanti documenti, deve fare i conti con le fatiche di una comunione reale dentro la storia. Siamo tuttavia chiamate ad aprirci all'oggi e al futuro con nuovo coraggio, che metta in moto la nostra immaginazione lanciandoci verso iniziative audaci e profetiche, che si amalgamano con l'annuncio di Gesù Cristo. E questo attraverso l'inculturazione, il dialogo interreligioso e interconfessionale, l'opzione per gli ultimi e gli esclusi, le nuove forme di comunione, l'allargamento progressivo della vita comunitaria alla parrocchia, alla diocesi, alla città. Per questo è necessario prendere le distanze da una vita religiosa in cui la dimensione personale e comunitaria sia di scarsa qualità umana. Urgono proposte spirituali che sappiano assumere e reinterpretare l' 'umanità' attuale. Occorre una solida spiritualità dell'incarnazione per saper scendere nel vivo dei processi. Solo assumendoli, con l'aiuto di intelligenti e flessibili regole di vita, potremo offrire noi stesse come segno di una novità dello Spirito».
          La risposta conclusiva di sr.Elena Bosetti incoraggia il sogno di una ecclesiologia di comunione: «Non mancano segni che fanno sperare in un mattino nuovo. Sono luci percettibili in una prospettiva di fede legata al mistero pasquale, dove il morire porta già in sé la imprevedibile fecondità dello Spirito. Sorgerà una vita religiosa sicuramente minoritaria, ma forse più significativa per la Chiesa e l'umanità, capace di una fedeltà dinamica che privilegia le scelte essenziali: l'affermazione del primato di Dio e della sua Parola, la gioiosa sequela del Signore Gesù, una vita comunitaria di spiccata qualità umana e religiosa che, come amava dire padre Benedetto Calati, passa 'dalla grazia dei muri alla grazia dei volti'. La vera sfida sarà quella della fraternità. Le comunità miste possono costituire un autentico kairòs, una situazione davvero favorevole per il superamento di noti limiti presenti nelle comunità formate da sole donne (o soli uomini). Ma occorre vigilanza spirituale e formazione solida. Vanno incoraggiate anche le forme di vita religiosa con la partecipazione degli sposati, senza ingenuità, ma con fiducia, nel convincimento che i consigli evangelici non sono monopolio dei religiosi».Dono e compito          «La vocazione è un dono di Dio che si radica nel Battesimo e si configura come una chiamata a divenire discepoli di Cristo in qualunque situazione o scelta di vita. È appello che esige una risposta, la quale si attua mediante l'impegno di un'adeguata e continua formazione. Discepoli si diventa - afferma sr.Pina Del Core - e ciò comporta tutta una serie di passaggi interiori e di percorsi maturativi che la persona mette in atto proprio attraverso la formazione, che consiste innanzitutto nell'accogliere con gioia il dono della vocazione e nell'esservi fedeli ogni momento dell'esistenza con l'impegno della vita. Così la vocazione da 'dono' ricevuto si trasforma in 'compito', mai del tutto concluso, sempre in movimento verso una compiutezza che troverà la sua realizzazione piena nell'incontro definitivo con Dio. L'esperienza vocazionale, così come essa è vissuta lungo il tempo e nelle diverse stagioni dell'esistenza, si configura inizialmente come intuizione e carisma, come attrazione e scelta, per divenire in seguito identità e cammino. Perché questo si compia è giunto il tempo di ritrovare vitalità nuove, di certo inedite: 'la crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole, a trovare nuove forme d'impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità' (Caritas in Veritate 12)».
          Al riguardo sr. Riccarda Lazzari amplia la riflessione. «I religiosi, che testimoniano nella propria vita il carisma ricevuto, contagiano di amore, irradiano pace e speranza con la loro stessa presenza. Vivere una vita sobria e semplice: gli evangelicamente poveri, sono capaci di condividere con i poveri i beni, i disagi e le ristrettezze. Essere capaci di relazione: aperti cioè all'accoglienza, all'ascolto, al dialogo. Questa capacità rende la vita religiosa 'esperta in umanità', oggi forma urgente di evangelizzazione. Essere testimoni e artefici di comunione: la vita fraterna in comunità è segno visibile della comunione che fonda la Chiesa. La vita religiosa, fin dal suo nascere, ha colto quest'intima natura del cristianesimo, e ogni comunità religiosa si è sentita sempre in continuità con il gruppo che ha seguito Gesù. Vivere il primato della preghiera liturgica e contemplativa: i religiosi/e devono essere uomini e donne di ascolto della Parola, di adorazione e di contemplazione. I conventi e i monasteri devono essere poli di attrazione e di speranza in cui l'esperienza del Risorto contagia tutti. Questa è l'evangelizzazione fondamentale richiesta alla vita consacrata, di cui oggi il mondo ha estremamente bisogno».
          A conclusione, sr.Gabriella Tripani invita alla fiducia: « Il desiderio di una vita consacrata non mancherà mai nella Chiesa. Come questo desiderio si esprimerà domani, non lo so, ma la vita religiosa non è una nostra idea da salvare a tutti i costi o a cui rinunciare perché non tira più. È l'amore di Dio che attrae e suggerisce risposte. Limiti di oggi e limiti di ieri, non bisogna avere paura della storia, ma dare il proprio contributo nell'oggi. Occorre l'umiltà della fede per non pensare che tutto dipenda dalle nostre analisi e dalle nostre soluzioni. Occorre l'umiltà dell'intelligenza per capire le riduzioni di ieri e di oggi. Occorre l'umiltà della fantasia per immaginare che qualcuno dopo di noi saprà andare avanti».
Gellini Anna Maria
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