Un pastore, in silenzio

Giochiamo con il pastorello del presepe. Chiediamogli di raccontarci cosa c'era nell'aria di quei tanti Natali che ha vissuto. Allora il pastore barbuto c'era: non quello di gesso, ma quello in carne ed ossa. Per incanto il presepe, costellato di statuine, si trasforma in un presepe vivente. È un presepe che vive grazie alle domande della piccola Lucia...

Un pastore, in silenzio

da Iniziative in tour

del 16 novembre 2012 

Il nuovo libro "Alla capanna", di Stefania Raymondo - Joram Gabbio

Tutti davanti alla capanna: Gelindo con la sua capra sulle spalle ed il Piemonte nel cuore, Benino, il musico e il pescatore; gli immancabili asino e bue, rischiarati dalla cometa, e poi il gallo e l’oca, le pecore e i cammelli venuti da lontano. Per incanto il presepe, costellato di statuine, si trasforma in un presepe vivente. È un presepe che vive grazie alle domande della piccola Lucia, e si anima nelle riflessioni della penna e nei tratteggi della matita: parola e grafica si aggirano tra le statuine, centenarie, per raccontare un incanto che si perpetua, ed apre squarci a meditazioni che vibrano nel tempo e nello spazio.          

Attorno alla capanna ecco tutti noi, famiglie di ieri e di oggi, che si specchiano negli occhi brillanti dei bimbi, e si scoprono in un ritratto tra le pagine. La carta odora della fragranza del muschio, raccolto nei nostri boschi, e non si sa mai che, qua o là, possa spuntare un sorprendente pellerossa d’autore, intruso ma non troppo. Mancano Giuseppe, Maria e Gesù? Impossibile. Da qualche parte ci saranno: sono loro i protagonisti. Domandatelo a Lucia.

Nella corsa della vita, il testimone è quella capanna, che un giorno passerà a te, cara Lucia. Nella memoria delle generazioni scorgerai l’umanità affratellata, al riparo d’una casupola di duemila anni fa. 

Cara Lucia, 

da bambino uno dei miei pastori preferiti era quello che solitamente trovi davanti alla capanna. Forse è stato pensato per accudire un branco di pecore, tuttavia a me è sempre piaciuto collocarlo davanti a Gesù. Credo sia un pastore oltre la mezza età, è barbuto, si appoggia al bastone ed è avvolto in un mantello. È in silenzio. Come si fa a capire che è in silenzio – domanderai tu – o meglio, come si fa a distinguere le statuette in silenzio da quelle che parlano? Beh, non so bene spiegarti. Però secondo me quel pastore è in silenzio: si sta in silenzio quando non si ha niente da dire, ma anche quando si ha troppo da dire.

Ti dicevo che è oltre la mezza età, ma a pensarci bene, forse è molto anziano; come statuetta, intendo. Quel presepio appartenne a mia mamma, che già lo componeva da bambina. Probabilmente lo ereditò dal tuo tris-nonno, Carlo. Allora, facendo un poco i conti, va a finire che il nostro pastore un centinaio d’anni sul groppone ce li ha. Immagino i Natali in cui è stato posizionato lì, nel muschio verde. A modo suo è stato testimone della storia scandita dai tanti 25 dicembre che si sono susseguiti. Sai, a te sembra di avere poca storia, perché i tuoi anni si contano con una mano sola. Però, in realtà, sei carica della storia dei tuoi genitori, dei tuoi nonni, dei tuoi avi, della tua città, del tuo Paese ed infine anche un po’ dell’umanità, di cui sei un piccolo bocciolo.

Giochiamo con il pastorello. Chiediamogli di raccontarci cosa c’era nell’aria di quei tanti Natali che ha vissuto. È un tipo di poche parole, ma non lesinerà di accennarci a qualcosa, rompendo il suo riserbo taciturno. Per non turbare troppo la placida pace del suo silenzio eviteremo di farci raccontare anno per anno, e salteremo di dieci in dieci. Dieci anni fa iniziava a circolare l’euro, questione di economia, ma anche tintinnante questione di storie di popoli che si scoprono un’unica storia. Vent’anni fa il pastorello guardava triste la nostra Italia: l’anno di mani pulite, le morti di Falcone e Borsellino; al di là dell’Adriatico si combatteva tra vicini di casa, era la guerra in Jugoslavia: no, sulla cartina geografica non cercarla, non la troverai più. Nell’ ‘82 comparve uno dei primi computer commerciali, il commodore, nel ‘72 il mondo temette che il sogno olimpico fosse una beffa: ecco l’attentato ai giochi di Monaco. Era il ‘62 e si apriva il Concilio Vaticano, il ‘52 e con la comunità del carbone e dell’acciaio Europa non era solo più una fanciulla del mito greco. Gli anni bui della guerra: 1942. Il silenzio del pastorello fu turbato, nel ‘32, dalla sporadica comparsa delle prime fiat balilla con le marmitte scoppiettanti. Chissà, forse le mani di qualche bimbo (il bisnonno?) afferrarono il pastore nel ‘22, l’anno della marcia su Roma, o addirittura cent’anni fa, 1912, quando la coscienza popolare della nostra Italia fu chiamata a votare con suffragio maschile.

Vedi, Lucia, il nostro pastore barbuto ci ha accennato a tanti eventi, alcuni oscuri, altri luminosi. Lui ad ogni dicembre ne sentiva l’eco nelle case che frequentò: i commenti, la memoria, la vita quotidiana.

Tutti i grandi eventi fanno un po’ parte della tua storia, e avremo il dovere di narrarteli, perché chi dimentica la storia è condannato a ripeterla, e considerato il Novecento che s’è chiuso è meglio non correre rischi. Eventi della storia dell’uomo, quella storia che fu sbarrata per sempre in due nell’anno zero. Anche allora il pastore barbuto c’era: non quello di gesso, ma quello in carne ed ossa. Anche allora fu in silenzio, aveva troppo da dire. Guardava Gesù.

 

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Pubblicazione: 2012 pp. 96 ISBN: 978-88-95816-45-6 E 13,00

La libreria Tajo condivide il progetto, rinunciando ad ogni percentuale d’incasso: l’intero ricavato sarà devoluto alle missioni salesiane in Angola.

Joram Gabbio

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