Telefono Azzurro ha pubblicato un Quaderno rivolto agli educatori per riconoscere e prevenire le situazioni di prevaricazione tra i ragazzi.
del 25 ottobre 2005
Piccoli drammi vanno in scena ogni giorno, soprattutto a scuola, senza che gli adulti si accorgano di nulla. Dalle derisioni alle offese verbali, dalle prepotenze alla vera e propria violenza fisica, sono tanti i gesti racchiusi sotto il nome di bullismo, gesti sistematici che si possono trasformare in un incubo e provocare danni seri.
Telefono Azzurro, l’organismo non profit presieduto da Ernesto Caffo, ha dedicato a questa problematica in forte diffusione il Quaderno “Cosa è il bullismo” (clicca  qui  per scaricare il documento in pdf) in grado di fornire una serie di indicazioni pratiche a genitori, insegnanti, educatori e animatori. All’interno del Quaderno compare anche un inserto (clicca qui per scaricare il documento in pdf)staccabile dedicato a bambini e ragazzi. Si tratta di un fascicoletto che, in modo semplice e accessibile, si propone di avvicinare i più giovani alla conoscenza del fenomeno, guidandoli in un percorso di riflessione sul problema e di individuazione delle possibili soluzioni.
 
CosA è e che dimensioni ha il bullismo nel nostro Paese?
 
Da una ricerca condotta su un campione di 3.453 adolescenti, circa il 35,4% è stato coinvolto in episodi di bullismo. Il termine “bullismo” deriva dalla parola inglese “bullying” ed identifica un’oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona più potente, o da un gruppo di persone, nei confronti di un soggetto percepito come più debole.
 
Il bullismo è un fenomeno di prevaricazione e disagio molto diffuso tra i giovani nell’età evolutiva e coinvolge - seppur con ruoli differenti - un bambino su tre. Il fenomeno riguarda principalmente bambini e adolescenti nelle fasce di età compresa tra i 7-8 e i 14-16 anni, ossia i bambini delle scuole elementari e dei primi anni delle scuole medie.
Poiché il bullismo è piuttosto diffuso, la sua crescente rilevanza ha portato gli esperti in problematiche dell’infanzia e dell’adolescenza a concentrare i propri studi sul fenomeno sia per definirne le caratteristiche distintive sia per mettere a punto strategie di intervento idonee a prevenirlo e contrastarlo: perché il bullismo non è un fenomeno fisiologicamente connesso alla crescita e non serve a rinforzare il carattere della vittima, ma crea solo disagio e sofferenza sia in chi lo subisce che in chi lo esercita.
 
Il bullismo si differenzia dalle semplici liti tra giovani poiché manca la caratteristica di alternanza tra i ruoli: chi offende e chi subisce le angherie sono sempre le stesse persone. Un comportamento ‘bullo’ è un tipo di azione che mira deliberatamente a fare del male o a danneggiare; spesso è persistente (talvolta dura per settimane, mesi, anni) e, quasi sempre, esiste una grave difficoltà per la vittima a difendersi.
 
Pur essendo un fenomeno molto articolato e complesso, sono state identificate alcune delle caratteristiche del bullismo: l’intenzionalità (il bullo agisce con l’intenzione e lo scopo preciso di dominare sull’altra persona, di offenderla e di causarle danni o disagi), la persistenza nel tempo (di solito gli episodi sono ripetuti nel tempo e si verificano con una frequenza piuttosto elevata) e l’asimmetria della relazione (c’è una disuguaglianza di forza e di potere, per cui uno dei due sempre prevarica e l’altro sempre subisce, senza riuscire a difendersi).
 
A seconda che gli episodi di prepotenza si manifestino con modalità più o meno esplicite ed evidenti si individuano il “bullismo diretto” (più frequente tra maschi), caratterizzato da comportamenti aggressivi e prepotenti visibili, agito in forme sia fisiche che verbali, ed il “bullismo indiretto”, un disturbo comportamentale meno evidente, e quindi è più difficile da individuare, poiché gioca più sul piano psicologico (questa tipologia di prevaricazione viene agita tipicamente dalle femmine, generalmente più empatiche rispetto ai coetanei dell’altro sesso).
 
Oltre alle due figure del bullo (dominante o gregario) e della vittima (provocatrice o sottomessa/passiva), gli spettatori - siano essi sostenitori del bullo, difensori della vittima, o maggioranze silenziose - giocano un ruolo fondamentale. Poiché circa l’85% degli episodi di bullismo avviene in presenza del gruppo dei pari, proprio la “maggioranza silenziosa” costituisce una risorsa di grandissimo valore sulla quale fare leva per ridurre la portata del fenomeno. E’, infatti, la mancanza di opposizione e l’adesione ad una logica di omertà che legittimano i comportamenti prepotenti ed incentivano la loro perpetuazione.
 
Gli esperti della tematica hanno individuato gli elementi distintivi delle varie figure coinvolte nel fenomeno del bullismo, in modo che insegnanti e famiglie possano concretamente agire sul bullo, sulla vittima, e sugli spettatori con competenza e cognizione di causa, perché il bullismo, se non affrontato con competenza, rischia di compromettere il normale percorso di crescita di moltissimi giovani. Una volta individuato un caso di bullismo, diventa importante l’atteggiamento dell’adulto di fronte al fenomeno rilevato.
 
La scuola riveste da sempre un ruolo fondamentale nella crescita di bambini e ragazzi, sia per la sua funzione di educazione/socializzazione, sia per il fondamentale contributo alla costruzione dell’autostima, alla sperimentazione e all’acquisizione delle abilità sociali. La scuola, insieme al contesto familiare, rappresenta quindi il luogo privilegiato per interventi a carattere preventivo e di promozione del benessere: Telefono Azzurro ha realizzato una guida dedicata ad insegnati e famiglie, che contiene anche una sezione specifica illustrata indirizzata ai più giovani, per spiegare il fenomeno, suggerire i campanelli d’allarme per individuare in un gruppo le figure del bullo e della vittima, e per fornire alcuni suggerimenti idonei a combattere la diffusione dei disturbi comportamentali associati al bullismo.
 
Non si tratta di entrare in un’ottica punitiva nei confronti del bullo o di iperproteggere la vittima, si tratta piuttosto di “accompagnare” il bullo al cambiamento, di disapprovare non la persona ma il comportamento negativo e di valorizzare il dialogo coinvolgendo gli alunni nella ricerca di soluzioni adeguate al problema  (sensibilizzando, in tal modo, i soggetti potenzialmente positivi ma spesso indifferenti e apatici verso le sorti dei compagni più deboli).
 
Per quanto concerne il supporto alla vittima, famiglia e scuola devono coordinarsi per dare sostegno allo sviluppo personale dell’autostima (in cui sono comprese l’autorealizzazione, l’autocontrollo, la fiducia in se stessi, l’autoregolazione e l’autogratificazione): occorre fornire un “fattore protettivo” rispetto alla possibilità di diventare un bersaglio; un buon livello di buona autostima aumenta un sano concetto del Sé in età precoce e fornisce al bambino degli strumenti fondamentali per affrontare le varie difficoltà implicite nei passaggi evolutivi, evitando così il cosiddetto “scacco evolutivo”.
 
Per quanto riguarda la prevenzione del fenomeno, non è strettamente necessario proporre attività cosiddette “speciali”, ossia percorsi che si possono realizzare una tantum e limitatamente nel tempo, bensì è consigliato porre in essere attività curriculari e strategie didattiche abituali che permettono di raggiungere obiettivi non solo cognitivi ma anche educativi; attività che per le loro modalità di realizzazione favoriscono nei ragazzi la maturazione di stili relazionali positivi e di abilità prosociali, come ad esempio, come la lettura di testi e utilizzo di materiale audiovisivo, il roleplaying, il problem solving, l’apprendimento cooperativo*. Nell’ambito della prevenzione del bullismo, risulta, infatti, importante lavorare sull’apprendimento di nuove abilità sociali, ed in particolare sul rafforzamento delle capacità comunicative (assertività).
 
Poiché, ad oggi, manca ancora un sistema di monitoraggio permanente sul fenomeno del bullismo, grande importanza assumono le ricerche campionarie svolte da Telefono Azzurro ed Eurispes per l’annuale Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Attraverso queste ricerche si evidenzia come il fenomeno si sia diffuso sempre più e necessita quindi di una campagna di informazione nelle scuole e nelle famiglie per essere contrastato: se nel 2000 risultava che solo un ridotto numero di femmine dichiaravano di mettere in atto delle prepotenze, la seconda indagine condotta nel 2003 su un campione rappresentativo di 3.800 adolescenti, di età compresa tra i 12 e i 18 anni, ha evidenziato come quasi un terzo degli intervistati (33,5%) ha riferito di minacce o atti di prepotenza continui da parte dei compagni. Tale importante dato è stato recentemente confermato (e lievemente superato) grazie alla ricerca condotta nel 2004 per il 5° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e Adolescenza: su un campione rappresentativo di 3453 adolescenti, circa il 35,4% è stato coinvolto in episodi di bullismo.IL
 
ALCUNI CASI
 
L’agguato per la merenda
S. è un bambino di 9 anni, iscritto alla terza elementare. E’ esile e ha un carattere timido e riservato. Quasi tutti i giorni un gruppo di bambini più grandi della stessa scuola lo prendono di mira. Sono in due, a volte in tre, e durante la ricreazione gli si avvicinano e cominciano a spintonarlo; l’obiettivo è la merenda. S. non solo non riesce a difendersi, ma per la vergogna non riesce nemmeno a parlare di questi episodi con i genitori o con gli insegnanti.
 
Pettegolezzi
E. invece, è una bambina di 10 anni che frequenta la quinta elementare. Un gruppetto di compagne le fa la guerra: spargendo pettegolezzi incredibili sul suo conto, raccontando che si veste male, non alla moda, che è “sfigata”. Lo scopo è quello di allontanarla dall’unica amica che ha all’interno della classe, lasciarla sola, esclusa dal gruppo anche nei momenti di gioco collettivo.
 
Violenza fisica
P. è un bambino di 10 anni che ha chiamato Telefono Azzurro perché non sopporta più i modi violenti di una sua compagna di classe. Confida: “All’inizio dava pugni e schiaffi, lei è molto più grande di me, ma adesso mi sbatte anche contro il muro. Lo fa quando gli insegnanti non ci vedono. A volte picchia anche le femmine”. P. confessa che ha tentato di parlare con i genitori, ma senza risultati: “loro dicono che è innamorata di me” nel tentativo di sdrammatizzare la situazione, ma in realtà, in questo caso è stato sottovalutato il problema. Infatti, dopo il coinvolgimento da parte dell’operatrice dei genitori, è stato segnalato il problema alla scuola.
 
Non voglio pi√π andare a scuola
Chiama L., ed è molto nervoso: già dalle prime battute della sua telefonata alla Linea Gratuita di Telefono Azzurro emerge la sua rabbia. Inizialmente sembra avercela con gli insegnanti: “Non fanno niente per aiutarmi… non intervengono”. Poi emerge che il vero problema riguarda i compagni di classe: “Da più di due anni mi minacciano, mi insultano, mi disprezzano, mi picchiano… sono sempre quelli, sono un gruppetto”.
L. non sa spiegare i motivi che spingono i suoi compagni a comportarsi in questo modo nei suoi confronti; gli viene in mente solo il fatto che non sa fare “il duro” come gli altri e che non è bravo negli sport: “Sono basso e per questo motivo mi hanno dato un soprannome orrendo”. Qualche giorno prima il famoso “gruppetto” lo ha rinchiuso nel ripostiglio della scuola. “Ma la cosa più grave è avvenuta l’anno scorso….Durante la ricreazione mi hanno legato…mi hanno picchiato forte e poi mi hanno colpito con un vocabolario, rompendomi la spalla”.
L. racconta che gli insegnanti non gli avrebbero mai dato credito e non avrebbero mai preso provvedimenti nei confronti di questi ragazzi, che continuerebbero a molestarlo. La situazione appare all’operatrice piuttosto grave ma è anche evidente che L., da solo, non può certo riuscire a porre fine ai comportamenti dei compagni né sopportarne le conseguenze psicologiche.
I suoi genitori avrebbero più volte contattato la scuola per cercare aiuto, ma “non è cambiato nulla”. Proprio per capire cosa sia stato finora tentato per provare a tutelare il ragazzo, l’operatrice ritiene opportuno un confronto con i genitori di L., gli viene pertanto proposto di invitare i genitori a chiamare la Linea Istituzionale di Telefono Azzurro. Dopo qualche ora la madre di L. prende contatto, dichiarandosi leggermente sorpresa della telefonata fatta dal figlio in quanto “è stato fatto tutto il possibile”.
 
Una banda di 8 ragazzini
Dal confronto con la signora, emerge che L. è lo zimbello della classe: viene deriso e maltrattato da una banda di 8 ragazzini, “molto violenti e devianti”. I comportamenti aggressivi e derisori dei compagni hanno provocato a L. gravi disagi, che sono andati ad associarsi a ulteriori problemi di insicurezza: da  circa un anno L.  è anche seguito da uno psicologo. La madre di L. spiega di aver tentato ogni strada, coinvolgendo in un primo tempo il preside e successivamente perfino l’Ufficio Minori della Questura, ma sarebbe arrivata a una triste conclusione: “L’unica cosa che può proteggerlo è quella di cambiargli classe, se non addirittura istituto”.
L’operatrice propone alla madre del ragazzo una lettura alternativa della telefonata del figlio a Telefono Azzurro: forse Mario ha bisogno di ulteriori rassicurazioni e forse, oltre a interrogarsi su ciò che si può fare con Mario, aiutandolo, attraverso il sostegno di persone esperte, a trovare in sé nuove risorse per affrontare e gestire questo forte disagio.
 
 
Insulti e minacce al femminile
Alle nove circa di mattina di un giorno feriale l’operatrice del 114 riceve una telefonata: c’è una ragazza, minorenne, di origine sudamericana, che si rifiuta di andare a scuola da diversi giorni e che rischia di perdere anche gli esami di licenza media che si terranno praticamente l’indomani. Il suo rifiuto ha una ragione ben precisa: la ragazza è stata aggredita, pesantemente, all’uscita  di scuola da alcune sue compagne.
L’hanno buttata a terra, presa per i capelli e addirittura colpita in testa con delle chiavi… Bisogna fare qualcosa, non è giusto che la ragazza perda l’anno scolastico, per non parlare del danno psicologico…La mamma, anche se qui da diversi anni, non sa bene a chi rivolgersi…
 
A fare la segnalazione al 114 è la datrice di lavoro della mamma della ragazza, preoccupata della sorte della figlia della donna che, ormai da diversi anni, collabora in casa con lei. L’operatrice riesce a farsi spiegare meglio la storia. La ragazza, di sedici anni, è da appena un anno in Italia e frequenta la terza media.
Apparentemente non c’era stato nessun problema di integrazione a scuola se non un piccolo episodio, di poco precedente all’aggressione. In quella occasione l’adolescente e una sua amica avrebbero trovato le loro borse aperte e alcuni rossetti spariti; allora avrebbero chiesto a un gruppetto di ragazze (resesi poi protagoniste dell’aggressione) se ne sapessero qualcosa: da lì insulti e minacce, che sarebbero stati rivolti anche alla mamma che era andata a prendere la ragazzina all’uscita di scuola. La ragazza è molto bella, non vorrei che fosse questo il vero motivo del furto e poi dell’aggressione…
La donna chiarisce anche che, in seguito all’aggressione, la mamma avrebbe accompagnato la ragazza all’ospedale (dove le sarebbero stati dati sette giorni di prognosi) e fatto regolare denuncia ai Carabinieri. La ragazza sta bene, almeno fisicamente, ma è terrorizzata all’idea di rincontrare quelle sue compagne di scuola…e domani ci sono gli esami di italiano.
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