Il servizio come un'occasione. Vi presentiamo l'esperienza vissuta in prima persona da alcuni giovani, che a dispetto dell'utilitarismo imperante, hanno scelto di donare parte del loro tempo a beneficio dell'altro.
del 18 aprile 2007
Questione di ‘umanità’
Educare alla gratuità è aiutare a trovare la dimensione piena dell’uomo, che appunto nasce come frutto di un dono di cui non potrà mai sdebitarsi, e genera realmente quando fa di sé un dono gratuito.
L’io prende coscienza di sé e della realtà quando è provocato da un tu. Basti pensare a quanti momenti della nostra vita sono stati significativi proprio perché una persona con le sue parole, con il suo sguardo, con il suo silenzio, con il suo affetto, con la sua vita… ci ha scosso. Qualcuno ci ha destato e in questo ci ha resi presenti anche a noi stessi, ci ha accompagnato in un tratto di crescita. E questo essere oggetto di amore ci sorprende sempre e nutre la nostra identità.
Un cristiano poi, sa quanto Dio che è amore l’ha amato. Il Signore ci ha amati per primo, dando la sua stessa vita per noi, e continuamente alimenta il nostro amore con il Suo, attraverso l’Eucaristia e il dono rinnovato del suo perdono.
Se è grande la nostra gratitudine per quelle persone che hanno lasciato un segno in noi, tanto più è grande quella per l’Autore della nostra vita e per Colui che continuamente la rinnova.
 
Grazie!
L’espressione piena della maturità della gratitudine è la gratuità, è l’aver percorso il lungo cammino della purificazione dell’amore, che ora spinge a donare la propria vita. Un amore che non viene limitato dall’attesa di una risposta ma ama per primo. E’ una conversione che progressivamente il nostro cuore deve compiere, una strada che non è automatica ma richiede scelte, fedeltà, buone guide.
 
Un’opportunità
Il volontariato accompagnato con saggezza può essere davvero un’occasione di maturazione della propria capacità di amare, un’occasione preziosa per trovare uno stile di vita e di relazioni autentiche, un’occasione per dare il giusto peso alle varie realtà della vita.
Mi sembrano interessanti alcune caratteristiche concrete perché ci sia un’esperienza significativa di  educazione al gratuito[1]:
-              Dedicare tempo: donare una parte del proprio tempo come segno del dono di se stessi, come un’eco del dono di Cristo a ciascuno, per imparare ad amare gratuitamente.
-              Fedeltà e regolarità di questo gesto: per imparare un’arte dobbiamo ripetere tante volte i suoi gesti, così la ripetizione è necessaria anche in questa educazione del cuore. Così come ripetiamo il gesto dell’Eucaristia e quello della Riconciliazione.
-              Spostare il baricentro dal ‘per gli altri’ al ‘per sé’: non ho scritto male… è proprio il farlo non solo per gli altri, ma anche perché servire fa bene a se stessi, ci insegna a fare spazio allo stile di Gesù, ci insegna ad amare, stiamo educando noi stessi.
-              Fare per capire: non sempre il capire precede il fare, ‘fare’ spesso serve proprio a capire, cominciare a servire ci apre, ci insegna ad amare.
-              Insieme: quando c’è una comunità di riferimento è bello che ci siano momenti (una preghiera iniziale, un mandato…) in cui si evidenzia che nella diversità del servizio c’è un’unità che lega tutti, così che i singoli gesti siano personali ma non individuali.
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… quando c’è di mezzo il mare
Ho sempre pensato che sarei partita per una esperienza di volontariato all’estero. Ho sempre avuto questa idea di dedicare per lo meno un periodo della mia vita in progetti che rendano concreti gli ideali che sento miei, come la giustizia, la uguaglianza, i diritti dei più piccoli. Volevo mettere a disposizione quelle che erano state le mie possibilità di crescita, di studio, di formazione per fare qualcosa di davvero utile in un mondo che, a volte, sembra ci stia sfuggendo di mano.
Essere utili davvero però non e’ semplice. E spesso non basta solo la voglia di partire. E così dall’università in poi ho cominciato a studiare, leggere, seguire corsi, fare esperienze brevi durante le vacanze per poter crescere non solo nei metodi ma anche nella convinzione di affrontare davvero una esperienza del genere, che per quanto possa sembrare bella e a volte anche divertente nasconde in realtà moltissime difficoltà che è necessario essere in grado di affrontare per poter essere d’aiuto agli altri senza danneggiare se stessi.
Fino a quando lo scorso anno una O.N.G. di Verona non mi ha offerto di partire per il Perù per gestire e coordinare un progetto di restituzione dei diritti umani alle persone che sono state vittime della violenza politica in una città della sierra andina.
Dire si non é stato facile. Per quanto fosse in un certo senso il mio sogno, pensato da anni, essere messi davanti alla possibilità concreta di realizzarlo porta con se diverse paure, diversi timori e soprattutto molti sacrifici da affrontare. Significava non solo lasciare il lavoro in Italia ma anche, e soprattutto, allontanarmi dagli affetti più cari, dalla famiglia, dagli amici, che sanno offrirti un rifugio e una protezione che da sola, dall’altra parte del mondo, non avrei trovato. Significava rinunciare a una vita, tutto sommato facile, per una esperienza completamente nuova e ignota. Significava investire due anni di vita in qualcosa che, in fondo, non sapevo cosa fosse.
Cosa mi ha spinto ad accettare? Credo un insieme di cose ma soprattutto l’idea del dono, del dedicare qualcosa di me (tempo, sacrificio, preparazione, presenza) a una causa più grande. L’idea di mettersi in gioco e di fidarsi del fatto che la strada facile nasconde spesso pigrizia e poca voglia di mettersi in discussione.
E così sono partita anche se mentirei nel dire che sono partita serena e tranquilla visto che sarei stata sola in un posto completamente diverso e lontano da quello che era stato il mio posto fino ad allora. Un posto sicuramente più difficile, più complesso, più povero.
La prima cosa che mi ha colpito arrivando qui è stata sicuramente la quantità di bambini. E’ incredibile la quantità di bambini al di sotto dei 5 anni che ci sono ovunque e il primo aiuto che io ho ricevuto è stata proprio questa incredibile fiducia nella vita, nonostante tutto e tutti.
Poi è iniziato il lavoro vero e proprio e con quello anche le diverse difficoltà. Ho il compito di coordinare diverse attività all’interno di un progetto che si occupa appunto di tutte quelle persone che a causa della violenza politica non hanno avuto accesso all’educazione, non vengono riconosciute nei loro diritti, sono rimaste orfane e senza possibilità di crescere serenamente.
Ho conosciuto realtà difficili e le stesse persone con cui lavoro sono a loro volta state colpite dagli anni della violenza sviluppando un forte risentimento e talvolta una vera e proprio diffidenza nei confronti di chi “non è come loro”.
E la ricchezza di questa esperienza forse sta proprio nella difficoltà di fare le cose insieme, di ascoltarsi l’un l’altro, di seguire un ritmo che sia condiviso, di lavorare con totale umiltà, perché spesso di fronte a certi dolori più di quello che si dice o di quello che si fa conta esserci e condividere.
 
 
Chiara Bebber
 
 
 
Un’esperienza
Il progetto CON-TATTO
 
Centinaia di ragazzi da tre anni si impegnano in attività di volontariato nel Comune di Venezia.. Una realtà piccola e smisurata insieme. Piccola perché rispetto al bisogno di volontariato sociale giovanile che l’associazionismo presenta è davvero un piccolo seme ed il bosco è ancora un sogno tutto da costruire; smisurata perché tanti  ragazzi che regalano un po’ di ore di solidarietà a chi ne ha sete, sono un bello schiaffo a chi li descrive come individualisti, egocentrici, egoisti.
Invece loro sono solo giovani, e in quanto tali curiosi e generosi.
Per questo bisogna sfidarli con proposte che solletichino i loro talenti e li spingano ad usarli.
Forse è questa la chiave magica del Progetto Con-tatto, quella che ha aperto il cuore generoso di tanti ragazzi delle scuole superiori e li ha convinti a provarci sul serio con la solidarietà.
Si può imparare a fare i dr clown e andare a portare un po’ di gioia nelle case di riposo della città; si possono passare i pomeriggi con i ragazzi con la sindrome di Down o andare in canoa con ragazzi diversamente abili che lo sanno fare meglio degli atleti più forzuti; si può dedicare qualche ora a leggere il giornale agli anziani o imparare a scegliere prodotti equi e solidali che sostengano progetti internazionali; ci si può impegnare in laboratori di doposcuola per aiutare l’integrazione dei bambini stranieri e perfino passare il Natale in Romania con i bimbi di un istituto per minori abbandonati, si può imparare a truccare i turisti a carnevale e devolvere il ricavato ad un progetto di solidarietà...
 
Il senso del ProgettoIl Progetto Con-tatto offre una risposta mirata nel cercare di promuovere nuove forme di   coinvolgimento dei giovani nelle attività di volontariato e di solidarietà sociale, attraverso piccole esperienze guidate, e, parallelamente, aiuta le associazioni a ripensare l’accoglienza e la presenza di volontari al loro interno, tenendo conto dei nuovi bisogni che i giovani esprimono.
Nel Progetto si promuove e si supporta il coinvolgimento degli studenti delle scuole superiori, a cui vengono proposti dei brevi percorsi di formazione attraverso i quali potranno conoscere il mondo del volontariato, riflettere sulle motivazioni e sul senso della solidarietà, ascoltare testimonianze significative.
Si va quindi dalla partecipazione ad iniziative di breve durata (come manifestazioni o eventi di una giornata) fino ad esperienze più articolate da svolgersi presso realtà del Terzo Settore individuate
di volta in volta a seconda delle caratteristiche degli studenti coinvolti.
La principale novità è quella di aver consentito agli studenti di sperimentarsi in un’attività solidale per un tempo definito e, soprattutto, all’interno di un preciso percorso. Nei giovani viene dunque piantato il seme di una esperienza possibile, che possa rimanere nel loro bagaglio, lasciando le tracce di un’occasione positiva, pronta ad essere recuperata in momenti  successivi di maggiore disponibilità o di tempo.
Va però detto che già ci sono ragazzi che in realtà sono rimasti stabilmente nelle Associazioni concludendo il progetto svolto con Con-tatto e decidendo di diventare volontari attivi.
 
 
Progetto Con-tatto
Area Città Solidale Comune di Venezia
Via Pio X n.4 – 30174 Mestre (Ve)
Resp. Dr.ssa Manuela Campalto
041/2749554 cell
manuela.campalto@comune.venezia.it
sr Francesca
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