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Una vita da amare

Riportiamo un brano di J√ºrgen Moltmann sul tema della speranza che il teologo tedesco ha affrontato nel convegno «Teologia della speranza», nell'ambito di Torino Spiritualità.


Una vita da amare

da Quaderni Cannibali

del 03 ottobre 2008

La vita umana stessa è in pericolo. Non è solo in pericolo perché minacciata dalla morte: lo è stata sempre. È in pericolo perché non amiamo più la vita.

 

[...] Oggi di nuovo viviamo un'allarmante «religione della morte». «I vostri giovani amano la vita, i nostri giovani amano la morte», disse il Mullah Omar dei Talebani in Afghanistan ai giornalisti.

 

Dopo il massacro di Madrid, l'11 marzo 2004, si trovarono pamphlet dallo stesso contenuto: «Voi amate la vita, noi la morte». In Europa l'abbiamo già visto: «Viva la muerte», urlava un vecchio generale fascista durante la guerra civile spagnola. «Den Tod geben, den Tod nehmen» (dare la morte, ricevere la morte) era uno slogan delle SS tedesche. Il loro simbolo era un teschio. Qualunque cosa i fascisti e i terroristi amino, i cristiani amano la vita, la propria, quella comune, tutto ciò che è vivo su questa terra e, non ultima, anche la vita degli attentatori suicidi. Noi vogliamo che vivano e che amino la vita e non che amino uccidere e morire.

Ma dietro a questa superficie risaputa vi è un pericolo ancora maggiore: tutti i trattati di pace, di disarmo e di non proliferazione nucleare hanno come tacito e ovvio presupposto quello di fondarsi sull'idea che ogni parte in causa voglia sopravvivere. Ma che cosa accade, se una delle parti non vuole sopravvivere, ma morire e trascinare con sé nella morte tutto questo mondo corrotto? Fino a oggi abbiamo soltanto avuto che fare con una rete internazionale di attentatori suicidi, ma cosa accade se un'intera nazione in possesso di armi atomiche non vuole vivere ma morire, in modo da poter distruggere questo 'mondo malvagio'?

 

La paura come deterrente funziona soltanto se tutti vogliono sopravvivere. Colui al quale la vita è indifferente ha superato questa paura.

 

[...] Se davvero si vuole amare la vita, allora bisogna combattere la morte e le forze della morte nel mezzo della vita. Non ci si può arrendere all'accidia del cuore. Non ci si può ritirare nella vita privata. Per contrastare il dare la morte senza arrendersi è necessaria la fede nel superamento della morte. La speranza della resurrezione incoraggia a una vita di amore incondizionato. Questo amore per la vita è come una risonanza del futuro della vita eterna. La speranza della resurrezione rivela la destinazione del genere umano alla sopravvivenza. La speranza della resurrezione giustifica la vita di fronte alle pretese della morte. Essa fa intravedere la vittoria nella lotta quotidiana per la vita. La resurrezione di Cristo rivela il grande Sì di Dio alla vita e l'eterno no di Dio alla morte. La fede nella resurrezione di Cristo risveglia tutte le nostre energie di vita, in modo che noi stessi ci alziamo e viviamo. «Si deve vivere», dice la donna forte nel film Il mondo di Antonia. La vita non vissuta è vita morta.

Noi siamo persone che protestano contro la morte e il dare morte. Gesù non ha portato una nuova religione nel mondo, ma nuova vita. Credo che questo debba essere il cuore del messaggio cristiano nel XXI secolo. Il vangelo della vita, come spiegava papa Giovanni Paolo II, è per me la lotta collettiva per la vita amata e la vita che ama, la vita personale e la vita collettiva, la vita umana e la vita naturale sulla terra amata da Dio.

 

Traduzione di Eloisa Perone 

Jürgen Moltmann

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