Quella notte fatale era domenica. Bee e la sua famiglia erano andati a dormire dopo aver mangiato una modesta zuppa. Poco dopo la mezzanotte, alle prime ore del 3 dicembre del 1984, Bee fu svegliata da un rumore violento. Andò di corsa nella stanza dei banbini...
del 01 dicembre 2004
 
Nella notte in cui il suo mondo cambiò per sempre, Rashida Bee aveva 28 anni ed era già sposata da 14. I suoi genitori, musulmani ortodossi, avevano scelto il suo sposo quando lei aveva appena 13 anni. Suo marito faceva il sarto. Insieme vivevano nella modesta casa dei genitori nella città industriale di Bhopal, nell’India centrale. Bee non sapeva leggere né scrivere, e usciva di casa solo scortata da un parente maschio. Ciò nonostante ebbe una vita intensa; la sua grande famiglia allargata tra cugini, fratelli e cognati contava 37 membri.
 
Quella notte fatale era domenica. Bee e la sua famiglia erano andati a dormire dopo aver mangiato una modesta zuppa. Poco dopo la mezzanotte, alle prime ore del 3 dicembre del 1984, Bee fu svegliata da un rumore violento. Andò di corsa nella stanza dei banbini.
 
'Mi dissero che si sentivano come se stessero soffocando, e anche noi adulti avevamo la stessa sensazione. Uno dei bambini aprì la porta e una nube entrò nella casa. Iniziammo a tossire violentemente, come se avessimo i polmoni in fiamme' dichiarò più tardi Bee ad un giornale. Dalla strada arrivavano le grida della gente. Sotto la luce dei lampioni, Bee vide nell’ombra una folla avvicinarsi alla sua casa: 'Corri -le gridavano- C’è stato un incendio in un magazzino di peperoncini. Corri!'
 
Alcuni isolati più in là, un’altra donna, che più tardi sarebbe diventata una delle più care amiche di Bee, lottava per la propria vita. Champa Devi Shukla, una donna hindu di 32 anni, viveva in fondo alla strada in cui c’era la fabbrica di pesticidi della Unioni Carbibe. Conosceva troppe cose per credere alle voci sull’incendio al magazzino.
 
'Conoscevamo bene quell’odore, perché la fabbrica della Union Carbibe rilasciava spesso quei gas durante la notte –mi disse dopo Shukla – ma quella volta arrivò più intenso e durò a lungo'. Shukla aveva ragione. C’era stata un’esplosione alla fabbrica della Union Carbibe liberando sulla città di Bhopal 27 tonnellate di isocianato di metile, uno dei più potenti veleni chimici. 'Il panico fu così grande –disse Shukla- che, mentre la gente correva, le madri lasciavano indietro i propri figli pur di scappare al gas'.
 
In quell’inferno, anche Bee perse gran parte della sua famiglia. Si ritrovò a correre con suo marito e suo fratello, ma non andarono lontano. 'Non riuscivamo ad aprire gli occhi –raccontò Bee- Dopo neanche mezzo chilometro ci fermammo. Eravamo senza fiato, mio marito cominciò a sputare sangue e ci sedemmo'.
 
La scena attorno era apocalittica. C’erano cadaveri ovunque, molti di bambini. Le persone ancora vive giacevano a terra senza riuscire a controllare le reazioni del proprio corpo: le feci scendevano lungo le gambe.
 
Non si sa con esattezza quante persone siano morte quella notte; molti cadaveri furono seppelliti o cremati senza certificazione. Bee ricorda che nei giorni successivi cercò i suoi familiari: 'Guardai centinaia di cadaveri per sapere se fossero morti'.
 
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La cosa più sconvolgente della tragedia di Bhopal è che nessuno è mai stato processato per ciò che accadde quella notte. Anche se gli esperti della sicurezza della Union Carbibe già due anni prima avevano avvertito 'sulla seria possibilità di un rilascio consistente I materiali tossici', i dirigenti della fabbrica di Bhopal non avevano nessun piano di allerta o evacuazione dei residenti nel caso di un’emergenza. Gli ufficiali del governo indiano non avevano molto insistito sulla necessità di queste precauzioni essenziali. Mentre centinaia di persone morivano ospedali locali, i responsabili della Union Carbibe erano impegnati a smentire il fatto che l’isocianato di metile fosse velenoso, definendolo 'niente di più che un potente gas lacrimogeno'. I dirigenti della compagnia non hanno mai dovuto rispondere in tribunale per le loro azioni. Se una cosa del genere fosse successa negli stati Uniti o in Europa, sarebbe stata inconcepibile. Se le vittime fossero stati ricchi occidentali anziché poveri indiani, ci sarebbe stato un lungo processo.
 
I giudici indiani hanno tentato di chiedere giustizia per Bhopal, ma sono stati fermati. Nel 1991, un tribunale indiano ha chiamato in giudizio i dirigenti della Union Carbibe, compreso Warren Anderson, l’amministratore delegato al tempo del disastro. Dopo che Anderson e gli altri imputati si sono rifiutati di apparire in tribunale, la Corte suprema dell’India li ha dichiarati 'latitanti' e ha chiesto la loro estradizione. Dopo aver tergiversato per anni sulla richiesta, il dipartimento di stato degli Stati Uniti l’ha bocciata senza dare spiegazioni nel settembre del 2004.
 
Ma i sopravvissuti continuano a chiedere un processo, una adeguata compensazione per le vittime, e una dignitosa riabilitazione medica, economica e ambientale per i sopravvissuti. Nel ventesimo anniversario della tragedia, hanno trovato nuovi alleati. Ad aprile, Bee e Shukla hnno ricevuto il premio Goldman, il più prestigioso premio per l’ambiente degli Stati Uniti. Amnesty International ha accolto la domanda degli attivisti di Bhopal, lanciando una campagna contro la compagnia per aver ripetutamente violato il diritto umano ad un ambiente sano (il nome della campagna è 'Cluods of Injustice', per saperne di più www.amnesty.org).
 
Il rapporto di Amnesty stima che nei tre giorni successivi al disastro di Bhopal morirono tra le sette e le diecimila persone. Quindicimila morirono l’anno successivo. Altre 100mila persone continuano ad essere affette da malattie croniche ai polmoni, agi occhi e al sangue. Un’altra generazione a Bhopal è destinata alla sterilità o alla deformità, a causa della persistente contaminazione delle falde acquifere. Bhopal è stato il disastro ecologico più grave dell’epoca industriale. Ha fatto più vittime di Chernobyl e continua a farne.
 
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Ogni 3 dicembre, nell’anniversario del disastro, Bee e Shukla sfilano insieme alla folla che brucia le immagini di Warren Anderson per le strade di Bhopal. Sono convinte che Anderson, che ora è un ricco pensionato di 83 anni, è colpevole di un 'crimine' non di un 'incidente'. 'E’ stata la continua negligenza e il taglio delle spese a permettere che avvenisse il disastro', dice Shukla.
 
I documenti interni della Union Carbibe, publicati nel 1991, nel corso di una causa civile contro la compagnia, danno ragione a Shukla. Un documento del 1973, firmato da Anderson stesso, dichiarava che la tecnologia usata a Bhopal non era stata testata. Un rapporto interno del 1982 avvertiva sulla possibilità di emissione di gas tossici.
 
John Musser, un portavoce della compagnia, ha confermato l’esistenza dello studio del 1982 ma ha dichiarato che 'nessuno dei problemi considerati faceva pensare ad un impatto così mortale dell’emissione del gas'. La compagnia insiste sull’ipotesi del sabotaggio. Warren Anderson vive nel lusso delle sue case a Bridgehampton, Manhattan e Vero Beach, in Florida. I dirigenti della compagnia hanno rifiutato di contattarlo per un’intervista per questo articolo. Ma quando Bee e Shukla sono state negli Stati Uniti in primavera per ricevere il premio Goldman, hanno cercato di contattarlo. 'Deve capire che cosa significa perdere la propria famiglia, che cos’è soffrire da soli'. Ha detto Champa. 'Se lo incontrassi, gli chiederei: se sei innocente, perché scappi e non rispondi alle domande sul disastro di Bhopal?'
 
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Sia Bee che Shukla hanno perso qualcuno che amavano nel disastro. Sette persone della famiglia allargata di Bee sono morte e suo marito divenne troppo malato per poter continuare a lavorare. Shukla ha perso il marito e due figli. Sua figlia ha avuto tre aborti. Un nipote è morto e una nipote è nata con le labbra chiuse e senza palato.
 
'Il gas ha provocato un disastro quella notte, ma anche gli ultimi venti anni sono stati terribili', dice Shukla. 'La gente è ancora malata, colpita dal cancro. Nascono bambini menomati fisicamente e psichicamente. Molte donne sono sterili e gli uomini non vogliono sposarle'. Uno studio commissionato da Greenpeace nel 2002 e condotto da scienziati indipendenti ha concluso che le falde acquifere di Bhopal contengono metalli pesanti e mercurio in dosi milioni di volte superiori ai limiti consentiti.
 
Una speranza è 'La Clinica della speranza' che è nata a meno di un chilometro dal luogo della tragedia per curare le vittime. La compassione trasforma la disperazione in speranza. Nella clinica si sperimentano cure che uniscono i migliori trattamenti occidentali e orientali, compresi lo yoga e la medicina ayurvedica. I trattamenti sono gratuiti anche se sono migliori di quelli forniti dai poveri ospedali pubblici indiani.
 
Sembra che la pratica dello yoga fornisca ottimi risultati nella riabilitazione dei polmoni. Alcuni membri dello staff medico fanno visite a domicilio: il numero dei pazienti che si ammalano e muoiono continua ad essere alto dopo venti anni.
 
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In occasione del ventesimo anniversario della strage di Bhopal, Bee e Shukla insieme ad altri attivisti stanno lanciando una nuova campagna per la giustizia su Bhopal e per chiedere misure più significative a livello mondiale per il controllo delle sostanze tossiche e la pressione sulle industrie che le producono. Sul sito dedicato all’iniziativa c’è il programma delle iniziative in corso. (Il sito della International Campain for Justice in Bhopal è online all’indirizzo www.bhopal.net).
 
Il problema è che nel 2001 la Union Carbibe è stata acquisita dalla Dow Chemical che rifiuta di assumersi le responsabilità della società per il passato. Amnesty International, nella sua campagna per Bhopal, insiste che la Dow Chemical, deve pagare gli indennizi: bonificare il terreno di Bhopal e risarcire le vittime. Un’ulteriore complicazione è il fatto che la Union Carbibe ha pagato nel 1989, 470 milioni di dollari al governo indiano per far cessare le denunce su Bhopal. La somma è stata stabilita considerando una stima si soli tremila morti. Ma si sa che sono molti di più. Per di più, come ha sottolineato Bee, i soldi sono andati al governo non alle vittime.
 
Due esperti indipendenti Arun Subramaniam e Ward Morehouse nel loro libro 'La tragedia di Bhopal' stimano che il danno economico del disastro è tra 1,3 e 4 miliardi di dollari. Gli attivisti premono sul governo Usa per un intervento che costringa la Dow Chemical al pagare il risarcimento. Pagando e accettando un processo, la Dow/Union Carbibe potrà avere perdite finanziarie ma continuando a opporsi la sua reputazione sarà macchiata per sempre.
 
 
Mark Hertsgaard, Dragonfly Media
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