Vittoria mondiale: la prima volta della nostra generazione

Quelli di Spagna 1982 erano ricordi confusi e sfocati. Il trionfo della nazionale di Lippi ai mondiali di Germania è per noi la prima grande vittoria, non raccontata, ma vissuta giorno dopo giorno, partita dopo partita. Anche noi sul tetto del mondo.

Vittoria mondiale: la prima volta della nostra generazione

da Attualità

del 10 luglio 2006

  Campioni del mondo. Per la quarta volta, campioni del mondo. Quando la nazionale perde, hanno perso loro; quando la nazionale vince, abbiamo vinto tutti. Abbiamo vinto, dunque; abbiamo trionfato, abbiamo restituito alla Francia (con gli interessi) quello che i transalpini ci avevano tolto agli europei, sei anni fa. Siamo campioni del mondo, e ci portiamo a casa la coppa, quella per la quale il mondo intero si affanna e si scalda. Dopo ventiquattro anni, ce la siamo ripresa, e con pieno merito.

 

Colossali le prestazioni di alcuni fra i nostri giocatori, ottima l’impostazione di gioco, da lodare l’allenatore, che con scelte oculate è riuscito a capire la squadra, a comprendere quanto aspettarsi da ciascun atleta. I fallimenti delle ultime edizioni avevano contribuito a tenere basse le previsioni della vigilia: in Francia nel 1998 e in Corea e Giappone nel 2002 non avevamo – sulla carta – una formazione molto inferiore a questa. Sulla carta, solo sulla carta, però: perché dove questa ha trionfato, quelle fallirono miseramente. E in queste manifestazioni, come in molte altre, conta soprattutto vincere. Se poi si vince bene e con pieno merito, il tripudio è assicurato.

 

Nel 1934 e nel 1938 avevano gioito i nostri nonni, se mai giunse loro notizia della vittoria della nazionale di Vittorio Pozzo nelle due edizioni mondiali disputate in Italia e in Francia. Dopo trentadue anni di attesa, nel 1970, erano stati i nostri giovani genitori prima ad esultare per la mitica Italia-Germania 4-3 e poi ad inchinarsi di fronte alla superiorità del Brasile di Pelé. Ormai più maturi, padri e madri si presero la rivincita nel 1982 con i goal di Paolo Rossi, l’urlo di Marco Tardelli, la pipa e la gioia del presidente Pertini. Alcuni fra noi hanno un ricordo di quei giorni, per lo più vago e confuso; altri semplicemente erano troppo piccoli, o ancora non erano nati. La vittoria del 1982 non era stata nostra, non l’avevamo vissuta in diretta, l’avevamo solo immaginata, e rivista in immagini di repertorio.

 

La nostra generazione ha bene in mente invece la delusione di Italia ’90 (terzo posto finale, fatali i rigori contro l’Argentina di Maradona) e ancor più la stregata finale di Usa ‘94, persa ai rigori contro un Brasile assai meno immenso di quello di Pelé. Era la nazionale fortunata di Arrigo Sacchi, costretta però, ancora una volta, a sbattere il muso contro i calci di rigore; l’errore di Roberto Baggio a rappresentare l’icona di una occasione unica gettata al vento. Insomma, ci mancava una vittoria, ci mancava una emozione da vivere davvero, per un mese intero, partita dopo partita, avversario dopo avversario, goal dopo goal. E’ arrivato, e adesso abbiamo capito cosa vuol dire vincere un mondiale, cosa vuol dire uscire di casa e festeggiare davvero, tutti assieme. Abbracciare quelli che incontri anche se non li conosci, essere uniti tutti insieme da un unico grande avvenimento, che accomuna più di ogni altra cosa. I nostri pc sono già invasi dai video delle ultime due partite, dalle immagini dei goal di Grosso e di Del Piero in semifinale, di quelli di Materazzi, Pirlo, De Rossi, ancora Materazzi, Del Piero e Grosso in finale. E come i nostri genitori, anche noi ora abbiamo vissuto una emozione collettiva che si ricorda, e fra venti, trenta, quaranta anni ancora ricorderemo dove e con chi abbiamo trascorso le serate di martedì 4 luglio e di domenica 9 luglio 2006.

 

E’ solo un gioco, è solo uno sport, ma era il mondiale di calcio. E, accidenti, lo abbiamo vinto. Siamo sul tetto del mondo, ci siamo tutti, e ci stiamo davvero bene. Grazie, Italia.

Redazione Korazym

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