Vivi per sempre

Devo pensare alla 'mia' morte, ciascuno deve pensare alla sua morte. E' abbastanza facile pensare e parlare della morte degli altri. Ma occorre essere tanto onesti da aprir gli occhi e guardare in faccia alla propria morte.

Vivi per sempre

da Teologo Borèl

del 28 ottobre 2005

E' la giornata dedicata in modo particolare ai Defunti. Vorrei parlarvi quindi dei morti e della morte.

Di fronte a queste realtà non si può essere superficiali, non si possono dire cose scontate o frasi fatte. Parlando dei defunti parlo delle mie persone care e delle vostre persone care, che portate nel cuore. Ci sono mamme e papà che piangono e soffrono perché hanno perduto un figlio, ci sono mogli rimaste senza marito o mariti senza moglie, ci sono tanti, anche giovani, anche bambini che non hanno più i genitori. Che cosa passa nel cuore di tutta questa gente? Quanta sofferenza, quanta solitudine, quali drammi, quali interrogativi. Perché?

Perché mio figlio così giovane, lui che aveva la vita davanti a sè? Perché quel male così duro che ha stroncato quel papà, quella mamma, che lasciano qua figlioli soli, indifesi, bisognosi di tutto?

Quanto bisogno di fede, di rassegnazione, di forza, di coraggio!

Parlando dei morti, pregando per i morti vorrei portare nel cuore e presentare al Signore la preghiera, la sofferenza, i drammi di tutti costoro, perché tutta questa realtà, unita al sacrificio di Gesù Cristo, divenga salvezza: salvezza per i vivi e salvezza eterna per i defunti.

Ci è data anche una occasione propizia per pensare alla realtà della morte. Non voglio sfuggire, non voglio evadere al problema. Devo pensare alla 'mia' morte, ciascuno deve pensare alla sua morte. E' abbastanza facile pensare e parlare della morte degli altri. Ma occorre essere tanto onesti da aprir gli occhi e guardare in faccia alla propria morte.

Che cos'è la mia vita? Da dove viene? Dove va? Come la vivrò? Cosa farò? Con quali persone la costruirò? Come finirà la mia vita? Quando finirà? Come avverrà la mia morte? Da vecchio, da adulto, o da giovane? Avverrà all'improvviso o passerò attraverso la malattia? Cosa penserò in quei momenti? Cosa mi passerà nel cuore? Mi dispererò o avrò la forza della serenità? E dopo la mia morte, che sarà? Cosa mi attende? Cosa avrò meritato attraverso tutta la mia vita?

Credo che occorra avere il coraggio di queste domande e il bisogno di risposte vere.

Il discorso della morte non deve rendere tristi; deve farci maturare, riflettere, deve insegnarci a vivere, a dare il giusto valore a tutte le cose, a darci la forza della fede e della preghiera, deve guidarci in un impegno di un comportamento e di una impostazione onesta, seria, responsabile, cristiana.

Occorre camminare lungo la strada di questa vita, che porta all'eternità, a occhi aperti.

Anche oggi siamo chiamati ad una celebrazione pasquale: una celebrazione di luce, di gioia, di pace, di vita. Infatti celebriamo il mistero pasquale di Cristo: come Cristo è morto ed è risorto e vivente per sempre, così i defunti, attraverso la morte, diventano partecipi della risurrezione di Cristo e della vita che Lui ha meritato per l'eternità.

'Non sia turbato il vostro cuore, dice Gesù. Io vado a prepararvi un posto, perché siate anche voi dove sono io'.

E allora comprendiamo che con la morte, 'la vita non è tolta, ma trasformata e mentre si distrugge la dimora in questo esilio terreno, viene preparata una abitazione eterna nei cieli'.

E 'noi – nella salvezza eterna – saremo sempre con il Signore e saremo simili a Lui perché lo vedremo così come Egli è'.

Allora la parola di Dio ci ricorda come è importante 'essere vigilanti nell'attesa': la vita sulla terra è questo cammino da vivere nella vigilanza della fede e dell'adesione al Signore, nel far fruttare i tanti doni che Dio ci ha dato, nell'esprimere il nostro amore concreto alle persone che sono nel bisogno, sapendo che Cristo Gesù ritiene fatto a sé, quanto noi facciamo ai fratelli, ai poveri. Dice uno scrittore spirituale: 'Accoglie Cristo nel povero, ed Egli ti accoglierà nella casa della beatitudine eterna'.

don Roberto Rossi

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