Oggi, quando incontro i genitori nei vari dibattiti, mi sento dire che i loro figli, ai quali non manca niente, hanno la mentalità di chi vuole «tutto, subito, senza fare fatica».Si tratta di vedere cosa sta dietro questo volere tutto: sono solo cose? Vogliono davvero tutto o vogliono qualcosa d'altro?
del 03 gennaio 2008
Quando ho iniziato a lavorare con i ragazzi in difficoltà, me li descrivevano come ragazzi che volevano «tutto, subito, senza fare fatica». Oggi, quando incontro i genitori nei vari dibattiti, mi sento dire che i loro figli, ai quali non manca niente, hanno la mentalità di chi vuole «tutto, subito, senza fare fatica». Il mondo è così cambiato che adesso i ragazzi normali di famiglie normali sono come i «barabitt» di un tempo?
Vogliono tutto, non sono mai contenti di niente. Si tratta di vedere cosa sta dietro questo volere tutto: sono solo cose? Vogliono davvero tutto o vogliono qualcosa d’altro? Tutto e subito! Non hanno la pazienza di attendere. Quando ero ragazzo, chiedevo alla mamma di comprarmi le scarpe nuove. La risposta era: «Te le porterà Gesù Bambino a Natale!». Magari gliele chiedevo in aprile: «Abbi pazienza, devi meritartele!». Oggi non solo le vogliono subito ma dicono anche la marca!
Un giorno ho ricevuto una telefonata da una mamma preoccupatissima perché il figlio di 12 anni stava facendo una sorta di sciopero della fame per avere le famose, a quei tempi, scarpe Timberland.
Mi sono fatto invitare a pranzo: degli ottimi spaghetti con olive nere, acciughe, formaggio caprino. «Ne vuoi?», dico allo scioperante. «No!», risponde. «Per forza, hai già mangiato dal tuo amico!», la frase l’ho buttata lì a caso, sicuro del «non digiuno» del pargolo. «Spione!», ha esclamato, rivelando il segreto della durata del suo lungo digiuno, che lo teneva lontano anche dal frequentare la scuola, temendo la mamma che il figlio svenisse, perché senza forze!
L’ho invitato a salire con me all’ottavo piano del palazzo, dove la mamma era portinaia. Lavorava solo lei, essendo il marito in carrozzella: «Vedi, al mattino, alle 5.30, la mamma incomincia da qui a pulire le scale... Là c’è uno sputo, qui una chewing-gum, là...», così dicendo a piedi siamo scesi fino al piano terra... Agli ultimi gradini, il ragazzo era in lacrime! Le scarpe le ha comprate lo stesso ma false Timberland, «made in Taiwan»!
Senza fare fatica! Il guaio è che spesso noi adulti siamo così deboli e così fragili da evitare le fatiche ai figli. Errore gravissimo: se non li abituiamo al momento giusto, di fronte alle difficoltà del vivere, vanno in crisi!
Allevarli in bambagia, togliere ogni sasso dal loro cammino, farli vivere sotto campana di vetro, è mantenerli eterni bambini, incapaci di affrontare, non le salite, ma anche i cavalcavia!
Ci vogliono degli anticorpi, ci vuole la forza di ritrovare parole antiche come «sacrificio», «rinuncia», che possiamo tradurre in linguaggio moderno con «verifiche sperimentali », sedute di allenamento per gare di campionato, dove chi corre, sa che deve fare di tutto per arrivare fino in fondo. Mi dicono che per avere un buon campione di nuoto, bisogna buttarli in acqua fin da piccoli... Per la vita, quando cominciare gli allenamenti?
 Subito, senza timore di dire alcuni no e alcuni sì, che irrobustiscono la volontà, motivando il nostro atleta al valore del sì e del no, gesti d’amore che i genitori, i loro allenatori adulti, dicono per non tradirli e lasciarli impreparati alla vita. Senza bisogno di inventarle, ogni giorno a casa o a scuola o in oratorio, le occasioni per una sana fatica sono più di mille! Sarebbe un peccato sciuparle.
 
Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano
don Vittorio Chiari
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