... onesti cittadini!

Abbiamo intervistato alcuni giovani sul loro rapporto con il mondo politico e sociale. Ne sono emerse alcune considerazioni interessanti.

Impegno socio-politico?  No, grazie.

Cause di sfiducia

Ecco le critiche dei giovani al mondo dell’impegno civile e politico.

Spesso i fattori economici e gli interessi ad essi legati, prevalgono sulla dimensione etica del compito che dovrebbe essere svolto.

I politici non sono autonomi, si lasciano gestire dalle grandi lobby.

Gli interessi personali vengono spesso anteposti al bene collettivo.

Anche i gruppi ribelli (cfr. new global) non sanno conservare una loro autonomia e vengono manipolati

Spesso prevale una politica di sprechi, si interviene più per ‘immagine’ che per reale servizio al ‘bene pubblico’.

Non c’è una politica reale che tuteli e sostenga la famiglia.

É un momento difficile: non abbiamo modelli positivi, questa ci sembra una falsa democrazia.

La percezione è chiara: c’è il rifiuto di un impegno che appare incapace di coerenza e di perseguire realmente il suo compito.

E i giovani?

Autocritica

Spesso i giovani non si immischiano. Perché:

Sono convinti che le loro idee non abbiano il potere di cambiare la società (la crisi di valori del mondo degli adulti crea in loro insicurezza)

Fondamentalmente ‘subiscono’, convinti sia difficile riuscire ad ottenere qualcosa.

L’entusiasmo è spento. L’attenzione è posta su difficoltà e sofferenze personali. Non si esce dalla propria sfera privata.

Alcuni sostengono che in fondo ‘si sta bene’. Non c’è bisogno di lottare per una società ‘più giusta’ come hanno fatto altre generazioni.

C’è una sorta di egoismo di fondo, per cui non si guarda alla situazione di chi sta peggio, non si ha uno sguardo capace di cogliere ‘il bene comune’ al di là del proprio.

Si accontentano, non puntano al massimo, ciò vorrebbe dire uscire allo scoperto, mettersi in gioco.

I giovani intervistati sono stati schietti. Non si sentono in grado di cambiare nulla. La sfiducia sulle proprie possibilità di azione è lampante. Chiara, però, è anche la presa di coscienza della propria paura ad impegnarsi: si teme di ‘uscire allo scoperto’, si teme di ‘mettersi nella mischia’. Sarà semplice ‘pigrizia’ o la paura di non conservare la coerenza, cosa tanto criticata nei confronti di chi già opera nel mondo socio-politico?

Eppure…

Il futuro è nelle nostre mani. E le cose cambieranno… se qualcuno avrà il coraggio di provarci! Concretamente questo cosa vuol dire?

Cosa significa essere cittadini? E cittadini attivi?

Quali sono i luoghi, le sedi, le modalità per far sentire la propria voce?

Se non tutti possiamo essere persone dedite alla politica ‘ a tempo pieno’  tutti non solo possiamo ma dobbiamo renderci responsabili della costruzione della società in cui viviamo. Se non facciamo la nostra parte… perdiamo anche il diritto di critica: con quale diritto, infatti, criticare ciò che non condividiamo se non abbiamo nemmeno dato un ‘nostro’ parere?

In concreto alcune modalità

Ecco alcune modalità alla portata di tutti ‘per far sentire la propria voce’ ed esercitare la propria cittadinanza attiva:

Votare con responsabilità: esercitare questo diritto … che è anche un dovere. Esprimere le proprie scelte è il modo per far portare avanti i propri valori. Per questo è indispensabile consultare i programmi, partecipare ai dibattiti con i candidati, magari intervenire e fare le proprie obiezioni.

Formarsi una coscienza critica: leggere i giornali, partecipare a incontri pubblici, non fermarsi a una lettura superficiale dei fenomeni sociali, non accettare semplificazioni in ‘buoni e cattivi’.

Iscriversi e sostenere associazioni che esprimono e difendono nella vita civile i valori in cui si crede: è la base della mediazione tra la società civile e il riferimento politico, insieme si possono portare avanti idee che voci isolate non potrebbero proporre. Inoltre, a livello locale, possono essere le promotrici di iniziative di sensibilizzazione e di servizi che già in sé sono fattori di cambiamento e rigenerazione della società.

Non temere di uscire allo scoperto: partecipare a una manifestazione, collaborare ad una raccolta di firme, farsi portavoce… Serve a far sapere qual è la nostra opinione, se non la esprimiamo, sarà difficile che possa venir ascoltata.

Cominciare a pensare ‘il noi’: siamo in un mondo sempre più globalizzato, si tratta di pensare ‘in grande’. Nelle nostre scelte quotidiane tenere presente che non esistiamo da soli. E questo dalla scelta del supermercato, a quella della gestione del denaro, da come si svolge il proprio lavoro a come si gestisce l’abbondanza o lo spreco.

Si tratta di ‘sentirsi dentro’, la società siamo noi. E noi collaboriamo a costruirla e a ‘inventarla’. Certo bisogna amare il rischio…

É necessaria una certa saggezza!

Se per un cristiano essere un cittadino responsabile è un dovere per collaborare a costruire una società veramente umana, non bastano i ‘pii pensieri’.

Conservare la coerenza, non lasciarsi travolgere dagli interessi privati ed economici, implica una profonda rettitudine e un confronto costante, la capacità di non scendere a compromessi, la ricerca costante di soluzioni e proposte adeguate alle sfide.

Ecco perché la cultura, lo studio, la partecipazioni alla vita associativa è determinante per abilitarsi e per potenziare gli strumenti a propria disposizione. Inoltre, la vita associativa è importante per avere un gruppo di amici che, nel momento in cui si uscirà allo scoperto, possano vegliare ‘sulla propria coerenza’ e avere la possibilità di avvertire nel caso in cui si stessero lasciando quei valori e quelle idee che si volevano promuovere.

Per riflettere: vivere la cittadinanza oggi

Sbarazzarsi di tre parole

1. Consumatore: Secondo la concezione dominante, gli errori oggi sono dei consumatori. E si esiste solo se si è consumatori. La persona umana vale in funzione del suo potere d’acquisto. In questo senso si muovono anche le proposte per ‘un altro consumo’ le cui lotte hanno contribuito al cambiamento di situazione di alcuni produttori di paesi in via di sviluppo. Il rischio, però, è di mettere l’accento sul consumo e di non mettere abbastanza in discussione il sistema di produzione e in particolare i meccanismi politici di decisioni in materia di gestione delle risorse. E’ urgente e umano ridare efficacia ed autorità ai parlamenti.

2. Azionista: è opinione comune che il detentore di capitale finanziario detiene il vero potere decisionale. Aumentare il capitale privato (e non quello sociale collettivo) è considerato il motore dello ‘sviluppo economico’. Idea di fondo: più ciascuno diventa azionista più la libertà e la democrazia prosperano, ma questo non è provato. In questo senso la finanza etica, che ha un grande valore, rischia di non trasformare l’azionista in un cittadino. Non crea un’alternativa al sistema finanziario vigente.

3. Risorse umane: Sembra un progresso rispetto all’essere umano ‘fattore di produzione’. Ma dal momento in cui la persona umana è ridotta a ‘risorsa umana’ la ‘persona’ non esiste più. La ‘risorsa umana’ quando non rende più o quando l’azionista desidera, non è più impiegabile e perde, quindi, ogni diritto sociale. La misura di un essere umano è relazionata alla sua umanità e, per tanto, è universale e inalienabile. La misura della risorsa umana è data dalla sua utilità per il capitale finanziario e come tale è reversibile e temporanea.

(Ri) costruire il presente e il divenire della cittadinanza:

a partire da tre parole:

1. Il diritto di vivere: Nel mezzo della realtà di oggi che grida il bisogno di giustizia è necessario cominciare a vivere la cittadinanza con impegno costante, forte e rigoroso per il diritto di vivere di tutti, a partire dal livello locale (il paese, la città) ed in ogni settore. Bisogna mirare a cambiare le regole del gioco e i rapporti sociali in meteria di distribuzione delle risorse disponibili.

Beni comuni mondiali: oltre che a livello mondiale, lavorare a livello locale per ricostruire il tessuto sociale sulla promozione e la salvaguardia dei ‘beni comuni’, ciòè di quei beni naturali e immateriali che sono essenziali alla vita individuale e collettiva. Si tratta di percepirsi nel legame sociale di ‘una comunità’.

Umanità: l’umanità è la famiglia umana, ma non esiste sul piano giuridico e politico. Un peso importante in questa direzione è rappresentato dalla costituzione del Tribunale Penale Istituzionale dei Crimini contro l’Umanità. Ma si tratta di un primo passo… La mondializzazione richiede un soggetto responsabile, rappresentativo dei diritti e dei doveri della famiglia umana mondiale, della società mondiale, dell’economia mondiale.

Bibliografia :

Riccardo Petrella, Vivere la cittadinanza oggi, in “Rivista di Scienze dell’educazione” 1 (2003), pp. 118-125.


di sr Francesca Venturelli

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