Ogni anno, nel giorno del Giovedì santo, i nostri giovani si recavano nelle varie chiese di Torino per venerare e ammirare i « santi sepolcri ». Ma in quei tempi difficili, gruppi di giovina¬≠stri prendevano in giro i ragazzi dell'Oratorio, li insultavano. Alcuni avevano paura, non osavano più entrare in una chiesa. Allora presi una decisione coraggiosa.
del 09 maggio 2011
 
Il primo coro di voci bianche
     La vita religiosa e morale dei giovani era esposta a seri pericoli. Occorreva moltiplicare gli sforzi per aiutarli. Accanto alla scuola serale e diurna, alla scuola di musica vocale, aprimmo anche la scuola di pianoforte, di organo e di altri strumenti musicali. Divenni così maestro di musica vocale e strumentale, di organo e pianoforte, senza esserne mai stato un vero allievo. La buona volontà suppliva. Preparammo un piccolo coro di voci bianche, che si esibì prima nella chiesetta dell’oratorio, poi a Torino, Rivoli, Moncalieri, Chieri e in altri luoghi. I nostri cantori erano preparati e diretti dal canonico Luigi Nasie da don Michelangelo Chiatellino. Finallora non si erano mai ascoltati cori di ragazzi. Le sue esecuzioni erano una grande novità. Dappertutto si parlava della nostra musica, il coro di voci bianche era desiderato e invitato alla solennità. Don Nasi e don Chiatellino divennero anche gli accompagnatori ufficiali della nostra nascente “società filarmonica”.     Andavamo ogni anno al Santuario della Consolata a celebrare una funzione religiosa. Quell’anno ci recammo in processione partendo dall’Oratorio. I nostri canti risuonarono per le strade e attirarono una vera folla di gente. In chiesa celebrai la messa. I ragazzi fecero la Comunione e cantarono. Poi scendemmo nella cappella sotterranea e dissi a tutti una buona parola. Gli oblati di Maria ci ringraziarono offrendo ai ragazzi una splendida colazione sotto i portici del Santuario.  Il Municipio dà una mano e mille lire      Così i giovani imparavano a mostrare francamente la loro fede, e altri ragazzi si univano a noi. Erano manifestazioni in cui, pur con la massima prudenza, davamo lezione di vita cri­stiana, rispetto alle autorità e frequenza ai santi Sacramenti. Era­no avvenimenti insoliti, che facevano parlare e discutere.Il Municipio di Torino, per verificare ciò che si diceva di noi, mandò in quell'anno una commissione composta dal ca­valiere Pietro Ropolo del Capello, detto Moncalvo, e dal com­mendatore Duprè. Esaminarono la nostra attività, ne furono soddisfatti, e scrissero una buona relazione sulla vita dell'Ora­torio. Risultato: un premio di lire mille e una lettera di elogi.     Da quell'anno il Municipio ci mandò un sussidio annuale fino al 1878. Dopo quell'anno (come ho già detto) ci fu tolto il sussidio. Cessava così ciò che quei saggi amministratori ave­vano messo in bilancio per sostenere una scuola serale che istrui­va i figli del popolo.     Pure l'Opera della Mendicità, che aveva iniziato scuole se­rali e musicali adottando i nostri metodi, mandò una delega­zione a farci visita. La capeggiava il cavaliere Gonella. Come segno di simpatia e di sostegno ci diede anch'essa un premio di mille lire.  Pellegrinaggio di ragazzi coraggiosi      Ogni anno, nel giorno del Giovedì santo, i nostri giovani si recavano nelle varie chiese di Torino per venerare e ammirare i « santi sepolcri ». Ma in quei tempi difficili, gruppi di giovina­stri prendevano in giro i ragazzi dell'Oratorio, li insultavano. Alcuni avevano paura, non osavano più entrare in una chiesa. Allora presi una decisione coraggiosa. Per dare a tutti la forza di vincere il disprezzo, tutto l'Oratorio si recò in processione alle varie chiese, cantando lo Stabat Mater e il Miserere.     Il risultato superò le mie previsioni: molti ragazzi piccoli e grandi, ricchi e poveri, lungo la strada si unirono a noi, e ven­nero con noi ad adorare l'Eucaristia. Abbiamo potuto pregare e cantare con ordine e tranquillità.     La sera di quel Giovedì santo (era la prima volta per l'Ora­torio) ripetemmo la « lavanda dei piedi » fatta da Gesù. Furono scelti dodici ragazzi, che ricevettero il titolo di « dodici aposto­li ». Dopo la lavanda, dissi alcune buone parole ai giovani e al­la gente che si era unita a noi. Quindi invitai i « dodici apostoli » a partecipare alla nostra povera cena, e diedi a ciascuno un pic­colo regalo, che accettarono con gioia.Pure in quell'anno, lungo le pareti della cappellina, collo­cammo le « stazioni della Via Crucis », e le benedicemmo con grande solennità. Ad ogni stazione dicevo una breve parola, e i ragazzi cantavano la strofa di un canto sacro.     Così il nostro povero Oratorio si irrobustiva poco alla vol­ta, mentre si verificavano gravi avvenimenti che dovevano cam­biare l'aspetto politico dell'Italia e forse del mondo. 
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