Un gruppo di ragazzi divennero miei amici già nei primissimi giorni della mia entrata al Convitto. Me li trovavo intorno quando dovevo uscire lungo i viali e le piazze. Mi seguivano anche nella sacrestia della chiesa del Convitto. Non disponevo però di un locale per radunarli e per dare un minimo di stabilità al mio progetto di aiutarli.
del 08 gennaio 2007Il ragazzo che scappò a gambe levate
Un gruppo di ragazzi divennero miei amici già nei primissimi giorni della mia entrata al Convitto. Me li trovavo intorno quando dovevo uscire lungo i viali e le piazze. Mi seguivano anche nella sacrestia della chiesa del Convitto. Non disponevo però di un locale per radunarli e per dare un minimo di stabilità al mio progetto di aiutarli.
Fu uno strano incidente a provocare la realizzazione di quel progetto. Da quell'avvenimento derivò la mia azione a favore dei giovani che vagavano per le vie della città, e specialmente di quelli che uscivano dalle carceri.
Nella festa dell'Immacolata Concezione di Maria (8 dicembre 1841), nell'ora che mi era stata fissata, stavo indossando i paramenti per celebrare la santa Messa. II sacrestano, Giuseppe Comotti, vedendo un ragazzo in un angolo, lo invitò a servire la Messa.
- Non sono capace - rispose tutto mortificato. - Dai, vieni a servire questa Messa - insistette. - Ma non sono capace, non l'ho mai servita.
- Allora sei un bestione! - si infuriò il sacrestano. - Se non sai servire Messa, perché vieni in sacrestia? - Sempre in furia, afferrò la canna che gli serviva per accendere le candele e la menò sulle spalle e sulla testa del povero ragazzo, che scappò a gambe levate. Allora gridai al sacrestano:
- Ma cosa fa? Perché picchia quel ragazzo? Che male le ha fatto?
- Viene in sacrestia e non sa nemmeno servir Messa! - E per questo bisogna picchiarlo?
- A lei cosa importa?
- Importa molto, perché è un mio amico. Lo chiami subito. Ho bisogno di parlare con lui.
 
«Mia madre è morta »Il sacrestano gli corse dietro gridando: «Ehi, ragazzo! ». Lo raggiunse, lo tranquillizzò e lo riportò accanto a me. Mortificato e tremante stava lì a guardarmi. Gli domandai con amorevolezza:
- Hai già ascoltato la Messa?
- No.
- Vieni ad ascoltarla. Dopo ho da parlarti di un affare che ti farà piacere.
Me lo promise. Desideravo far dimenticare a quel poveretto le botte ricevute e cancellare la pessima impressione che doveva avere sui preti di quella chiesa. Celebrai la santa Messa, recitai le preghiere di ringraziamento, poi lo condussi in una cappellina. Con la faccia allegra gli assicurai che pi√π nessuno l'avrebbe picchiato, e gli parlai:
- Mio caro amico, come ti chiami? - Bartolomeo Garelli.
- Di che paese sei? - Di Asti.
- È vivo tuo papà? - No, è morto.
- E tua mamma?
- Anche lei è morta. - Quanti anni hai? - Sedici.
- Sai leggere e scrivere? - Non so niente.
- Hai fatto la prima Comunione? - Non ancora.
- E ti sei già confessato?
- Sì, ma quando ero piccolo. - E vai al catechismo?
- Non oso. - Perché?
- Perché i ragazzi più piccoli sanno rispondere alle domande, e io che sono tanto grande non so niente. Ho vergogna. - Se ti facessi un catechismo a parte, verresti ad ascoltarlo? - Molto volentieri.
- Anche in questo posto?
- Purché non mi prendano a bastonate.
- Stai tranquillo, nessuno ti maltratterà. Anzi, ora sei mio amico, e ti rispetteranno. Quando vuoi che cominciamo il nostro catechismo?
- Quando lei vuole. - Stasera?
- Va bene.
- Anche subito?
 - Con piacere.
 
Tutto nacque da una lezione di catechismoMi alzai e feci il segno della santa Croce per cominciare. Mi accorsi però che Bartolomeo non lo faceva, non ricordava come doveva farlo. In quella prima lezione di catechismo gli insegnai a fare il segno di Croce, gli parlai di Dio Creatore e del perché Dio ci ha creati.
Non aveva una buona memoria, tuttavia, con l'attenzione e la costanza, in poche lezioni riuscì a imparare le cose necessarie per fare una buona confessione e, poco dopo, la sua santa Comunione.
A Bartolomeo si aggiunsero altri giovani. Durante quell'inverno radunai anche alcuni adulti che avevano bisogno di lezioni di catechismo adatte per loro. Pensai soprattutto a quelli che uscivano dal carcere. Toccai con mano che i giovani che riacquistano la libertà, se trovano un amico che si prenda cura di loro, sta loro accanto nei giorni festivi, trova per loro un lavoro presso un padrone onesto, li va a trovare qualche volta lungo la settimana, dimenticano il passato e cominciano a vivere bene. Diventano onesti cittadini- e buoni cristiani.
Questo è l'inizio del nostro Oratorio, che fu benedetto dal Signore e crebbe come non avrei mai immaginato.
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