Fin dal primo momento in cui avevo conosciuto don Borel, avevo visto in lui un sacerdote santo, un modello da ammirare e da imitare. Tutte le volte che ero stato accanto a lui, avevo ricevuto efficaci lezioni di vita sacerdotale. Dava buoni consigli, e insieme sapeva entusiasmare al lavoro per Dio.
del 08 gennaio 2007Quaranta ragazzi attorno a un confessionale
Mentre iniziavo l'Oratorio, cominciavo pure a predicare nelle chiese di Torino, nell'Ospedale di Carità, all'Albergo di Virtù (istituzione che dava ospitalità a un centinaio di ragazzi poveri), nelle carceri, nel Collegio di san Francesco da Paola. Mi impegnavo nella predicazione di tridui, novene ed Esercizi Spirituali.
Dopo due anni di Convitto potei dare l'esame di confessione. Da quel momento ho potuto ricevere i giovani che volevano riconciliarsi con Dio e dare loro il suo perdono. Nelle carceri, nell'Oratorio e dovunque ne avevo la possibilità, potei aiutare i giovani con più efficacia a crescere nella bontà e nella vita di figli di Dio.
Era per me una gioia durante la settimana, e soprattutto nei giorni di festa, vedere il mio confessionale attorniato da quaranta o cinquanta giovani, che aspettavano pazientemente il loro turno per riconciliarsi con Dio.
Ciò che ho narrato nelle ultime pagine fu l'andamento normale dell'Oratorio per quasi tre anni, dal dicembre dei 1841 all'ottobre del 1844.
Intanto avvenimenti nuovi, mutamenti e anche sofferenze si affacciavano all'orizzonte. La Provvidenza ci guidava.
« Vedo una folla di ragazzi che mi domanda aiuto »Dopo tre anni di preparazione, venne l'ora di scegliere un lavoro sacerdotale nella vita della chiesa torinese.
Don Giuseppe Comollo, il vecchio e cadente zio di Luigi, parroco di Cinzano, chiese all'Arcivescovo di mandarmi come economo amministratore nella sua parrocchia. Per l'età e la salute precaria non poteva più gestirla da solo. L'Arcivescovo diede il suo consenso. Fu don Guala stesso che mi dettò la lettera in cui ringraziavo l'Arcivescovo Fransoni, ma declinavo l'invito. Egli, con don Cafasso, mi preparava un altro campo d'apostolato.
Un giorno don Cafasso mi chiamò nel suo ufficio e mi disse: - Il corso dei suoi studi è terminato. Ora bisogna andare a lavorare. Ci sono però tante possibilità di lavoro nel campo del Signore. A che cosa si sente particolarmente portato?
- A ciò che lei mi indicherà.
- In questo momento ci sono tre possibilità: viceparroco a Buttigliera d'Asti, professore di morale qui al Convitto, direttore dell'Ospedaletto che sta sorgendo accanto al Rifugio. Cosa sceglie?
- Ciò che lei giudicherà più opportuno per me.
- Ma non sente un'inclinazione maggiore per un posto o per l'altro?
- La mia inclinazione è occuparmi della gioventù. Lei lo sa e decida come vuole. Nel suo consiglio vedrò la volontà di Dio. - In questo momento che cosa c'è nella sua mente? Cosa vede con la sua fantasia?
- Mi sembra di trovarmi in mezzo a una folla di ragazzi che mi domandano aiuto.
- Allora vada a fare qualche settimana di ferie. Quando tornerà, le dirò la sua destinazione.
Dopo le ferie, don Cafasso lasciò passare alcune settimane senza dirmi niente. E io zitto.
- Perché non mi domanda qual è la sua destinazione? - mi disse un giorno.
- Perché voglio fare la volontà di Dio quando e come lei mi indicherà. Non voglio metterci niente di mio.
- Faccia la valigia e vada da don Borel al Rifugio. Sarà direttore del piccolo Ospedale di santa Filomena. Lavorerà anche nell'Opera del Rifugio. Intanto Dio le indicherà ciò che deve fare per la gioventù.
 
« Ma dove radunare i miei ragazzi? »A prima vista, quella decisione era in contrasto con le mie inclinazioni. Dovevo assumere la direzione di un ospedale, e inoltre predicare e confessare in un Istituto che ospitava quattrocento ragazze. Come avrei trovato il tempo necessario per l'Oratorio? Eppure, questa era la volontà di Dio. L'avvenire l'avrebbe dimostrato.
Fin dal primo momento in cui avevo conosciuto don Borel, avevo visto in lui un sacerdote santo, un modello da ammirare e da imitare. Tutte le volte che ero stato accanto a lui, avevo ricevuto efficaci lezioni di vita sacerdotale. Dava buoni consigli, e insieme sapeva entusiasmare al lavoro per Dio.
Nei tre anni che avevo trascorso al Convitto, mi aveva pi√π volte invitato a predicare e a confessare al Rifugio, dove faceva il prete in maniera eccellente. Il campo del mio futuro lavoro, quindi, non soltanto lo conoscevo, ma mi era familiare.
Mi sono consultato pi√π volte con lui per migliorare il mio lavoro nelle carceri (dove faceva apostolato pure lui) e per fissare le norme essenziali per un lavoro efficace tra i ragazzi. Il problema dei giovani abbandonati e in pericolo di rovinarsi richiamava sempre pi√π l'attenzione dei sacerdoti torinesi. Ora, nella situazione nuova in cui mi venivo a trovare, come dovevo comportarmi? Dove radunare i miei ragazzi?
- La camera che le è stata destinata - mi disse don Borel - può servire per qualche tempo come punto d'incontro per i ragazzi che si radunavano a san Francesco d'Assisi. Quando poi potremo disporre dell'edificio che si sta preparando per i preti, accanto all'ospedaletto, cercheremo una soluzione migliore.
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