La costruzione della chiesa era ormai a livello del terreno quando mi accorsi che non avevo più soldi. Con la vendita di case e terreni avevo messo insieme 35 mila lire, ma esse erano sparite come neve al sole. Mi misi a pensare a una lotteria pub¬≠blica. Riuscimmo a raccogliere 3300 doni.
del 09 maggio 2011
 
Nella cappella-tettoia i ragazzi svenivano
     I disagi morali che ci davano casa Pinardi e la Giardiniera erano finiti. Ora bisognava pensare a una chiesa più decorosa per le celebrazioni liturgiche e più adatta alla quantità sempre crescente di giovani.La cappella-tettoia era stata ingrandita un poco, ma era sem­pre troppo piccola e troppo bassa. Chi vi entrava doveva scen­dere due gradini, e così, quando fuori pioveva, l'acqua vi en­trava e ci allagava. D'estate eravamo invece soffocati dal caldo e dall'odore sgradevole. In ogni festa c'era qualche ragazzo che sveniva. Dovevamo portarlo fuori a braccia, come un asfissiato.     Era quindi necessario costruire un edificio arioso, salubre e proporzionato al numero dei giovani. Il disegno fu fatto dal cavalier Blachier. Comprendeva l'attuale chiesa di S. France­sco di Sales e il rifacimento completo della casa Pinardi. Im­presario era il signor Federico Bocca. Furono scavate le fonda­menta. La prima pietra fu benedetta il 20 luglio 1851 dal cano­nico Moreno, economo generale della diocesi, e collocata dal cavalier Giuseppe Cotta. Il celebre padre Barrera, commosso dalla vista di un gran numero di gente venuta per quella circo­stanza, montò su un rialzo del terreno e improvvisò uno stu­pendo discorso. Una pietra come un granello     Le sue prime parole furono: « Signori. La pietra che abbia­mo benedetta e collocata a fondamento di questa chiesa, ha due grandi significati. Significa il granello di senapa che crescerà in albero, presso cui verranno molti ragazzi a rifugiarsi. Significa che questa opera si fonda sopra una pietra angolare che è Gesù Cristo. I nemici della fede cercheranno di abbatterla, ma i loro sforzi saranno vani ».     Poi padre Barrera svolse queste due affermazioni tra l'at­tenzione rispettosa degli ascoltatori, che sentivano in lui un pre­dicatore ispirato.Quella festa allegra e rumorosa attirò giovani da tutte le parti. Molti venivano ormai all'Oratorio a ogni ora del giorno, altri mi pregavano di dare loro ospitalità come interni. Il loro nu­mero, in quell'anno, superò i cinquanta. Si cominciò qualche laboratorio in casa, perché l'uscita dei ragazzi a lavorare in cit­tà si dimostrava sempre più pericolosa.La costruzione della chiesa era ormai a livello del terreno quando mi accorsi che non avevo più soldi. Con la vendita di case e terreni avevo messo insieme 35 mila lire, ma esse erano sparite come neve al sole. L'Economato (della città) ci assegnò un aiuto di 9 mila lire, ma ce le avrebbe versate quando l'opera fosse quasi terminata. Il Vescovo di Biella, poiché nell'Orato­rio erano ospitati e aiutati molti giovani lavoratori biellesi, di­ramò una circolare ai suoi parroci, invitandoli a raccogliere of­ferte. Ecco le sue parole. La lettera del Vescovo di Biella     «Molto Reverendo Signore,l'egregio e pio sacerdote don Bosco, animato da una carità veramente angelica, cominciò a raccogliere nei giorni festivi i giovani che incontrava, abbandonati e dispersi per le piazze e le strade, nella zona grande e popolosa che si estende tra Borgo Dora e il Martinetto. Li ha raccolti in un luogo adatto ai ragaz­zi, per farli divertire e per educarli cristianamente. Ne ha rac­colti così tanti che la cappellina di cui dispone è diventata trop­po piccola. Non contiene nemmeno un terzo dei seicento e più ragazzi che vi accorrono. Spinto dall'amore, don Bosco ha ini­ziato la difficile impresa di costruire una chiesa corrispondente al bisogno dei ragazzi. Si è rivolto alla carità dei Cattolici per poter sostenere le spese' gravi che la costruzione esige.     Con particolare fiducia egli si rivolge per mio mezzo alla no­stra Diocesi e provincia, poiché tra i seicento e più che si riuni­scono attorno a lui e frequentano il suo Oratorio, più di un ter­zo (oltre duecento) sono giovani biellesi. Parecchi di essi sono anche ospitati in casa sua, e sono forniti gratuitamente di vitto e vestito, per poter imparare una professione. Egli chiede quin­di a noi un aiuto non solo per carità, ma anche per giustizia.     La prego quindi di informare i suoi buoni parrocchiani su que­sta opera così interessante, di insistere presso le persone più be­nestanti, e di destinare la questua di una domenica a questo fi­ne. Il ricavato della questua verrà mandato in Curia con un mez­zo sicuro e con un biglietto che indichi la somma e il luogo da cui proviene.     Mentre i protestanti tentano di aprire un tempio per inse­gnare l'errore che porterà alla perdizione i loro fratelli, i catto­lici non saranno capaci di contribuire alla costruzione di una chiesa in cui sarà insegnata la verità e la via della salvezza a lo­ro, ai loro fratelli, ai loro compatrioti? Ho la viva speranza di poter sostenere degnamente l'opera dell'uomo di Dio con le of­ferte che ci perverranno. Spero pure di toccare con mano un segno della buona volontà illuminata e riconoscente dei miei dio­cesani verso un'opera che è santa, utile, anzi necessaria ai tem­pi in cui viviamo. Colgo questa opportunità per riaffermarvi la mia stima e il mio affetto.Biella 13 settembre 1851. Dev.mo Giovanni Pietro vescovo ». La prima lotteria     La questua fruttò mille lire. Ma furono gocce d'acqua su un terreno riarso. Quindi mi misi a pensare a una lotteria pub­blica. Riuscimmo a raccogliere 3300 doni. Il Papa, il Re, la Regina Madre, la Regina Consorte e tutta la Corte Sovrana si se­gnalarono mandando doni.     Lo spaccio dei biglietti (ciascuno costava mezza lira) fu por­tato a termine. Quando si fece la pubblica estrazione al Palaz­zo di Città, molti cercavano ancora di comprare biglietti, di­sposti a pagarli dieci volte il loro prezzo.(A questo punto, don Bosco suggerisce all'eventuale trascrit­tore delle sue memorie. « Si può mettere il Programma e il Re­golamento di questa Lotteria». Ma mi sembrano documenti aridi e burocratici, senza particolare interesse).     Molti vincitori lasciarono il loro premio a vantaggio della chiesa. Questo ci procurò un ulteriore aiuto. Le spese furono ingenti, ma la somma netta ricavata fu di lire 26 mila.   
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