18. Fallimento a San Pietro in Vincoli

Dopo due mesi passati a San Martino, quindi, abbiamo dovuto nuovamente emigrare. La nuova località sembrava più adatta all'Oratorio. Il lungo porticato, il cortile spazioso, la chiesa adatta alle sacre celebrazioni, eccitavano l'entusiasmo dei ragazzi. Sprizzavano gioia...

18. Fallimento a San Pietro in Vincoli

da Don Bosco

del 08 gennaio 2007La cuffia per traverso della domestica

Il Sindaco (come dicevo) e le autorità del Municipio sapevano benissimo che le accuse contro di noi erano senza fondamento. Così abbiamo fatto una nuova richiesta: di fare i nostri raduni nel cortile e nella chiesa del Cenotafio del SS.mo Crocifisso, chiamato dalla gente S. Pietro in Vincoli. Il Municipio, visto l'appoggio dell'Arcivescovo, diede il suo consenso.

Dopo due mesi passati a San Martino, quindi, abbiamo dovuto nuovamente emigrare. La nuova località sembrava più adatta all'Oratorio. Il lungo porticato, il cortile spazioso, la chiesa adatta alle sacre celebrazioni, eccitavano l'entusiasmo dei ragazzi. Sprizzavano gioia.

Ma in questa sede ci attendeva un potente nemico, che noi non conoscevamo ancora. Non era uno dei tanti defunti che riposavano nei vicini sepolcri. Era una persona viva: la domestica del cappellano. Appena questa donna senti i canti, le grida e (diciamolo pure) la baraonda degli oratoriani, si precipitò fuori della sua casa. Era furiosa. Con la cuffia di traverso e le mani sui fianchi cominciò a inveire contro la folla dei ragazzi che giocavano. Insieme con lei urlavano contro di noi una ragazzina, un cane, un gatto e tutto un branco di galline. Sembrava imminente lo scoppio di una guerra europea.

Cercai di avvicinare quella donna per calmarla. Le dissi che quei ragazzi non erano cattivi, che giocavano con vivacità ma non facevano nessun male. Allora si volse verso di me e mi coprì di contumelie.

 

L'ultima lettera di don Tesio

Capii che la cosa migliore era interrompere la ricreazione. Ho fatto un po' di catechismo, siamo andati in chiesa a recitare il Rosario, e poi ce ne siamo andati. Speravo di poter tornare la domenica dopo con più tranquillità. Invece la mia speranza naufragò miseramente.

Quando alla sera tornò il cappellano, la domestica gli sollevò attorno un polverone: diceva e ripeteva che don Bosco e i suoi ragazzi erano rivoluzionari, profanatori di luoghi santi, canaglie. Il buon cappellano finì per scrivere, sotto dettatura della domestica, una lettera al Municipio.

C'era tanto veleno in quella lettera, che fu immediatamente spiccato ordine di cattura per chiunque di noi fosse tornato in quel luogo.

Rincresce dirlo, ma quella fu l'ultima lettera del cappellano don Tesio. La scrisse lunedì, e poche ore dopo mori stroncato da un colpo apoplettico. Due giorni dopo morì anche la domestica. La notizia si divulgò rapidamente e fece una profonda impressione, specialmente sui giovani. Tutti volevano conoscere i particolari della disgrazia. Ma a San Pietro in Vincoli era proibito radunarci. Dove potevamo fare le nostre riunioni? Non lo sapevano i ragazzi, ai quali non avevo potuto dare un punto di riferimento. E non lo sapevo nemmeno io.

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