Vivere quest'anno con lo sguardo rivolto ai valori delle origini del movimento.Anzitutto coltivate-coltiviamo con dedizione il valore della gratuità ‚Äì che non è dare cose gratis ‚Äì in un tempo che lo ha negato e oscurato, nell'illusione che tutto il mondo funzionasse solo con la logica dello scambio degli equivalenti. La gratuità è un modo di vivere la vita e di pensarla, è un modo di vivere il proprio lavoro, è la bussola che governa le relazioni.
del 12 gennaio 2011
          Il 2011 è stato proclamato dall’Unione Europea “Anno del volontariato”. E’ una bella occasione per avviare una riflessione seria, e direi appassionata, sul volontariato in Italia che è prima di tutto una “esperienza”, un servizio al prossimo che più ha bisogno, e più in generale un servizio al bene comune del territorio in cui vive.           Se ne parlerà tanto, probabile che molti discetteranno retoricamente sui valori della gratuità e del dono. Destra e sinistra si contenderanno la titolarità delle celebrazioni tirando per la giacchetta i volontari, assai lontani da queste dinamiche. C’è davvero da augurarsi che sia l’Anno di coloro che il volontariato lo fanno, e non di quelli che lo scrivono e lo studiano. Quanti libri, quante ricerche sparse per l’Italia sono state pubblicate per testare lo stato di salute dei volontari in Italia. Il censimento nazionale che Istat avvierà nel 2011 – censimento che dedica una sezione ad hoc per il terzo settore - ci darà il quadro aggiornato sull’universo non profit italiano.          Mi permetto di proporre agli amici volontari qualche spunto di riflessione: ho vissuto in un’associazione, l`Agesci, nata – non come sigla ma come scautismo cattolico – nel 1916, tutta composta di volontari, compresi i presidenti nazionali cui vengono rimborsate, rigorosamente, solo le spese sostenute nello svolgimento delle proprie funzioni.          Anzitutto coltivate-coltiviamo con dedizione il valore della gratuità – che non è dare cose gratis – in un tempo che lo ha negato e oscurato, nell’illusione che tutto il mondo funzionasse solo con la logica dello scambio degli equivalenti. La gratuità è un modo di vivere la vita e di pensarla, è un modo di vivere il proprio lavoro, è la bussola che governa le relazioni.          Non siate corporativi, non difendete troppo le opere che avete costruito: se le opere non sono più utili a rispondere a un effettivo bisogno di umanità e di amicizia, smontatele. E rimettevi in cammino, sulla strada, con l’orecchio attento e la vista lunga.          Non riducetevi a un’agenzia di servizi come taluni vorrebbero: siete anzitutto una “esperienza” di amicizia e di fraternità, date aiuto anzitutto donando tempo e buone relazioni: accanto al pasto consegnato all’anziano offrite amicizia, affetto, e così riceverete tanto di più. Quando l’esperienza di comunità si stempera e si logora in nome di un servizio che si spersonalizza, accade che i giovani siano i primi a lasciare: a loro non basta salire su un’autoambulanza.          Siate autonomi dalla politica e dalle istituzioni: esistevate anche prima che la legge 266 vi “scoprisse”, prima che i Comuni attivassero le convenzioni, prima del 5 per mille: la vostra legittimazione non ve la dà l’assessore e il sindaco ma le persone e le famiglie che sostenete. Interessatevi di politica, politica vera quella che dovrebbe anzitutto aiutare i più bisognosi e che dovrebbe mettere al centro del proprio agire la solidarietà e la sussidiarietà. Testimoniate una cittadinanza attiva e operosa, e che talvolta va in piazza non per se stessa ma per tutelare i diritti di coloro che non ne hanno più. Insomma siate scomodi, non spaventatevi.          E infine coltivate la bellezza nelle vostre opere e nel vostro fare: la bellezza è cortesia, è attenzione ai piccoli gesti, ai particolari, alle cose fatte bene; è dire parole buone al momento giusto, è stupirsi dello splendore nascosto e misterioso presente nel volto dei sofferenti.    Edoardo Patriarca
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