Tutte le sere in cui non ero accompagnato, entrato tra gli alberi, vedevo spuntare il Grigio da qualche punto della strada. I giovani dell'Oratorio lo videro molte volte. Una sera entrò nel cortile e fu il protagonista di una lunga scena. Qualcuno lo vo¬≠leva allontanare con un bastone, altri con dei sassi. Giuseppe Buzzetti intervenne: - Non fategli del male. È il cane di don Bosco.
del 09 maggio 2011
 
« Quando mi vedo accanto un grosso cane »     Il cane Grigio è stato oggetto di molte discussioni e di varie supposizioni. Non pochi di voi l'hanno visto e anche accarez­zato. Ora io lascio da parte le strane storie che si raccontano su questo cane, ed espongo ciò che è la pura verità.     I frequenti brutti scherzi da cui ero preso di mira mi consi­gliavano a non camminare da solo nell'andare e venire dalla città di Torino. A quel tempo l'ospedale psichiatrico era l'ultimo edi­ficio della città. Di lì, scendendo verso l'Oratorio, c'era un lun­go tratto di campagna ingombra di cespugli e di acacie. Una sera oscura, piuttosto sul tardi, venivo a casa solo so­letto, non senza un po' di paura, quando mi vidi accanto un grosso cane che a prima vista mi spaventò. Ma non ringhiò con­tro di me, anzi mi fece le feste come se fossi il suo padrone. Abbiamo fatto amicizia e mi accompagnò fino all'Oratorio. Ciò che avvenne quella sera si ripeté molte altre volte. Posso dire che il Grigio mi ha aiutato parecchie volte in maniera straordi­naria. Esporrò alcuni fatti.     Sul finire del novembe 1854, una sera nebbiosa e piovosa, venivo solo dalla città. Per non percorrere un lungo tratto disa­bitato, discendevo per la via che dal santuario della Consolata porta all'Opera del Cottolengo. A un tratto mi accorsi che due uomini camminavano a poca distanza da me. Acceleravano o rallentavano il passo ogni volta che io acceleravo o rallentavo. Tentai di portarmi dalla parte opposta per evitare di incontrar­li, ma essi lestamente si riportarono davanti a me. Provai a tor­nare indietro, ma era troppo tardi: con due balzi improvvisi, in silenzio, mi gettarono un mantello sulla testa. Mi sforzai di non lasciarmi avviluppare nel mantello, ma non ci riuscii. Uno tentò di turarmi la bocca con un fazzoletto. Volevo gridare, ma non ci riuscivo più. In quel momento apparve il Grigio. Urlan­do si lanciò con le zampe contro la faccia del primo, poi azzan­nò l'altro. Ora dovevano pensare al cane prima che a me.- Chiami questo cane! - gridarono tremanti. - Lo chiamo se mi lasciate andare in pace. - Lo chiami subito! - implorarono.     Il Grigio continuava a urlare come un lupo arrabbiato. An­darono via lesti, e il Grigio, standomi a fianco, mi accompa­gnò fino all'Opera del Cottolengo. Mi ripresi dallo spavento, e gradii molto una bevanda che i religiosi del Cottolengo mi of­frirono con carità. Quindi, ben scortato, tornai a casa.« Non fategli del male. È il cane di don Bosco »     Tutte le sere in cui non ero accompagnato, entrato tra gli alberi, vedevo spuntare il Grigio da qualche punto della strada.  I giovani dell'Oratorio lo videro molte volte. Una sera entrò nel cortile e fu il protagonista di una lunga scena. Qualcuno lo vo­leva allontanare con un bastone, altri con dei sassi. Giuseppe Buzzetti intervenne:- Non fategli del male. È il cane di don Bosco.Allora si misero ad accarezzarlo e a fargli festa. Lo accom­pagnarono da me. Ero in refettorio e facevo cena con alcuni preti e con mia madre. Lo guardarono tutti sbigottiti.- Non temete, dissi, è il mio Grigio. Lasciatelo venire. Difatti, compiendo un largo giro intorno alla tavola, mi ven­ne vicino tutto festoso. Gli feci una carezza e gli offrii mine­stra, pane e companatico. Rifiutò tutto.- Allora cosa vuoi? - mormorai. Egli mosse le orecchie e agitò la coda. -- Se non vuoi mangiare, va' in pace - dissi. Egli, sempre festoso, appoggiò la testa sulla mia tovaglia co­me volesse parlare e augurarmi buona sera. Poi si lasciò accom­pagnare dai ragazzi, allegri e meravigliati, fuori della porta. Mi ricordo che quella sera ero venuto a casa tardi, e un amico mi aveva portato nella sua carrozza. Il Grigio non c'era più     L'ultima volta che vidi il Grigio fu nel 1866, mentre mi re­cavo da Morialdo a Moncucco a casa di Luigi Moglia, mio ami­co. Il parroco di Buttigliera mi aveva voluto accompagnare per un tratto di strada, e così la notte mi sorprese a metà cammino. - Se ci fosse qui il mio Grigio - dissi tra me - sarei molto più tranquillo.     Subito dopo mi arrampicai su per un prato ripido, per go­dermi l'ultimo sprazzo di luce. In quel momento il Grigio mi venne incontro con gran festa, e mi accompagnò per il resto della strada, cioè per tre chilometri.Giunto alla casa dei Moglia, dov'ero atteso, videro il mio cane e mi pregarono di passare dietro la casa, perché il Grigio non facesse baruffa con i due cani che erano nel cortile.- Si sbranerebbero a vicenda - mi disse Luigi Moglia. Parlai a lungo con tutta la famiglia, poi andammo a cena, e il mio Grigio fu lasciato in un angolo. Quando finimmo di cenare, Luigi disse:- Bisogna portare da cena anche al Grigio.     Preso un poco di cibo, lo portammo al cane. Lo cercammo in ogni angolo della casa, ma non c'era più. Si meravigliarono tutti, perché le porte e le finestre erano chiuse, e i cani nel corti­le non avevano dato alcun segno della sua uscita. Cercammo anche nelle stanze dei piani superiori, ma nessuno lo trovò. È questa l'ultima notizia che ebbi del Grigio, il cane che è stato argomento di tante ricerche e discussioni. Non potei mai conoscere il suo padrone. So soltanto che quell'animale, in tanti pericoli, fu per me una vera provvidenza. 
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