Per prima cosa ho scritto un Regolamento. In esso erano esposte semplicemente le cose che già si facevano all'Oratorio, e il modo in cui dovevano essere fatte. Il servizio reso da questo piccolo Regolamento fu notevole: ognuno sapeva quello che doveva fare.
del 09 maggio 2011
 
Un Regolamento e una Compagnia
     A Valdocco avevamo finalmente una sede stabile e regola­re. Mi misi quindi con tutta la buona volontà a realizzare quel­le iniziative che dovevano creare nel nostro Oratorio unità di spirito, di azione e di amministrazione.Per prima cosa ho scritto un Regolamento. In esso erano esposte semplicemente le cose che già si facevano all'Oratorio, e il modo in cui dovevano essere fatte. Questo Regolamento è stato stampato e chiunque può leggerlo.Il servizio reso da questo piccolo Regolamento fu notevole: ognuno sapeva quello che doveva fare. Lo lasciavo a ognuno la piena responsabilità del suo ufficio. Con il Regolamento ognu­no sapeva bene quali erano le responsabilità che gli erano affi­date. Molti Vescovi e parroci me ne domandarono copia, e cer­carono di introdurre l'opera degli Oratori nelle loro diocesi e nei loro paesi.     Stabilita la base per l'unità di spirito e di azione, occorreva prendere qualche iniziativa per accendere nei giovani l'amicizia del Signore. Per questo fondai la Compagnia di San Luigi. Scrissi delle brevissime Regole adatte ad un gruppo giovanile e le feci vedere all'Arcivescovo. Egli le lesse, le fece leggere ad altre per­sone che diedero il loro parere. Alla fine l'Arcivescovo le lodò, le approvò il 12 aprile 1847, e concesse alcune indulgenze spe­ciali ai soci della Compagnia.     La Compagnia di San Luigi destò grande entusiasmo tra i nostri ragazzi. Tutti volevano iscriversi. Posi due condizioni per­ché un giovane potesse esservi accettato: buon esempio in chie­sa e fuori chiesa; evitare i discorsi cattivi e frequentare i santi Sacramenti.La Compagnia portò un notevolissimo miglioramento nella vita cristiana dei ragazzi. Per la prima volta l'Arcivescovo all'Oratorio     Volevo animare i giovani a celebrare con entusiasmo le sei domeniche che precedevano la festa di san Luigi. Per questo comprai una statua del Santo, feci confezionare un gonfalone, e diedi ai ragazzi una possibilità straordinaria di confessarsi: po­tevano venire a ogni ora del giorno, della sera e anche della notte. Nessuno dei giovani che frequentavano l'Oratorio aveva an­cora ricevuto la Cresima. Decisi quindi di preparare tutti quelli che se la sentivano per la festa di san Luigi. Un numero straor­dinario accettò la proposta. Riuscii a prepararli con l'aiuto di parecchi sacerdoti e laici. Per il giorno della festa di san Luigi furono realmente tutti pronti.     Era la prima volta che l'Arcivescovo veniva a far visita al­l'Oratorio e la prima volta che amministrava la Cresima ai no­stri giovani. Davanti alla piccola chiesa avevamo preparato una specie di elegante padiglione: lì abbiamo ricevuto l'Arcivesco­vo. Ho letto alcune parole di ringraziamento, poi alcuni ragaz­zi recitarono in suo onore una breve commedia intitolata Un caporale di Napoleone. Era la storia buffa di un caporale che raccontava mille barzellette e diceva la sua meraviglia per es­sere capitato in questa festa. L'Arcivescovo rise di gusto, si divertì un mondo. Alla fine disse che non aveva mai riso tanto in vita sua.     Poi ci parlò, e disse la sua grande gioia nel vedere l'Orato­rio fiorente. Incoraggiò tutti a frequentarlo, e ringraziò della festosa accoglienza che gli avevamo fatto.Celebrò la santa Messa durante la quale diede la Comunio­ne a più di trecento ragazzi. Poi amministrò la santa Cresima. All'inizio della celebrazione, dimenticando che non era in Duo­mo, quando gli posero in capo la mitria alzò energicamente il capo, e battè contro il soffitto della chiesetta. Scoppiammo a ridere, lui e tutti noi. L'Arcivescovo raccontava sovente questo episodio, ricordando con piacere il nostro Oratorio. L'abate Ro­smini paragonava la nostra opera alle Missioni che si aprono in terra straniera. I preziosi «verbali»     Insieme a monsignor Fransoni erano venuti due canonici del Duomo e molti altri preti. Quando l'Arcivescovo ebbe ammi­nistrato la Cresima, si fecero tanti piccoli verbali. Accanto al nome e cognome di ogni ragazzo cresimato si annotò il luogo e la data del giorno, il nome dell'Arcivescovo e quello del pa­drino. Alla fine quei verbali furono divisi secondo le varie par­rocchie (in cui i giovani abitavano). Vennero quindi portati al­la Curia e di qui trasmessi ai rispettivi parroci. 
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