Un Regolamento e una Compagnia
A Valdocco avevamo finalmente una sede stabile e regolare. Mi misi quindi con tutta la buona volontà a realizzare quelle iniziative che dovevano creare nel nostro Oratorio unità di spirito, di azione e di amministrazione.
Per prima cosa ho scritto un Regolamento. In esso erano esposte semplicemente le cose che già si facevano all'Oratorio, e il modo in cui dovevano essere fatte. Questo Regolamento è stato stampato e chiunque può leggerlo.
Il servizio reso da questo piccolo Regolamento fu notevole: ognuno sapeva quello che doveva fare. Lo lasciavo a ognuno la piena responsabilità del suo ufficio. Con il Regolamento ognuno sapeva bene quali erano le responsabilità che gli erano affidate. Molti Vescovi e parroci me ne domandarono copia, e cercarono di introdurre l'opera degli Oratori nelle loro diocesi e nei loro paesi.
Stabilita la base per l'unità di spirito e di azione, occorreva prendere qualche iniziativa per accendere nei giovani l'amicizia del Signore. Per questo fondai la Compagnia di San Luigi. Scrissi delle brevissime Regole adatte ad un gruppo giovanile e le feci vedere all'Arcivescovo. Egli le lesse, le fece leggere ad altre persone che diedero il loro parere. Alla fine l'Arcivescovo le lodò, le approvò il 12 aprile 1847, e concesse alcune indulgenze speciali ai soci della Compagnia.
La Compagnia di San Luigi destò grande entusiasmo tra i nostri ragazzi. Tutti volevano iscriversi. Posi due condizioni perché un giovane potesse esservi accettato: buon esempio in chiesa e fuori chiesa; evitare i discorsi cattivi e frequentare i santi Sacramenti.
La Compagnia portò un notevolissimo miglioramento nella vita cristiana dei ragazzi.
Per la prima volta l'Arcivescovo all'Oratorio
Volevo animare i giovani a celebrare con entusiasmo le sei domeniche che precedevano la festa di san Luigi. Per questo comprai una statua del Santo, feci confezionare un gonfalone, e diedi ai ragazzi una possibilità straordinaria di confessarsi: potevano venire a ogni ora del giorno, della sera e anche della notte. Nessuno dei giovani che frequentavano l'Oratorio aveva ancora ricevuto la Cresima. Decisi quindi di preparare tutti quelli che se la sentivano per la festa di san Luigi. Un numero straordinario accettò la proposta. Riuscii a prepararli con l'aiuto di parecchi sacerdoti e laici. Per il giorno della festa di san Luigi furono realmente tutti pronti.
Era la prima volta che l'Arcivescovo veniva a far visita all'Oratorio e la prima volta che amministrava la Cresima ai nostri giovani. Davanti alla piccola chiesa avevamo preparato una specie di elegante padiglione: lì abbiamo ricevuto l'Arcivescovo. Ho letto alcune parole di ringraziamento, poi alcuni ragazzi recitarono in suo onore una breve commedia intitolata Un caporale di Napoleone. Era la storia buffa di un caporale che raccontava mille barzellette e diceva la sua meraviglia per essere capitato in questa festa. L'Arcivescovo rise di gusto, si divertì un mondo. Alla fine disse che non aveva mai riso tanto in vita sua.
Poi ci parlò, e disse la sua grande gioia nel vedere l'Oratorio fiorente. Incoraggiò tutti a frequentarlo, e ringraziò della festosa accoglienza che gli avevamo fatto.
Celebrò la santa Messa durante la quale diede la Comunione a più di trecento ragazzi. Poi amministrò la santa Cresima. All'inizio della celebrazione, dimenticando che non era in Duomo, quando gli posero in capo la mitria alzò energicamente il capo, e battè contro il soffitto della chiesetta. Scoppiammo a ridere, lui e tutti noi. L'Arcivescovo raccontava sovente questo episodio, ricordando con piacere il nostro Oratorio. L'abate Rosmini paragonava la nostra opera alle Missioni che si aprono in terra straniera.
I preziosi «verbali»
Insieme a monsignor Fransoni erano venuti due canonici del Duomo e molti altri preti. Quando l'Arcivescovo ebbe amministrato la Cresima, si fecero tanti piccoli verbali. Accanto al nome e cognome di ogni ragazzo cresimato si annotò il luogo e la data del giorno, il nome dell'Arcivescovo e quello del padrino. Alla fine quei verbali furono divisi secondo le varie parrocchie (in cui i giovani abitavano). Vennero quindi portati alla Curia e di qui trasmessi ai rispettivi parroci.
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