7. Il primo orfano arriva dalla Valsesia

Una piovosa sera di maggio bussò alla nostra porta un ragazzo di 15 anni, tutto bagnato e intirizzito. Ci chiese pane e ospitalità. Mia madre lo fece entrare in cucina, vicino al focolare. Mentre si scaldava e si asciugava, gli diede pane e mine¬≠stra. Intanto gli domandai se era andato a scuola, se aveva pa¬≠renti, che mestiere faceva.

7. Il primo orfano arriva dalla Valsesia

da Don Bosco

del 09 maggio 2011

 

Piccoli ladri sul fienile

     Mentre organizzavamo l'istruzione religiosa e scolastica, fui costretto a pensare a un'altra necessità grande e urgente. Molti ragazzi immigrati a Torino volevano sinceramente lavorare e vivere da buoni cristiani. Ma trovavano serie difficoltà: nei pri­mi tempi non avevano né pane né vestiti convenienti. Special­mente non avevano un alloggio. Tentai di ospitarne alcuni che alla sera non sapevano dove andare a dormire. Preparai un fie­nile con paglia e qualche cosa da coprirsi. Ma erano poveri ra­gazzi: molte volte mi rubavano coperte e lenzuola. Alla fine mi portavano via anche la paglia, per andare a rivenderla. Dormì accanto al focolare di mamma Margherita     Una piovosa sera di maggio bussò alla nostra porta un ragazzo di 15 anni, tutto bagnato e intirizzito. Ci chiese pane e ospitalità. Mia madre lo fece entrare in cucina, vicino al focolare. Mentre si scaldava e si asciugava, gli diede pane e mine­stra. Intanto gli domandai se era andato a scuola, se aveva pa­renti, che mestiere faceva. Mi rispose:- Sono un povero orfano. Vengo dalla Valsesia a cercare lavoro. Avevo tre lire, ma le ho spese tutte e non ho   trovato lavoro. Adesso non ho più niente e non sono più di nessuno. - Hai già fatto la prima Comunione?- No.- E la Cresima?- Nemmeno.- Sei già andato a confessarti? - Qualche volta.- E adesso dove vuoi andare?- Non lo so. Per carità, lasciatemi passare la notte in un angolo.Silenziosamente si mise a piangere. Anche mia madre piangeva, e io ero profondamente turbato.- Se sapessi che non sei un ladro, ti terrei. Ma degli altri ragazzi mi hanno portato via le coperte, e forse tu farai come loro.- No, signore. Stia tranquillo. Io sono povero ma non ho mai rubato.- Se sei d'accordo - disse mia madre - per questa notte lo faccio dormire qui. Domani Dio provvederà.- Qui dove? - In cucina. - E se porta via le pentole?- Farò in maniera che non succeda. - Allora d'accordo.     Aiutata dal ragazzo, mia mamma usci fuori e raccolse dei mezzi mattoni. Li portò dentro, fece quattro pilastrini, vi distese alcune assi, mise sopra un pagliericcio e preparò così il pri­mo letto dell'Oratorio. La mia buona mamma, a questo pun­to, fece a quel ragazzo un discorsetto sulla necessità del lavoro, dell'onestà e della religione. Poi lo invitò a recitare le preghiere.- Non le so - rispose.- Allora le reciterai con noi - gli disse. E pregammo in­sieme.Per non correre pericoli, la cucina fu chiusa a chiave fino al mattino dopo.Questo fu il primo ragazzo ospitato nella nostra casa. A lui se ne aggiunse presto un secondo, e poi altri. Ma in quell'anno, 1847, per mancanza di spazio, abbiamo dovuto limitarci a due. Nuove stanze e nuova musica     Ero persuaso che per molti ragazzi ogni aiuto era inutile se non gli si dava una casa. Per questo mi sono dato da fare per prendere in affitto altre stanze, e poi altre ancora, nella casa Pinardi, anche se il prezzo era esagerato.Di giorno, queste stanze servivano anche da classi, e così po­temmo iniziare la scuola di musica e di canto.     Quella nostra scuola pubblica di musica (iniziata nel 1845) fu la prima. Per la prima volta la musica veniva insegnata in classe a un gran numero di allievi contemporaneamente. Prima d'allora, ogni allievo si cercava un maestro che gli desse lezioni individuali.     Moltissimi giovani si iscrissero. Ogni sera, alle mie lezioni, avevo degli spettatori illustri: i maestri Luigi Rossi, Giuseppe Blanchi, Cerutti, il canonico Luigi Nasi. Era un fatto contrario al Vangelo, dove si legge che il discepolo non pub essere supe­riore al maestro. Io non possedevo nemmeno un milionesimo della sapienza musicale di quelle celebrità, eppure facevo da mae­stro davanti a loro. Ma essi non venivano certo per imparare musica. Volevano invece conoscere il nostro metodo di insegnare, quello stesso che oggi è usato in tutte le nostre case. 

 

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