9 novembre: dedicazione della Basilica Lateranense

Il "luogo" dunque ricorda noi di "essere luogo" di santità, di passione...

9 novembre: dedicazione della Basilica Lateranense

 

La Chiesa come luogo di culto ha una valenza diversa dai templi eretti precedentemente alla venuta di Cristo.

 

Infatti questi erano luogo "necessario" per la manifestazione del divino. Con l'avvento di Cristo il luogo "chiesa" diventa invece un segno e un modo privilegiato della presenza di Dio sancita nei sacramenti, nella Parola di Dio, nella riunione nel Suo nome dei fedeli sotto la guida dei pastori. In certo qual modo le mura rendono oggettivo e palpabile il mistero dell'incarnazione donato all'umanità. Pertanto la vecchia concezione del tempio con quella attuale non sta in antitesi ma, semplicemente, con la venuta di Gesù, viene portata a compimento e completamento. Adorare Dio in Spirito e Verità vuol dire proprio questo: riconoscere Cristo Gesù come Signore e Maestro. In Lui e per Lui essere chiamati. In  Lui e per Lui ricevere il dono della Parola. In Lui e per Lui ricevere la sua grazia e presenza con i sacramenti. In Lui e per Lui ricevere la grazia della guida dei pastori; il papa successore di Pietro, i vescovi successori degli Apostoli e i loro collaboratori stretti nel ministero, i sacerdoti. Celebrare la festa della Dedicazione della Basilica Lateranense vuol dire celebrare questa realtà di presenza e di culto in Spirito in Verità.  Vuol dire celebrare la cattolicità e l'universalità della Chiesa e nel contempo la Sua centralità attorno a Gesù, Verbo incarnato di Dio e Tempio compiuto di Dio.

La celebrazione di questa festa è dunque segno reale ed universale di come anche noi siamo in Cristo e per Cristo, tempio di Dio e "luogo" di santificazione.  Con la celebrazione della dedicazione prendiamo ancora più coscienza che la santità non è un atto esteriore riferito ad un luogo ma è la presa di coscienza, seria e responsabile, solenne e gioiosa di essere noi stessi conformi a ciò che celebriamo, come tempio santo e gradito a Dio.  Il "luogo" dunque ricorda noi di "essere luogo" di santità, di passione e di "mura" affinché Cristo si manifesti al mondo. Questo è ancora più vero perché se accade, di fatto, che il mondo rifiuta Cristo e rifiuta i suoi discepoli e ancor prima che i suoi discepoli rifiutano Cristo Gesù non vivendo il loro essere "tempio e mura" viventi di Dio nella storia. Ecco che anche noi, più dei mercanti del passato, potremmo rischiare di essere "ladri" e "commercianti" e fare "mercato" delle cose di Dio. Magari in maniera sopraffina aumentando gelosie ed invidie con la mormorazione o con il desiderio avido dei "ruoli" o dei "ministeri". Spegnendo in noi e nei fratelli il senso di appartenenza con il dissenso.  Puntando il dito sulle cose che non vanno piuttosto che sulla gioia presente.  Fondando la nostra vita su una fede fai-da-te relativistica, che magari svilisce la sapiente guida del Santo Padre e dei pastori. Oppure assumendo atteggiamenti pastorali "rigidi" incapaci di misericordia e di amministrazione sapiente della Verità. Bene fa il Signore, oggi come allora, nella Sua Sapienza e nella sua misericordia, a sferzarci e a richiamarci all'essenziale.  Oggi come allora, ci richiama a comprendere che Egli è il Tempio crocifisso e risorto e noi, Sua proprietà, comprati a caro prezzo, siamo le sue pietre. In ultimo questa festa ci ricorda il senso della missione e della gioia. La partecipazione ai misteri Cristo, l'essere sue mura non ci fa "possessori esclusivi" di un tesoro ma custodi e datori di qualcosa che abbiamo ricevuto gratuitamente. Ed è bello, anzi meraviglioso, essere in comunione con quanti più fratelli e sorelle possibili nel Suo nome. Il tempio è dunque una condizione dinamica, sempre aperta, pronta a condividere la gioia di essere in Cristo, per Cristo e con Cristo, mura e mattoni di quella Gerusalemme che è già e non ancora. Condividere questa gioia vale sicuramente la pena della fatica, dell'incomprensione e anche della persecuzione fisica, intellettuale, psichica o morale, qualora ci fosse. La gioia comunica la gioia e chiama alla gioia, anche chi la rifiuta con pregiudizi e sclerocardie di ogni tipo

 

 

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