A scuola è questione di vivere!

Si può restare nell'attesa passiva e annoiata del suono della campana, si può scegliere di essere protagonisti ed impegnati tanto da non sentirla nemmeno suonare...

 

del 02 ottobre 2014

 

 

Passate più o meno le prime settimane di scuola, c'è chi già comincia il conto alla rovescia verso la fine e quello verso i primi giorni di vacanza possibili. Nel frattempo, però, è il caso di dare valore alle giornate in aula, al tempo passato sui libri, alle iniziative della classe, perché ogni giorno possa essere vissuto con la freschezza e l'intensità del primo giorno di scuola, e non sperando che finisca presto. Questo vale per gli studenti e per i docenti!

 

Del resto le alternative al "vivere" bene il quotidiano scolastico sono "sopravvivere" o "soccombere". Si può restare nell'attesa passiva e annoiata del suono della campana, si può scegliere di essere protagonisti ed impegnati tanto da non sentirla nemmeno suonare. Abbiamo bisogno di liberarci o essere liberati dal peso della scuola, non fuggendola fisicamente o psicologicamente, bensì trasformando ciò che grave in qualcosa che ci dia leggerezza.

Robin Williams, nelle vesti del prof. Keating de L'Attimo fuggente, libera dal terrore del mettersi in gioco un giovane studente grazie all'urto della creatività poetica e al potere dirompente dell'educazione; il piccolo Trevor, nel film Un sogno per domani, cambia la vita a molti ed al suo insegnante grazie ad un'intuizione semplice destata da una domanda importante. Certo nei film è tutto più facile - qualcuno dirà - peccato che sia l'alunno di Keating sia Trevor moriranno, ma chi potrebbe dire che non abbiano vissuto, da un certo momento in poi, in modo pieno e abbondante?

 

E noi, invece, di chi o cosa abbiamo bisogno? Innanzitutto, se potessimo gridare (non in aula!), dovremmo farlo seguendo una delle accezioni latine del verbo e cioè quella di "chiedere aiuto". Gridare, si sa, è liberante, con o senza rabbia, e nel nostro caso chi viene in aiuto, ci libera dal peso, lo condivide con noi, ci sostiene per dargli un valore. Nella scuola, allora, potremmo scoprire e far scoprire la dimensione della comunità che educa e allo stesso tempo si educa, la comunità a cui appoggiarsi nelle difficoltà e per la quale essere una colonna, la comunità che ci conosce e che esiste per comprendere la persona, la comunità che illumina la strada della vita e della conoscenza, e che al contempo è illuminata da coloro che la formano.

È vero che molte scuole mancano di strutture, ambienti, materiali adeguati, tanto da essere spinti, studenti e docenti, a sopravvivere dal sistema stesso e dai problemi che disturbano l'ordinario lavoro e la quiete personale; eppure, se gridassimo ciò, qualcuno per sostenerci ci direbbe: «Coraggio, trova il senso nel caos, liberati dal peso, osa con tenacia, perché la scuola non sono le mura e le classi non sono i banchi o le sedie mancanti». Gli adulti questo lo sappiamo e a volte rischiamo di dimenticarlo, i giovani hanno bisogno di qualcuno che glielo testimoni e non solo glielo dica.

Naturalmente ogni vera adesione a qualcosa di impegnativo, come la scuola e lo studio, sarà graduale, diversa da persona a persona, rafforzata dal capire passo passo e dal trovare un senso con fortezza e determinazione.

 

 

Marco Pappalardo

 

 

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