Le parole di Benedetto XVI durante l'Udienza generale riferite anche alle ultime vicende della diffusione illecita di documenti vaticani. “Gli avvenimenti successi in questi giorni circa la Curia e i miei collaboratori hanno recato tristezza nel mio cuore” ha detto il Santo Padre. Ciò è stato rimarcato, ha aggiunto, dal moltiplicarsi di “illazioni amplificate da alcuni mezzi di comunicazione”...
del 31 maggio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
          “Dio ci consola in ogni nostra tribolazione”. È partendo da un'affermazione di San Paolo nella seconda Lettera ai Corinzi, che Benedetto XVI ha sviluppato la catechesi nell’Udienza Generale di ieri mattina, mercoledì 30 maggio in Piazza San Pietro.
          Un messaggio di speranza riferito soprattutto alle ultime vicende relative alla diffusione di documenti riservati vaticani che hanno provocato momenti di “tristezza”, a cui però si è subito affiancata la “ferma certezza” del “sostegno di Dio” a tutta la Chiesa.
          “Gli avvenimenti successi in questi giorni circa la Curia e i miei collaboratori hanno recato tristezza nel mio cuore” ha, infatti, detto il Santo Padre. Ciò è stato rimarcato, ha aggiunto, dal moltiplicarsi di “illazioni amplificate da alcuni mezzi di comunicazione”, del tutto “gratuite”, che andando “ben oltre i fatti”, offrono un’immagine della Santa Sede che “non risponde alla realtà”.
          Tuttavia, ha proseguito il Papa, “non si è mai offuscata la ferma certezza che nonostante la debolezza dell’uomo, le difficoltà e le prove”, la Chiesa è “guidata dallo Spirito Santo” e il Signore “mai le farà mancare il suo aiuto per sostenerla nel suo cammino”.
          Per questo, Benedetto XVI ha colto l’occasione dell’Udienza per rinnovare la fiducia e l’incoraggiamento ai suoi più stretti collaboratori e “a tutti coloro che quotidianamente, con fedeltà, spirito di sacrificio e nel silenzio mi aiutano nell’adempimento del mio ministero”.
          Proseguendo il ciclo di catechesi sulla preghiera nelle Lettere di San Paolo, il Pontefice ha, poi, incentrato la sua riflessione sul dialogo tra il «sì» fedele di Dio e l’«amen» fiducioso dei credenti.
          In particolare, Benedetto XVI si è soffermato sulla “appassionata” Seconda Lettera ai Corinzi, in cui San Paolo, rivolgendosi “ad una Chiesa che più volte ha messo in discussione il suo apostolato”, apre il suo cuore affinché “i destinatari siano rassicurati sulla fedeltà a Cristo e al Vangelo”.
          Paolo, infatti, vive “in grande tribolazione”, ma “non ha mai ceduto allo scoraggiamento”, perché “sorretto dalla grazia e dalla vicinanza di Gesù Cristo, al quale aveva consegnato tutta la propria esistenza” ha affermato quindi il Papa, parlando quasi di sé stesso.
          Dunque, accanto all’afflizione, a tutte quelle situazioni “dove sembrava non aprirsi un’ulteriore strada”, sono sempre sopraggiunte “la consolazione e il conforto da Dio”, proprio per questo Paolo - ha spiegato il Papa – 'inizia la Lettera con una preghiera di benedizione e di ringraziamento”.
          “La nostra vita e il nostro cammino cristiano sono segnati spesso da difficoltà, incomprensioni, sofferenze” ha detto poi Benedetto XVI rivolgendosi a tutti i fedeli presenti in piazza San Pietro, che hanno dimostrato la propria vicinanza al Successore di Pietro con calorosi applausi e manifestazioni di affetto.
          Sofferenze, però, che “nel rapporto fedele con il Signore, nella preghiera costante, quotidiana” si possono superare grazie alla “consolazione che viene da Dio”, che “rafforza la nostra fede e ci fa sperimentare in modo concreto il «sì» di Dio all’uomo: a noi, a me, in Cristo”.
          Un «sì», quello di Dio che “non è dimezzato”, non va tra «sì» e «no», – ha precisato il Papa - ma è un semplice e sicuro «sì»” a cui noi “rispondiamo con il nostro «amen»”. Il modo di agire di Dio, infatti, “è ben diverso dal nostro e ci dà consolazione, forza e speranza” - ha proseguito – perché Dio “non si stanca mai di avere pazienza con noi e con la sua immensa misericordia ci precede sempre, ci viene incontro”.
          La fede, dunque, non è “primariamente azione umana”, secondo Benedetto XVI, “ma dono gratuito di Dio”, che “si radica nella sua fedeltà” e “ci fa comprendere come vivere la nostra esistenza amando Lui e i fratelli”. Lo dimostra l’intera storia della salvezza che non è altro che un “progressivo rivelarsi della fedeltà di Dio nonostante le nostre infedeltà e i nostri rinnegamenti”.
          L’evento della Croce, poi, dimostra l’amore “smisurato” e “incalcolabile” di Dio per gli uomini. E “non c’è persona - ha sottolineato Benedetto XVI - che non sia raggiunta e interpellata da questo amore fedele, capace di attendere anche quanti continuano a rispondere con il no del rifiuto o dell’indurimento del cuore”.
          Grazie allo Spirito Santo, “che rende continuamente presente e vivo il «sì» di Dio in Gesù Cristo” – ha soggiunto - nel nostro cuore cresce “il desiderio di seguirlo per entrare totalmente, un giorno, in questo amore”.
          Ritorna, dunque, il dialogo tra il “Sì” fedele di Dio e l’“Amen” fiducioso dei credenti, ovvero “la risposta della fede che chiude sempre la nostra preghiera personale e comunitaria”, che spesso, però, pronunciamo “per abitudine”.
          L’invito del Papa è infatti di “cogliere il significato profondo del termine “amen”, che in ebraico e aramaico, significa “rendere stabile”, “essere certo”, “dire la verità”, che e quindi “esprime il nostro ‘sì’ all’iniziativa di Dio”.
          Dopo essersi rivolto ai numerosi fedeli nelle varie lingue, Benedetto XVI ha infine espresso un particolare saluto ai pellegrini vietnamiti dell’arcidiocesi di Hochiminh City, affidata al cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Man; ai partecipanti al prossimo simposio buddista-cristiano di Castelgandolfo ed al giovane gruppo di polacchi che si sta preparando all’incontro di Lednica.
Salvatore Cernuzio
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