Foglie verdi è una rubrica giovanile a cura dei ragazzi della Comunità Proposta che parla di vita e speranza. A partire dalla realtà quotidiana vogliamo cogliere la voce di Dio che ci parla attraverso gli eventi più semplici.
Mi ricordo quando ero animatore salesiano in Ucraina e sono andato per la prima volta alla PER durante l'estate. Mi sono trovato di fronte a una scelta che inizialmente sembrava molto facile da fare, ma che in realtà mi ha fatto riflettere per 2-3 giorni. Dovevo decidere se seguire un gruppo di bambini tranquilli, quelli che ascoltavano e semplicemente non creavano nessun problema, oppure stare con alcuni ragazzi che non si comportavano come tutti gli altri. Ho riflettuto così tanto che il prete responsabile dell'oratorio mi ha infine detto:
"Guarda Andrii, seguirai un ragazzo che si chiama Pavló (in italiano sarebbe Paolo)."
Sinceramente, quando pronunciava quel nome, mi chiedevo perché proprio lui nel mio primo anno di animazione. Pavló era un ragazzo diverso nel modo di comportarsi; qui in Italia, quel tipo di ragazzi è chiamato "un rompiscatole". Stuzzicava tutti, picchiava tutti e non ascoltava nessuno. Quindi, un ragazzo che a prima vista sembrava il peggiore del mondo, e mi pentii di non aver scelto di seguire i ragazzi tranquilli.
Me lo hanno presentato mentre si arrampicava su un pino. In quel momento, mi sentivo impaurito perché nessuno mi aveva mai spiegato come comportarmi e soprattutto come educare un ragazzo del genere. Ma mi sono detto "è una bella sfida, dai Andrii, proviamo".
Nei primi giorni, sinceramente, ho fatto molta fatica a seguirlo, e un giorno, quando sono tornato a casa, ho raccontato tutto a mia mamma. Riguardo a questo, mia mamma mi ha detto che dovevo provare a trovare qualcosa di bello in quel ragazzo. Dopo aver sentito questo consiglio, ho capito che per aiutarlo, dovevo creare un contatto con lui. Ho deciso che il modo migliore era accoglierlo come era, cercando di essere come lui, ma nello stesso tempo controllare la situazione da adulto.
L'ho provato ed ero stupito quando ho capito che ha funzionato. Ho scoperto in modo molto diretto, perché dopo due settimane si è avvicinato e mi ha detto: "Grazie che mi vuoi bene" e subito dopo ha detto: "Scusami che mi sto comportando così". Nello stesso giorno, mi ha raccontato quasi tutta la sua storia, ma soprattutto mi ha dato la risposta a quella domanda che quasi nessuno aveva (perché si comportava così).
La risposta era semplice e allo stesso tempo complicata: semplice perché voleva attirare l'attenzione degli altri e complicata perché nella sua famiglia nessuno gli dava l'attenzione e non lo volevano bene quanto lui desiderava.
Immediatamente ho capito che mentre lui raccontava, si affidava ancora di più e cercava in me quel sostegno che non aveva. Dopo quel giorno, mi ha detto che vuole cambiare, perché si sente accolto e voluto bene. In quel momento ho capito quanto sia importante accogliere le persone così come sono e voler loro bene, perché sono così come sono. Infatti, quando vogliamo bene veramente alle persone, non cerchiamo di cambiarle ma le accogliamo con i loro pregi e difetti.
In questo momento, ho provato una sensazione che non avevo mai provato. Ero contento di avere la responsabilità di un ragazzo che sta crescendo mentalmente.
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