A padre Pedro Zilli, vescovo nato in Brasile, che dal 1985 vive il suo ministero come missionario del Pime in Guinea-Bissau, abbiamo chiesto di commentare il messaggio del Papa per la Giornata missionaria 2009, che ha scelto quest'anno come frase-guida un versetto tratto dall'Apocalisse.
del 14 ottobre 2009
«Le nazioni cammineranno alla sua luce» (Ap.21,24). È questo il tema del messaggio di papa Benedetto XVI per l'83a Giornata missionaria mondiale, che sarà celebrata il giorno 18, terza domenica di ottobre. Con molta semplicità mi propongo di sottolineare alcuni punti del suo messaggio. Lo faccio tenendo presente la mia esperienza di missionario brasiliano del Pime che vive in Guinea-Bissau dal 1985.
 
«Il fine della missione della Chiesa è quello di illuminare con la luce del Vangelo tutti i popoli, durante il loro camminare nella storia in direzione di Dio», ricorda il Papa. Nel 1975, durante una riu­nione dei giovani della mia parrocchia di Ibiporá (Paraná-Sud del Brasile), un sacerdote del Pime ci disse che, nel mondo, solo il 18 per cento delle persone era cristiano e che l'82 per cento faceva parte di altre religioni. Aggiunse che il Signore continuava a chiamare giovani generosi per essere suoi testimoni nel mondo. Giovani che avessero il coraggio di lasciare la propria terra per annunciare il Vangelo di Gesù, Luce del mondo.
 
Da quel momento ho sentito forte dentro di me la chiamata di Gesù per diventare suo missionario nel Pime, che poi mi ha portato in Guinea-Bissau. Qui ho capito più profondamente che al primo annuncio del Vangelo va data la priorità. Quando una persona si lascia prendere da Cristo, la sua vita si trasforma. Il binomio «evangelizzazione e promozione umana» può portare a un'errata comprensione della missione della Chiesa. Come se l'evangelizzazione non promuovesse le persone, non desse loro qualcosa di nuo­vo. In una situazione come quella della Guinea-Bissau, dove lo Stato non è in grado di provvedere neppure alle necessità più essenziali del suo popolo e non sempre gode di molta fiducia nella gestione delle sue finanze, la Chiesa finisce per essere un punto di riferimento importante per vari organismi che hanno intenzione di investire nel Paese in ambiti come la salute o l'educazione. Il nostro impegno sociale in questi due ambiti, e non solo in questi due, è molto grande, visto che le necessità della nostra gente sono senza fine e la carità evangelica ci spinge a essere al servizio di chi più si trova nel bisogno. Ma non rinunciamo a ciò che più specificatamente è nostro: l'annuncio del Vangelo di Gesù.
 
Ho avuto la gioia di partecipare alla Messa di inizio del ministero di Benedetto XVI, a Roma, il 24 aprile 2005. Nella conclusione dell'omelia il Papa disse: «In questo momento il mio ricordo torna al 22 ottobre 1978, quando Giovanni Paolo II diede inizio al suo ministero qui in piazza San Pietro. Ancora, e in continuazione, risuonano nelle mie orecchie le sue parole di allora: 'Non abbiate paura di aprire le porte a Cristo...'. Così, partendo dall'esperienza di una lunga vita personale, anch'io vorrei dirvi oggi, cari giovani, con grande forza e convinzione: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie niente, egli dà tutto. Chi si dona per lui, riceve il centuplo. Sì, aprite le porte a Cristo e troverete la vita vera. Amen».
 
Nella Guinea-Bissau, alla «missione» la gente chiede molte cose: scuola, salute, alimentazione, vestiti, passaggio in macchina, prestiti... Comunque, grazie a Dio, le richieste non si fermano qui. Chiede anche istruzione religiosa, preghiera, formazione biblica che porti a una conoscenza più profonda di Gesù Cristo.
 
Nel passato mese di agosto, un gruppo di giovani della diocesi di Verona venne a visitare la diocesi di Bafatá. Nell'incontro di verifica dell'esperienza vissuta, una giovane disse che, tornata in Italia, si sarebbe impegnata di più in parrocchia e perfino nella diocesi, perché i quindici giorni vissuti con la comunità cristiana e in modo particolare con i giovani cristiani guineani, le avevano fatto capire che la fede in Cristo e la vita ecclesiale «sono qualcosa di vitale» in questo ambiente e le avevano fatto sentire una «felicità profonda». Penso che questa ragazza abbia compreso qualcosa di molto importante nella fede vissuta dai cristiani della Guinea-Bissau: al di là di tutti i limiti e imperfezioni, essi vivono in un atteggiamento di fede molto semplice che, in sostanza, è  la vera novità del cristianesimo.
 
Il Papa dice: «La Chiesa non agisce per ampliare il suo potere o per rafforzare il suo dominio, ma per portare a tutti Cristo, salvezza del mondo». Cita il paragrafo 1 del­l'Evangelii nuntiandi: «L'im­pegno di annunziare il Vangelo agli uomini del nostro tempo... è senza alcun dubbio un servizio prestato alla comunità cristiana, ma allo stesso tempo anche a tutta l'umanità». Quando, nel 2001, ritornai in Guinea-Bissau, come vescovo di Ba­fatà, ricordo di essere stato ricevuto molto bene da tutta la comunità cristiana. Una signora addirittura mi disse che ero un «figlio che tornava a casa». Tuttavia questa buona accoglienza non rimase limitata solo ai cristiani. Anche i musulmani si rallegrarono del mio arrivo. Uno di loro mi disse: «Tu non sei vescovo solo dei cattolici. Sei il vescovo di noi tutti». Per me questa frase è stata un riconoscimento della testimonianza di amore a Dio e ai fratelli vissuta dalla Chiesa in questo Paese do­ve i cristiani sono una minoranza. Sanno che la Chiesa porta con sé un Mistero. Sanno che questo Mistero la porta a essere solidale con tutti, senza differenze di colore, di razza, di religione.
 
In Mauritania, un missionario mi ha raccontato che nella sua «parrocchia» non c'è nessun cristiano locale e che in totale erano cinque: lui, tre religiose e un cristiano di un altro Paese. Il motivo della sua presenza in quella missione era quello di vivere «gratis», vivere l'amore gratuito di Cristo per quel popolo. E il Papa dice che «la missione della Chiesa è 'contagiare' di speranza tutti i popoli». Il cristiano è uomo della speranza. E la Chiesa non può rinunciare alla sua vocazione di essere segno di speranza per il mondo. Essa non indietreggia davanti agli ostacoli, alle difficoltà e alle sofferenze. «Questo perché il discepolo di Cristo sa che deve portare ogni giorno la sua croce per seguire il suo Maestro glorificato sulla croce» (dal messaggio per la Quaresima 2009 dei vescovi del Senegal, Mauritania, Capo Verde e Guinea-Bissau).
 
Nella speranza cristiana si potrebbe trovare il «rimedio» per tanti mali del mondo d'oggi, per tante forme di depressione, per tanti suicidi, per tanta mancanza di motivazione esistenziale. In questi 24 anni di missione in Guinea-Bissau sono passato per non poche difficoltà, per momenti di scoraggiamento, di stanchezza fisica e anche spirituale. Ma, in ogni circostanza, la fede è stata il fondamento sicuro di tutto. La fede mi ha dato la certezza che il Signore non abbandona il suo popolo e che gli promette giorni più belli. Quando un missionario ritorna al suo Paese dopo aver passato qualche anno in Guinea-Bissau, io gli dico: «Va' tranquillo, perché con la tua presenza, la missione in questa terra è andata avanti e tutto quello che hai vissuto e hai fatto è registrato nel cuore di Dio. Grazie, perché sei stato un segno di speranza per il nostro popolo».
 
Nel suo messaggio il Papa Benedetto scrive: «La missione della Chiesa è quella di chiamare tutti i popoli alla salvezza realizzata da Dio nel suo Figlio fatto uomo. Per questo è necessario rinnovare il compromesso di annunciare il Vangelo, fermento di libertà e di progresso, di fraternità, di unione e di  pace (cf: Ad Gentes, 8)». In Gui­nea-Bissau ci preoccupiamo di ricordare sempre ai cristiani che lo spirito missionario deve essere messo in pratica, perché viviamo in un ambiente di primo annuncio e di maturazione della fede dei cristiani battezzati di recente. E aggiungiamo che, pur essendo una Chiesa giovane, con mancanza di personale, siamo anche noi chiamati ad aprirci ad altre Chiese. Un esempio è stato l'invio di missionari in Mauritania, nella Quaresima e Pasqua 2007, 2008, 2009, per incontrare i cittadini guineani che là vivono, e prepararli alla Pasqua.
 
L'evangelizzazione nella regione sub-sahariana, negli ultimi cento anni, ha fatto grandi progressi. Da una popolazione cattolica di 1,9 milioni nel 1900 si è passati, all'inizio del 2000 a 139 milioni. Negli ultimi anni, quasi metà dei battesimi di adulti a livello mondiale si sono avuti in Africa.
 
Nel mese di ottobre la nostra Chiesa sarà riunita per la Seconda Assemblea speciale del Sinodo per l'Africa, sul tema «La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustiza e della pace. Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo» (Mt 5, 13. 14,) che si terrà a Roma dal 4 al 25 ottobre 2009. L'In­strumentum laboris per questa As­semblea parla della «Chiesa-Famiglia di Dio in Africa che desidera essere sempre più disponibile per la missione ad intra, nel suo stesso continente, e ad extra, nelle Chiese particolari degli altri continenti che la richiedono» (N. 148). La Chiesa d'Africa continua a crescere nella sua coscienza missionaria e già sta dando missionari al mondo.
 
Il Papa continua: «In questo giorno dedicato alle missioni, ricordo nella preghiera quelli che hanno fatto della loro vita una consacrazione esclusiva  al lavoro dell'evangelizzazione». Queste parole del Papa hanno richiamato alla mia mente la meravigliosa espressione del papa Giovanni Paolo II nell'esortazione apostolica Ecclesia in Africa, 35: «La splendida crescita e le realizzazioni della Chiesa in Africa sono dovute, in gran parte, all'eroica e disinteressata dedizione di generazioni di missionari. Ciò è da tutti riconosciuto. La terra benedetta dell'Africa è, in effetti, disseminata di tombe di valorosi araldi del Van­gelo». Come non ringraziare il Signore per il generoso impegno di tanti missionari che non hanno fatto altro che dedicare la propria vita a Cristo e ai fratelli?
 
Concludo con le parole del Papa: «Le Chiese antiche come quelle di fondazione recente, ricordo che sono volute dal Signore per essere sale della terra e luce del mondo e sono chiamate a irradiare Cristo, Luce del mondo, fino agli estremi confini della terra. La missione ad gentes deve essere la priorità dei loro piani pastorali».
 
 
 
Pedro Zilli
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