Siamo ormai alla fine di Maggio, un mese che sembra rappresentare un piccolo scrigno che racchiude la famiglia di Nazareth: si apre con la festa di S. Giuseppe, lo sposo di Maria, il grande lavoratore e si snoda esaltando la figura di Maria, la giovane sposa, che con il suo Sì ha reso possibile il progetto di Dio.
del 28 maggio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
 
          Siamo ormai alla fine di Maggio, il mese che raccoglie l'eredità dei mesi invernali bui e piovosi e ci lancia nel pieno della primavera con le sue giornate sempre più piene di sole e di calore. Ancor più, però, Maggio, sembra rappresentare un piccolo scrigno che racchiude la famiglia di Nazareth: si apre con la festa di S. Giuseppe, lo sposo di Maria, il grande lavoratore e si snoda esaltando la figura di Maria, la giovane sposa, che con il suo Sì ha reso possibile il progetto di Dio. 
          Nazareth è la città in cui è nata la più bella storia d'amore. Qui Maria e Giuseppe si sono conosciuti, hanno avviato i loro primi approcci, hanno intrecciato i loro primi discorsi, si sono scambiati le loro prime tenerezze, hanno sognato il loro futuro di sposi.
Quella maternità umanamente inspiegabile, però, li sconvolge.
          La casa di Nazareth, prima testimone dei loro sogni, diviene il luogo del loro angoscioso interrogarsi. Nonostante tutto decidono di lasciare spazio al mistero, accettando il progetto di Dio. Giuseppe e Maria, in un certo modo, incarnano la paternità di Dio.
          Questa esperienza la sentiamo profondamente nostra. Non siamo Maria e Giuseppe, sicuramente il loro Sì ha avuto ripercussioni immense, ma li sentiamo vicini quando accettano, seppur nell'incomprensione di incamminarsi verso mete inesplorate. Per me e Patrizia la decisione di intraprendere il cammino dell'adozione è arrivata dopo un lento e lungo cammino, fatto di riflessioni, pause, riprese e confronti, a volte anche duri.
          Da quel momento in poi, domande di questo tipo, hanno tratteggiato il nostro percorso: 'Perché avete fatto la domanda di adozione?' 'Siete sicuri che sia la scelta giusta?'. Domande più che legittime, ma pesanti come pietre, perché forse non esiste una risposta univoca, semplice, valida per tutti. Sono momenti intesi, forti, pieni di grandi emozioni e sentimenti.
          Voler dare a un bambino una famiglia, un posto dove stare, dove crescere, cercando di rispettare i suoi percorsi, le sue aspirazioni, sembra essere la motivazione più immediata. Come nascondere, però, l'infinita voglia di essere amati? Come non riconoscersi desiderosi di affetto e di creare un legame forte e duraturo? Il momento più bello, però, è stato quando nostro figlio è arrivato a casa. Finalmente quel bambino, presente nei nostri pensieri prendeva vita, s'incarnava in un volto e in un corpo. Di certo la sua presenza ha rimesso in discussione le nostre certezze, ci ha fatto percorrere strade inedite, ha impedito di impaludarci dentro schemi rigidi e prefabbricati, ha cambiato i nostri ritmi e il nostro modo di vivere. Quanti cambiamenti anche per lui! Quanti lutti nella sua vita, quanti momenti pieni di ansia e di timore! Essere dentro una relazione significa, dunque, imparare a riconoscere l'altro, ma senza soffocare o essere troppo distanti.
          Nella 'normalità' il cammino educativo è pieno di incognite e di dubbi, a maggior ragione quando si ha di fronte una persona di cui non si conosce quasi niente.
          Nei nove mesi precedenti la nascita di un bambino papà e mamma si attivano a metter insieme le cose necessarie, preparano la culla, la cameretta dove verrà ospitato il futuro figlio. Patrizia e io, invece, abbiamo fatto un cammino molto diverso. La stanza c'era, ma era vuota, quando abbiamo appreso la lieta notizia abbiamo sistemato un letto, un armadio, abbiamo appeso poster alle pareti, abbiamo cercato insieme all'aiuto dei nostri familiari di rendere accogliente quel luogo. Da un momento ad un altro, senza troppo preavviso, ci siamo trovati a cominciare il cammino affascinante dell'essere genitori. Quello che finora ci ha sorretto è stata la speranza di poter costruire e di assaporare un legame forte e tenace che sappia andare oltre il presente, gettarsi oltre gli ostacoli, superare le avversità e le notti buie.
          Quante volte nostro figlio ci rialza nei momenti di maggiore tristezza, quante volte lo abbracciamo cercando di far sentire tutto il nostro affetto nei momenti più difficili per lui. Di sicuro siamo contenti di aver fatto questa scelta e, nonostante le difficoltà, ci doniamo reciprocamente gioia.
          Ben presto ci siamo resi conto che la nostra disponibilità doveva essere totale, poiché nostro figlio ha una gran sete d'amore e di attenzioni e quando li riceve li 'succhia' instancabilmente.
          La naturale conseguenza è che, a volte, nei momenti di stanchezza e di scoraggiamento, ci sentiamo letteralmente' prosciugati', ed è proprio lì che il rapporto di coppia, la fede e la preghiera ci ridanno le energie necessarie per poter ricominciare.
Elettra Pepe
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