Al Sinodo due coppie di sposi testimoniano l'amore eterno

In qualità di uditori, i coniugi Galindo Rubio e i coniugi Nkosi hanno raccontato le loro esperienze di vita...

Al Sinodo due coppie di sposi testimoniano l’amore eterno

 

Arrivano dal Messico e dal Sudafrica, le prime testimonianze di coppie di sposi uditori al Sinodo sulla Famiglia. Due coppie mature, rispettivamente con 45 e 35 anni di matrimonio alle spalle, che hanno attraversato molte difficoltà ma sempre illuminati dalla fede.

 

Clara Rubio De Galindo e Andrés Salvador Galindo Lopez sono i segretari esecutivi della Commissione Episcopale per la Famiglia della Conferenza Episcopale Messicana, e segretari del CELAM per la zona del Messico-Centroamerica. Lunedì scorso hanno testimoniato in Aula Paolo VI, davanti ai padri sinodali.

I signori Galindo Rubio, due figli e quattro nipoti, hanno raccontato dei loro primi anni di matrimonio, resi “non facili” anche dalle “pressioni” di alcuni familiari, contrari al loro legame, al punto che uno di loro, un giorno, si era addirittura presentato in casa loro, con i documenti del divorzio da firmare.

Senza mai cedere davanti a queste ostilità, i due giovani coniugi proseguirono nella strada intrapresa, senza però avere “una chiara consapevolezza di quello che significava il sacramento del matrimonio”, come loro stessi hanno ammesso.

Provvidenzialmente, però, Andrés e Clara sono stati introdotti in un cammino di fede dove hanno appreso a “comunicare”, a “perdonare” ma soprattutto a “scoprire qual era il progetto di Dio” per loro.

 

Una grande prova arrivò per i coniugi Galindo Rubio, allorché Andrés rimase disoccupato e la loro situazione economica rischiò seriamente di rimanere “compromessa”. In questa circostanza difficile furono invitati da un amico ad un pellegrinaggio presso la basilica di Nostra Signora di Guadalupe, dove rivolsero un’accorata e sofferta preghiera alla Vergine, perché il loro dramma trovasse una risoluzione.

Uscendo dal santuario, Andrés e Clara ricevettero la proposta di collaborare alla Pastorale Familiare, che accettarono dopo un attento discernimento. “La prima cosa che pensammo fu quella di rifiutare, perché prima avremmo dovuto risolvere i nostri problemi economici”, hanno detto.

È così iniziato per loro un intenso apostolato sulla famiglia a trecentosessanta gradi, perché la cellula fondamentale della nostra società trovi riscatto “attraverso la formazione e l’insegnamento della sua identità e missione”.

 

In considerazione dei “piccoli e grandi attacchi di alcune istituzioni governative o civili contro il matrimonio, la famiglia e la vita”, la pastorale familiare avrebbe bisogno di “pastori innamorati del progetto di Dio”, in modo che “le famiglie siano guidate, accompagnate e formate secondo il piano di Dio, per vivere la propria identità e la propria missione”, hanno poi concluso i coniugi messicani.

 

Martedì scorso, hanno poi preso la parola Meshack Jabulani e Buysile Patronella Nkosi, membri dell’Advisory Committee for the National Family Desk della Conferenza Episcopale Sudafricana.

Tre dei loro cinque figli sono sposati in Chiesa e tutti con persone non cattoliche, “camminando in due fedi ma in un solo amore”. Un genero e una nuora dei signori Nkosi desiderano però entrare nella Chiesa di Roma e la prossima Pasqua riceveranno il battesimo.

Da 33 anni, Meshack e Buysile svolgono attività catechetica per i giovani, aiutandoli a compiere “scelte per le loro vite”.

 

Nella loro vita insieme, hanno sperimentato e tuttora sperimentano “numerose sfide”, che nascono talora dal “non vedere le cose allo stesso modo” o dal “ferirsi vicendevolmente”, tuttavia hanno sempre vissuto la loro relazione, cercando di essere “abbastanza umili da poter dire ‘mi dispiace’” o, per usare parole di papa Francesco, “scusa, grazie e permesso”, espressioni “indispensabili” per “vivere in pace e in armonia nella nostra famiglia”.

La scelta dei coniugi Nkosi di “impegnarsi ad amare per sempre”, come ogni forma di impegno, è “ridicolizzata e scoraggiata” dalla dominante “cultura dello scarto”, hanno osservato.

“I giovani, quindi, tendono ad avere paura di sposarsi – hanno proseguito Meshack e Buysile – e a guardare a questo impegno come un peso. Parte della nostra vocazione è di incoraggiarli a entrare nel cammino del sacramento matrimoniale, guardando a Cristo come la loro nuova speranza”.

Nel crescere i propri figli e nel vederli, a loro volta, mettere su famiglia, i coniugi Nkosi hanno sempre trasmesso la loro fede, i “valori cristiani” e la “cultura dell’umano”, che nel loro idioma locale è definita “Ubuntu”. Una testimonianza che ha portato “gioia e realizzazione” nelle loro vite, rendendole “più ricche e più piene attraverso la grazia di Dio”.

 

 

Luca Marcolivio

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