Amare la propria croce

Una domanda che torna spesso, per chi vive sulla propria pelle una certa sofferenza, è: "come si può far conciliare l’amore con la croce?" Più di qualcuno pensa che sia una cosa “assurda”. Per me invece non lo è, e di seguito vi spiego il motivo.

È iniziata da poco la Quaresima (tempo che ci conduce alla Pasqua) nel quale la Chiesa fa memoria del periodo di quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto, tentato dal diavolo.
 
Una domanda che torna spesso, per chi vive sulla propria pelle una certa sofferenza, è: "come si può far conciliare l’amore con la croce?" Più di qualcuno pensa che sia una cosa “assurda”. Per me invece non lo è, e di seguito vi spiego il motivo. 
 
Ciascuno di noi viene generato mediante un dono d’amore da parte dei propri genitori, come nel mio caso, ma con una variante (per quanto riguarda me) rappresentata dal fatto che - seppur generata da un infinito amore - nel mio nascere si è palesata sin dal primo istante una difficoltà soggettiva, in quanto in non riuscivo (e a tutt’oggi non riesco) a muovere gli arti  inferiori. È per questo, infatti, che mi trovo tuttora in sedia a rotelle. Ed è la mia croce.  
 
Tutto ciò ha fatto emergere in me, sin dall’adolescenza, sentimenti di sconforto e delusione facendo crescere una domanda: perché proprio a me questo croce? 
Ebbene, un giorno entrando in chiesa per la messa domenicale quando ero ancora bambina, alzando lo sguardo, vidi una croce dove c’era un uomo inchiodato mani e piedi e pensai fra me: “perché è in queste condizioni?”, e chiesi a mia madre chi fosse e perché si trovasse così. Lei mi ripose che quell'uomo era Gesù, morto in croce per amore!
 
Portando dentro questa risposta, nel corso degli  anni incontrai un amico dell’anima il quale attraverso il sacramento della confessione, vissuto con regolarità, mi generò alla fede, facendo crescere sempre più in me la consapevolezza che Gesù è morto per la mia salvezza e con i chiodi ha inchiodato i miei peccati al legno della croce.
 
Uscendo dalla confessione  mi sono detta: “perché devo lamentarmi della mia condizione ed essere triste e angosciata definendola “croce”? Ho sbagliato tutto e ho sprecato la mia vita fin qui dal momento che Gesù e morto in croce per me inchiodando nei chiodi i miei peccati”.
 
Concludendo, cari giovani, mi esorto e vi esorto a vivere qualsiasi condizione di difficoltà sia essa di natura fisica o spirituale con lo sguardo rivolto alla croce e chiedere dinnanzi ad essa il dono di braccia aperte come le Sue sulla croce, per poter abbracciare le mie e le vostre croci e nel contempo chiedere un cuore ricolmo d’amore, per poterle amare e - così  facendo - avremo uno sguardo da risorti, pieni di luce radiosa, così da poter andare incontro ai fratelli pieni di gioia ed annunciare con la vita di amare la propria croce ad abbracciare la mia e vostra croce. Sì, L’amore si può conciliare con la Croce. Io ne ho fatto esperienza.

Con questi sentimenti nel cuore, cari giovani, ci auguriamo buon cammino di quaresima.
 
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Articolo di: Sara Gulino
saragulino1982@gmail.com


 

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